Transnistria soldi

Transnistria sul lastrico. Sono finiti i soldi

In Transnistria il gelo invernale ha lasciato il posto a un’altra morsa: quella dell’isolamento politico ed economico. Senza soldi e con la popolazione allo stremo, il presidente Krasnosel’ski lancia un appello disperato, consapevole che il futuro della regione si gioca tra due sponde, quella russa e quella moldava.

La situazione qui è critica” ha annunciato pochi giorni fa Vadim Krasnosel’ski, presidente dell’autoproclamata Repubblica di Transnistria. “Le riserve sono esaurite e l’esecuzione di bilancio è diventata impossibile a causa della crisi energetica e della situazione geopolitica”; in pratica, non ci sono più nemmeno i soldi per pagare gli stipendi e le pensioni ai 300.000 malcapitati che abitano la sponda sinistra del fiume Nistru. Uomini e donne abituati a fare i conti con i capricci del potere ma che fra poco – se nulla cambiasse – potrebbero iniziare a metterlo seriamente in dubbio.

La regione è appena uscita dall’inverno più duro degli ultimi anni, per mesi senza acqua calda ed elettricità, toccando il fondo delle scorte di legna e pellet, appena sufficenti a sostenere le gelate di inizio aprile. Privazioni e rinunce che riportano alla mente i terribili anni ’90, quando il disinfettante veniva usato come combustibile, o peggio, come vodka, le strade erano buie e i gli scaffali dei negozi vuoti. Graffi profondi della transizione post-socialista, vissuta da quasi tutte le repubbliche ex sovietiche.

Oggi però è cambiato molto, e la Transnistria è rimasta sola. Nessun paese – nemmeno l’Ucraina in guerra – vive una situazione talmente grave da far venir meno anche i beni di prima necessità. La questione energetica ha portato con sè una crisi più grande, che sta mettendo in luce l’insostenibilità dell’irredentismo transnistriano. Per questo motivo la Russia continua a far girare voci di un possibile intervento nella regione. Nessuno – men che meno la popolazione locale – deve pensare che Mosca stia abbandonando la sua creatura, altrimenti quest’ultima non avrebbe più senso di esistere e potrebbe tornare nelle mani della Moldavia.

Krasnosel’ski questo lo sa molto bene, e anche sta volta si sta giocando le sue carte. Consapevole dell’attenzione che attirerà a Chisinau, il suo appello è indirizzato prima di tutto al Cremlino: o Russia o Moldavia, non c’è altra via, scegliere prima che sia troppo tardi.

Anche perchè da parte sua il governo moldavo sta giocando di fino. Evitando grandi manovre è riuscito ad indirizzare nel giro di un paio d’anni gran parte dell’export transnistriano verso Chisinau e Bucarest. Circa l’80% della produzione industriale e agricola oggi finisce nei mercati delle due repubbliche rumenofone, entrambe interessate a risolvere la decennale questione. Un approccio efficace sul lungo periodo, che sta iniziando a dare i suoi frutti, ma soggetto a stravolgimenti di qualsiasi tipo in un’area, non è un dettaglio, a poco più di 100 chilometri dal fronte ucraino.

Per questo motivo Zelensky da tempo suggerisce alla presidente moldava Maia Sandu di intervenire militarmente, offrendo a quest’ultima il proprio supporto. I battaglioni russi di stanza al confine non hanno mai fatto piacere all’Ucraina, che ora potrebbe sfruttare la situazione bellica per entrare nella regione dall’Oblast di Odessa. Stretta in una morsa da est e da ovest, Tiraspol non potrebbe che capitolare.

Sul fronte interno invece, il presidente Krasnosel’ski sta cercando di distogliere l’attenzione dai problemi del quotidiano, sfruttando il mai sopito nostalgismo sovietico. In queste settimane ha organizzato una “Ricostruzione storica dell’operazione Iași-Chisinau” sulle rive del fiume Nistru, proprio al confine de facto con la Moldavia. Carri armati, sidecar e soldati in divisa d’epoca impegnati in una rappresentazione teatrale dell’offensiva che nel 1944 portò all’occupazione sovietica della Bessarabia. L’evento, dedica all’imperialismo russo, è stato inutilmente condannato dal governo moldavo, nella speranza che quelle armi siano solo un giocattolo, e quei soldati non siano parte delle truppe russe stazionate in Transnistria. 

In foto: una stolovaya nel centro di Bender, Transnistria, giugno 2025 (di Livio Maone)

Chi è Livio Maone

Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali a Roma Tre. Attualmente è studente magistrale all’Università di Bologna.

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