Arma della cooperazione

ROMANIA: Zelensky, Ciolacu e l’arma della cooperazione

Il dialogo tra Romania e Ucraina si fa sempre più intenso, Zelensky e Ciolacu sanno che la cooperazione è un’arma contro la Russia.

La scorsa settimana a Kiev si è tenuto un incontro tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il Primo Ministro romeno Marcel Ciolacu. Il colloquio tra i due, che ha sancito ancora una volta la vicinanza politica tra le due Repubbliche, è stato un’occasione per parlare di temi importanti per il destino dell’area carpatico-danubiana.

Cooperazione e sicurezza

Il discorso su cooperazione economica e sicurezza regionale era già iniziato nel corso del precedente incontro tra Zelensky e Ciolacu, tenutosi il 10 ottobre a Bucarest. In quell’occasione il dialogo tra le due parti si era incentrato su due temi principali: quello economico, riguardante il transito merci tra i due paesi, e quello militare, attinente alla sicurezza internazionale nell’area del Mar Nero occidentale. La discussione su due binari è quindi stata ripresa, a distanza di pochi giorni, nella capitale ucraina.

I rapporti commerciali discussi a Kiev sono stati impostati essenzialmente sulla questione del trasporto di grano dall’Ucraina alla Romania, vale a dire, dall’Ucraina all’Unione Europea. In particolare, è stato ribadito quanto sia importante lo sviluppo di nuove infrastrutture logistiche nel trasporto di prodotti agricoli dai granai ucraini ai mercati globali, minacciati ogni giorno dalle velleità belliche della Russia di Putin. La tenuta economica del mercato dei cereali ha una rilevanza mondiale e riguarda in primis i paesi UE, facendo di Bucarest e di Kiev due attori indispensabili nella vita politico-economica dell’Occidente.

Così come la discussione sulla cooperazione economica, anche il dialogo sulle questioni militari non può che aver fatto riferimento agli eventi della guerra in corso. La Romania è infatti uno dei pochi paesi NATO ad avere un confine di terra con l’Ucraina e negli ultimi due anni ha sempre offerto supporto incondizionato al governo di Volodymyr Zelensky. Su questa linea, nel corso dell’incontro Marcel Ciolacu ha ribadito ancora una volta il suo impegno a supporto della causa ucraina sottolineando, di comune accordo con l’alleato, la necessità di rinforzare la cooperazione militare nell’area di confine del delta del Danubio. In particolare, si è fatto notare il ruolo centrale giocato dai porti militari nei disegni tattici dell’Ucraina: rappresentano infatti il primo accesso dalle acque del Danubio a quelle del Mar Nero, collegando la Mitteleuropa al mondo russo-turco-caucasico. Inoltre, restando in ambito militare, in uno dei suoi tradizionali comunicati alla nazione il Presidente ucraino ha svelato la costruzione di un centro di allenamento per piloti di F-16 nel territorio della Romania, all’interno del quale – stando alle sue parole – i piloti ucraini saranno i primi ad essere addestrati.

La questione linguistica

Il meeting di Kiev è stato anche occasione per affrontare il delicato tema del riconoscimento della lingua parlata dalle minoranze romene in Ucraina, che ad oggi si attestano intorno alle 150.000 unità. Fino a questo momento infatti, il governo ucraino aveva ufficialmente riconosciuto tale idioma come “lingua moldava”, nonostante la stessa Repubblica di Moldavia descriva la propria lingua nazionale come “lingua romena”. Questa dicotomia negli ultimi anni è stata un serio motivo di tensione tra i governi e le popolazioni delle tre repubbliche, e per questo motivo ha richiesto una regolamentazione. Tuttavia, prima di continuare nel merito della questione, bisogna fare un passo indietro e cercare di capire come si sia arrivati a questo complesso groviglio linguistico.

Nel 1924 l’Unione Sovietica creò all’interno della RSS Ucraina la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Moldavia, precisamente nell’area adiacente alla sponda orientale del fiume Dnestr – attuale Transnistria. Questa regione era abitata da tempo immemore da una minoranza romena che si distingueva per lingua ed etnia dalle popolazioni russo-ucraine che la circondavano, facendo di essa un avamposto latino in un universo slavo. All’interno di questa regione il Cremlino decise di creare artificialmente un nuovo idioma che, attraverso l’influenza della lingua russa e l’utilizzo dell’alfabeto cirillico, si potesse distinguere da quello romeno. L’obiettivo di Mosca era di utilizzarla come base di appoggio per le politiche irredentiste e la propaganda bolscevica all’interno della Romania, creando a partire da questa Repubblica una sorta di ibrido rumeno-russo-sovietico che potesse presentarsi come identità nazionale moldava in contrapposizione a quella rumena. Questo complesso esperimento linguistico continuò anche a seguito della Seconda Guerra Mondiale quando, dopo l’occupazione della Bessarabia, venne creata un’unica RSS di Moldavia sottoposta alle politiche e alle pianificazioni sovietiche. A seguito dell’indipendenza moldava del ’91 poi, i nuovi governi votarono per l’adozione di una “Limba moldoveneasca” come lingua di stato, ufficialmente diversa da quella romena ma uguale nella sostanza. Solo negli ultimi anni in Moldavia si è fatto chiarezza sulla questione, restituendo alla lingua parlata dai moldavi lo status ufficiale di “lingua romena”.

Nell’ultimo periodo dunque questa differenziazione linguistica ha riguardato soltanto le minoranze romene di Ucraina, e di fatto non andava più bene a nessuno. Dal lato della Romania infatti non si poteva accettare un trattamento di questo tipo verso quelli che Bucarest considera “connazionali”, mentre da parte ucraina e moldava una tale situazione rappresentava in gran parte un retaggio dell’epopea socialista.

Tornando dunque alla questione politica, come si può immaginare, le due parti non hanno avuto nessun tipo di problema a trovare un’intesa. Nello specifico, Marcel Ciolacu ha sottolineato l’assoluta necessità di un riconoscimento nazionale per la minoranza romena, alla quale – ha aggiunto – si deve garantire anche un’istruzione nella propria lingua madre. Da parte del governo ucraino poi, Zelensky ha dato piena disponibilità, descrivendo l’accordo come uno splendido esempio della cooperazione politica tra Romania e Ucraina.

L’incontro di Kiev ha dimostrato ancora una volta la solidità dell’asse ucraino-romeno, che non si limita alla discussione delle sole questioni economiche e militari – come richiesto dalla NATO – ma si spinge anche in spinose faccende storiche che toccano gli strati più profondi delle due società. Tali questioni sono rimaste congelate per anni nell’ambiguità di uno spazio post-comunista dominato dalla Russia di Putin e stanno iniziando a sciogliersi solo in questo periodo.

Foto: dal profilo Twitter di Marcel Ciolacu

Chi è Livio Maone

Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Universitá di Roma Tre. Attualmente è studente magistrale all'Università di Bologna.

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