Mar Baltico

“In fondo al Mar (Baltico)”: la NATO alla prova

Gli ultimi episodi 

I recenti incidenti sottomarini nel Mar Baltico, tra il danneggiamento di cavi e i sospetti sabotaggi di gasdotti, sollevano crescenti timori sulle vulnerabilità delle infrastrutture critiche della regione. L’ultimissimo episodio, reso noto tra il 20 e il 21 febbraio 2025, ha visto la rottura del cavo C-Lion 1 (già danneggiato due volte nel 2024) all’interno della zona economica esclusiva svedese, senza che siano state rilasciate notizie certe a riguardo nel momento della stesura di questo articolo. L’episodio precedente ha riguardato un altro cavo sottomarino di telecomunicazione tra Svezia e Lettonia, ma è stato classificato dagli investigatori svedesi come un incidente. Tuttavia, il quadro generale appare più complesso: i costanti episodi di rottura di cavi sottomarini, caratterizzati da dinamiche poco chiare e il possibile coinvolgimento di attori esterni, alimentano il timore di un più ampio schema di minacce ibride, mettendo a rischio la sicurezza energetica e digitale nell’area baltica e, più in generale, nell’Unione Europea.

Il 25 dicembre 2024, il conduttore energetico EstLink 2 ed altri cavi sono stati danneggiati. La petroliera Eagle S, battente bandiera delle Isole Cook, è stata fermata dalle autorità finlandesi in seguito alle primissime indagini. Trovata priva della sua àncora, la Eagle S farebbe parte della cosiddetta “flotta ombra” usata da Mosca per aggirare le sanzioni sull’export petrolifero. A novembre 2024, i cavi di comunicazione BCS East-West Interlink e C-Lion sono stati similmente danneggiati, interrompendo le comunicazioni tra diversi Paesi europei. Poco dopo, la nave cinese Yi Peng 3 è stata fermata dalla Danimarca nelle vicinanze dell’area dell’incidente. Sebbene alcuni funzionari statunitensi ritengono improbabile che si tratti di azioni deliberate, il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha parlato esplicitamente di sabotaggio, pur senza attribuire la responsabilità ad uno stato in particolare. La nave è stata poi rilasciata il 21 dicembre dopo un’ispezione internazionale, i cui risultati non sono stati resi pubblici.

Infine, nell’ottobre del 2023 la nave cinese NewNew Polar Bear ha reciso il gasdotto Balticconnector tra Estonia e Finlandia ed un cavo per la trasmissione dati. Le autorità finlandesi hanno riferito di aver rilevato la sua presenza nell’area del danneggiamento nel momento in cui avveniva. Inoltre, dopo il fermo, la nave risultava priva di àncora, successivamente rinvenuta nei pressi dell’area in cui si era verificata la rottura del gasdotto. Ad oggi, la Cina ha attribuito il coinvolgimento della NewNew Polar Bear ad un incidente fortuito, escludendo ipotesi di sabotaggio. Tuttavia, le indagini finlandesi ed estoni sono ancora in corso.

Responsabilità e vulnerabilità

Per molti dei suddetti incidenti, si è spesso puntato il dito (ragionevolmente) contro il Cremlino. Tuttavia, reperire prove concrete ed attribuire responsabilità certe in casi simili è difficile. Le indagini richiedono tempo, e spesso le interpretazioni differiscono persino tra Paesi alleati. Anche quando un’imbarcazione viene considerata responsabile, le prove sono spesso insufficienti per dimostrare il coinvolgimento deliberato da parte di un paese specifico. Così, nonostante la presenza della NATO, il timore è che Russia, Cina o altri attori statali utilizzino organizzazioni private o collaboratori vari per danneggiare infrastrutture sottomarine critiche nel Mar Baltico, rendendo quasi impossibile stabilire una connessione diretta tra danneggiamenti e governi che potrebbero averli orchestrati.

Contrariamente alla visione semplicistica del Baltico come ‘lago NATO’, i recenti incidenti hanno messo in luce la vulnerabilità delle sue infrastrutture sottomarine. Situate in un’area alquanto affollata e facilmente accessibile, queste strutture sono anche difficili da monitorare in modo costante ed efficace. Inoltre, gli attacchi contro di esse determinano gravi ripercussioni sul loro funzionamento a fronte di costi relativamente bassi. Per tutte queste ragioni, il Mar Baltico resta un’area particolarmente vulnerabile ad attacchi ibridi.

Cosa possiamo aspettarci

In risposta agli ultimi incidenti, la NATO ha intensificato la propria presenza nel Mar Baltico con fregate, velivoli ricognitori, e piccoli droni tramite l’iniziativa ‘Baltic Sentry‘. Tony Lawrence, esperto britannico presso l’International Centre for Defence and Security, ha evidenziato come una forte presenza navale della NATO nelle acque baltiche sia fondamentale per sostenere una strategia di deterrenza efficace. Evidentemente, questo aumento riflette la convinzione che i recenti danneggiamenti non siano accidentali, ma il risultato di azioni deliberatamente orchestrate. In aggiunta, sappiamo che la Joint Expeditionary Force (una partnership militare multinazionale guidata dal Regno Unito, e che opera nell’Europea Settentrionale) ha attivato un nuovo sistema di monitoraggio per rilevare minacce contro le infrastrutture sottomarine e sorvegliare la flotta ombra russa.

Un altro sviluppo significativo riguarda le tre Repubbliche Baltiche. Infatti, anche a causa di uno sviluppo prevalentemente terra-centrico delle loro forze di difesa, Estonia, Lettonia e Lituania si trovano ora di fronte alla necessità di rafforzare le proprie capacità marittime, spesso inadeguate per affrontare minacce sempre più sofisticate. Questi sviluppi segnalano un innalzamento, se possibile, della tensione nella regione. La NATO intende dimostrare di poter dissuadere eventuali nuovi sabotaggi, consapevole che questi potrebbero rappresentare tentativi da parte di paesi ostili di testare la reazione dell’Alleanza e dei suoi singoli membri. Di fronte a queste sfide, il rischio è di non venir presi sul serio. Un rischio che la NATO, ormai, non vuole più correre.

Chi è Alessandro Vitiello

Laureato magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Bologna. Ha vissuto in Estonia dal 2022 al 2024, sviluppando un interesse di ricerca verso le politiche identitarie, linguistiche, e della memoria in Est Europa. Su East Journal si occupa prevalentemente della regione baltica.

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