L’ICSID di Washington ha riconosciuto l’infondatezza delle accuse mosse alla Romania dalla compagnia canadese che detiene la licenza di sfruttamento delle sue miniere d’oro imponendo un risarcimento da milioni di dollari in favore della Romania.
Rosia Montana ritorna ad animare la scena politica rumena a nove anni dall’apertura del processo intentato contro la Romania dalla compagnia canadese che detiene la licenza di sfruttamento delle sue miniere d’oro. Si è chiusa l’otto marzo, infatti, la disputa legale che dal 2015 vede fronteggiarsi tra le aule dell’ICSID di Washington i rappresentanti delle due parti che insieme detengono le quote azionarie della Rosia Montana Gold Corporation: lo Stato rumeno e la compagnia privata canadese Gabriel Resources (GR). Quest’ultima ha accusato il governo della Romania di avere creato delle aspettative false in merito all’effettiva realizzazione del progetto di sfruttamento delle miniere di Rosia Montana, spingendo la compagnia a investire ingenti somme di denaro in quel territorio. Somme che sono quindi state chieste indietro, in forma di risarcimento, per un totale di circa 3 miliardi di dollari ma che GR non vedrà di fatto restituite. La Corte di Washington, al contrario, ha riconosciuto l’infondatezza delle accuse mosse alla Romania e ha imposto a GR di risarcire lo stato rumeno delle spese legali che ha dovuto affrontare durante il processo, per un ammontare totale di 9,3 milioni di dollari.
La storia di Rosia Montana
Abbiamo già raccontato in passato le controverse vicende legate allo sfruttamento delle miniere d’oro dei Monti Apuseni, ma per capire la reale portata di questa sentenza e del fortissimo ruolo che ha svolto la mobilitazione della società rumena a tutela del patrimonio ambientale e culturale transilvano è necessario ritornare di qualche anno indietro nel tempo e fare ordine nella miriade di eventi che l’hanno caratterizzata.
La Rosia Montana Gold Corporation (RMGC) è la società a capitale misto che dal 1999 detiene la licenza di sfruttamento dei giacimenti minerari di Rosia Montana. Il suo principale azionario è la canadese GR, con circa l’80% delle azioni nonché la proprietà della licenza di sfruttamento dei giacimenti d’oro, mentre lo stato rumeno ne detiene la rimanente percentuale azionaria attraverso la Minvest. Il progetto di RMGC per lo sfruttamento delle miniere prevedeva un investimento di 1,7 miliardi di dollari per l’estrazione di circa 300 tonnellate di oro e 1500 tonnellate di argento, con la conseguente creazione di migliaia di posti di lavoro e benefici stimati in miliardi di dollari per il solo stato rumeno. Benefici acquisiti, però, a scapito del patrimonio naturale e archeologico di cui la zona di Rosia Montana è ricca. Il progetto infatti prevedeva che i quattro monti che circondano la zona – Carnic, Cetate, Jig e Orlea – venissero appianati per permettere la costruzione delle strade carraie per il trasporto fino alle fabbriche del materiale estratto. Nelle fabbriche – costruite al posto delle case di Rosia Montana che GR aveva già in parte acquistato e che lo stato aveva cominciato a espropriare – l’oro e l’argento estratti sarebbero poi stati lavorati con una soluzione chimica contenente cianuro mentre i rifiuti di scarto sarebbero stati accumulati in vasche di sedimentazione sbarrate da una diga di 185 metri di altezza, la diga più alta mai costruita in Romania. Inoltre, si sarebbero distrutte le gallerie sotterranee di epoca romana presenti in vaste zone interessate dall’intervento progettuale e dichiarate nel 2021 patrimonio mondiale UNESCO. Secondo le stime di RMGC il sito minerario di Rosia Montana avrebbe raggiunto l’estensione di circa 24 km quadrati.
L’ambizione di RMGC si è dovuta, però, più volte confrontare con un massiccio intervento dell’opinione pubblica rumena sulla questione: riuniti sotto lo slogan “Occupy Rosia Montana”, attivisti e ONG sono riusciti a creare un movimento di protesta sociale che, soprattutto dopo il referendum del 2013, ha superato i confini nazionali grazie anche alla collaborazione dei rumeni della diaspora, circa quattro milioni in tutto il mondo.
Nonostante il sostegno al progetto dei leader politici alla guida dei vari governi susseguitisi dal 1999 ad oggi e una legislazione poco adeguata a salvaguardare il corretto sfruttamento delle risorse naturali presenti sul territorio dello stato, la pressione sociale esercitata dai movimenti di protesta cittadini è riuscita a portare la discussione in Parlamento, sbarrando di fatto la strada all’ambizioso progetto di RMGC e difendendo il ricco patrimonio del territorio transilvano.
La motivazione dell’ICSID di rigettare la richiesta di risarcimento da parte di GR si è infatti basata sulla mancata legittimazione sociale del progetto: non sono state l’inettitudine del governo rumeno o la creazione di false speranze per gli investitori canadesi a ostacolare l’avvio del progetto ma è stata la società rumena a respingerlo. E per questo motivo GR dovrà risarcire lo stato rumeno dei costi giudiziari del processo e delle procedure di arbitraggio internazionale, comprese le percentuali di interesse.
GR ha adesso 120 giorni a disposizione per potersi appellare e richiedere l’annullamento della sentenza, ma, fino ad ora, l’unico ad essersi mosso è stato il Ministero delle Finanze della Romania, sequestrando i beni immobili di proprietà di GR a Rosia Montana, come garanzia di pagamento in caso di insolvenza da parte di GR.
Foto: urban.ro