I risultati delle elezioni parlamentari in Transnistria confermano la maggioranza assoluta del partito Obnovlenie, subordinato al presidente della repubblica Krasnosel’skij e quindi al gruppo Sheriff dell’oligarca Victor Gusan. Lo schema del potere separatista e il futuro dell’autoproclamata repubblica.
Domenica 30 novembre in Transnistria si sono svolte le elezioni legislative per rinnovare i 33 seggi del Consiglio Supremo (per molti ancora “Soviet Supremo), ovvero il parlamento monocamerale della repubblica secessionista. Come da programma -come nel 2020, nel 2015, nel 2010, e nel 2005- il partito Obnovlenie ha preso la maggioranza assoluta e sarà chiamato ad eleggere, ancora una volta, il presidente dell’autoproclamata assemblea legislativa.
I risultati hanno riconfermato il tradizionale schema di potere gerarchico su cui si basa la Transnistria. In cima alla piramide Victor Gusan, potentissimo oligarca ex-KGB, fondatore e leader del gruppo Sheriff, è tra gli affaristi più ricchi -e meno noti- dello spazio post-sovietico. È anche, di fatto, il fondatore del partito di maggioranza Obnovlenie (rinnovamento), oggi controllato dai suoi sodali. Attraverso la sua holding, dagli anni ’90 Gusan controlla tutti gli asset economici e strategici della de facto repubblica: commercio, carburanti, edilizia, media, e perfino lo sport, con la Sheriff Tiraspol, squadra più titolata del campionato di calcio moldavo. Chiunque decida di spingersi oltre il fiume Nistru, di certo si imbatterà in una pompa di benzina, un supermercato o un cantiere che riporta la stella giallo-blu dello sceriffo -strano richiamo al mondo nord-americano in un luogo che vive di nostalgismo sovietico.

Sotto all’oligarca Gusan c’è il presidente della Repubblica, Vadim Krasnosel’skij. Per i primi 20 anni di “indipendenza” (1991-2011) la presidenza è stata appannaggio esclusivo di Igor’ Smirnov, padre della patria transnistriana diventato progressivamente sempre più scomodo agli interessi della Sheriff. Nel 2011 quest’ultima, in comune accordo con Mosca, ha infatti inaugurato un nuovo corso, scegliendo come presidenti figure meno popolari, più deboli, e dunque più manovrabili. E Krasnosel’skij, eletto nel 2016 e poi di nuovo nel 2021, risponde proprio a questa esigenza.
Se -attraverso il suo potere esecutivo- il presidente ha un ruolo di trasmissione degli interessi economici e strategici della Sheriff e del Cremlino sul territorio, il parlamento -attraverso il suo potere legislativo- non ha nessun ruolo effettivo. L’assoluta e indiscussa maggioranza del partito Obnovlenie, insieme con la mancata divisione dei poteri e l’assenza di uno stato di diritto, fa sì che il parlamento ratifichi tutto ciò che il presidente richiede, senza nessuna necessità né tantomeno possibilità di discussione in aula.
Dal risultato delle elezioni quindi emerge un quadro già ben noto della Transnistria. Ad est del Nistru, le istituzioni dello stato non sono altro che edifici provenienti da un lontano passato utili solo a dare una parvenza di realtà all’autoproclamata repubblica. Le vere sfide -e dunque i possibili cambiamenti- non si giocano nelle stanze del presidente Krasnosel’skij, ne tantomeno in parlamento, ma piuttosto in quelle del gruppo Sheriff, di Mosca e di Chisinau, oltre che nelle case dei circa 300.000 cittadini transnistriani.
Tiraspol sta per entrare in quello che si prevede essere il più duro dei suoi inverni post-socialisti. A partire dallo scorso gennaio -causa la chiusura dei gasdotti ucraini- il gas russo entra con maggiore difficoltà e in quantità decisamente ridotte. Inoltre, la Russia sembra incerta nel perpetuare il tradizionale sostegno economico ed energetico alla Transnistria, in quanto il suo storico e consistente impegno in Moldavia sta producendo risultati sempre più deludenti, come evidenziato dalle recenti vicende elettorali e post-elettorali di ottobre-novembre.
L’oligarca Gusan e il presidente Krasnosel’skij, in base anche all’evolversi dei trattati di pace sull’Ucraina, nei prossimi mesi si troveranno di fronte ad una scelta non derogabile: rimanere con Mosca mantenendo la forma di de facto indipendenza da Chisinau ma rischiando il tracollo in caso di disimpegno russo; oppure negoziare con il governo centrale, perdendo lo status separatista ma guadagnando in termini di stabilità politica ed economica. Questa seconda possibilità non presenta vantaggi solo per i cittadini della Transnistria ma anche per le sue élite, perché la Sheriff, legalizzando molti dei suoi asset in Moldavia, gioverebbe dei rapporti economici con i paesi UE (Romania su tutti) soprattutto in caso di ingresso nel mercato unico europeo.
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In foto: Cittadini di Tiraspol camminano davanti ad monumento alla Grande Guerra Patriottica (di Livio Maone).
East Journal Quotidiano di politica internazionale