Egeo gas

TURCHIA-GRECIA: Tensione nell’Egeo, acque contese e giacimenti di gas

Turchia e Grecia continuano a contendersi le acque dell’Egeo orientale, per la terra al di sopra di esse e, soprattutto, per il gas al di sotto.

La Turchia ha progressivamente costruito una narrazione di false rivendicazioni nel mar Egeo, e ciò che è particolarmente allarmante è la crescente intensità delle minacce. (…) Le pretese turche rispetto alla sovranità delle isole greche sono infondate e inaccettabili. Mettere in discussione la sovranità della Grecia varca una linea rossa”.

E’ con queste parole dal tono decisamente allarmato che il premier greco Mitsotakis si è rivolto alla 77esima Assemblea Generale dell’ONU, tenutasi a fine settembre a New York, in un discorso sì breve ma dal carattere estremamente significativo. L’appello del primo ministro greco giunge a seguito di un’estate segnata da una crescente tensione – anche militare – nel mar Egeo fra Grecia e Turchia. Negli scorsi mesi, infatti, si sono susseguiti diversi spostamenti di truppe greche sulle isole più orientali del Dodecaneso, una colossale esercitazione militare turca svoltasi a giugno, reciproche accuse di violazione dello spazio aereo e marittimo e, il 23 agosto, un rischio di escalation quando degli aerei militari turchi in transito sul Mediterraneo sono stati agganciati dal sistema missilistico di Creta.

Perché?

Il motivo di tali recenti tensioni è rintracciabile nel riemergere della disputa per il dominio del mar Egeo orientale e soprattutto per la sovranità delle isole prospicienti la costa della Repubblica di Turchia. Benché i trattati internazionali di Losanna (1923), Montreaux (1936) e Parigi (1947) abbiano stabilito il dominio greco sulle isole, la Turchia, appellandosi a delle imprecisioni di tali trattati, le rivendica come dei territori di propria appartenenza.

Per comprendere il crescente interesse per queste isole minori del Mediterraneo, tuttavia, a rivendicazioni storiche ed a moderne esigenze di Lebensraum è necessario aggiungere un terzo fattore. Secondo la Convenzione sul diritto del mare dell’ONU del 1982 (UNICLOS, di cui la Turchia non è firmataria), infatti, chi controlla questi piccoli paradisi ha diritto a sfruttarne economicamente le acque circostanti, fino a 200 miglia nautiche dalle coste insulari. Acque, quelle dell’Egeo sud-orientale, che sembra celino enormi depositi di gas naturale, nell’ordine dei trilioni di metri cubi. Controllare tali isole, dunque, significherebbe poter ambire ad un ruolo di primissimo piano nel gas game del Mare Nostrum.

Come e quando?

Le tensioni fra Grecia e Turchia nella corsa al gas egeo si sono acutizzate a partire dal 13 agosto 2020, quando la nave da esplorazione turca Oruç Reis, sotto scorta di una flottiglia militare turca, fu inviata alla ricerca di idrocarburi nella ZEE (zona economica esclusiva) greca a sud di Kastellorizo – che la Turchia ritiene invece come di propria competenza -, giungendo quasi allo scontro con le navi da guerra greche sopraggiunte sul posto. Lo stesso mese, l’accordo sul riconoscimento delle rispettive ZEE fra Grecia ed Egitto scatenò la reazione di Ankara, che considerò il trattato nullo e si disse pronta a fare valere i propri diritti sull’area.

Cinque mesi dopo, a gennaio 2021, dopo 5 anni senza incontri diplomatici, vi fu un’importante tentativo di distensione quando i rappresentanti di Turchia e Grecia intavolarono dei dialoghi a Istanbul circa i confini delle ZEE delle le due repubbliche. Tale tentativo si rivelò ben presto un fallimento, complice soprattutto la richiesta di Ankara di ridiscutere la sovranità territoriale e lo spazio aereo delle isole dell’Egeo orientale, proposta considerata da Atene inaccettabile ed un freno ad ogni ulteriore dialogo.

Il punto di rottura definitivo fra le due Repubbliche si ebbe il 24 maggio scorso, quando Mitsotakis si rivolse al Parlamento degli USA per chiedere di interrompere la fornitura di aerei da guerra ad Ankara. Per tutta risposta, Erdoğan annullò un incontro con il premier greco e, dal 1 giugno successivo, Ankara ha interrotto ogni dialogo con Atene.

Un quadro internazionale

Nell’ultimo decennio la Grecia ha sempre più puntato su politiche energetiche di sfruttamento delle proprie riserve di idrocarburi, in particolare sulle esplorazioni dei bacini a sud e ad est dell’isola di Creta, fino ai limiti della ZEE contesa. Nonostante manchino ancora dati precisi, considerando le riserve celate in queste acque, la Grecia potrebbe essere seduta su un totale di 600 miliardi di metri cubi di gas. Nel 2020, inoltre, insieme a Israele, Cipro ed Egitto la repubblica ellenica ha fondato l’EastMed Gas Forum, importante organo di cooperazione energetica fra i paesi dell’area – di cui, tuttavia, non fa parte la Turchia.

La Grecia ha assunto anche un ruolo sempre maggiore come centro infrastrutturale: nelle pianure della Macedonia, a nord del paese, transita la TAP; il Peloponneso, invece, era previsto come punto di arrivo dell’EstMed Pipeline. Nonostante il progetto sembri ormai tramontato, secondo nuove ipotesi il gas israeliano potrebbe raggiungere lo stesso i porti ellenici via Egitto, trasportato sotto forma liquida (GNL) da navi cisterna.

Oltre sull’esplorazione delle ricche acque dell’Egeo orientale e delle acque a nord di Cipro, anche Ankara, similmente ad Atene, punta a diventare un hub energetico, cercando di fare necessità virtù. La Turchia infatti non possiede al giorno d’oggi importanti giacimenti di idrocarburi e importa quasi la totalità del gas destinato al consumo interno da Russia e dal vicino Azerbaijan. A partire dal 2016, tuttavia, Ankara ha intavolato una serie di incontri diplomatici con Tel Aviv per discutere di cooperazione energetica e, nello specifico, del progetto di un nuovo gasdotto che porterebbe il metano israeliano in Anatolia. Se si attuasse, in terra turca scorrerebbero flussi gas israeliano, russo (via Turkstream) e azero (via TAP), e la Turchia diventerebbe non solo uno dei maggiori centri di collegamento energetico fra il continente europeo e l’Oriente, ma anche la principale porta di accesso per le cospicue riserve israeliane ad un’Europa a secco di gas rus</span

Domande per il futuro

Ancora una volta, dunque, Turchia e Grecia mostrano i denti per assicurarsi il dominio del mare Egeo, per instaurare una talassocrazia che controlli ciò che sta sopra le acque e, soprattutto, ciò che ne sta al di sotto. È ancora presto per dire se la nuova scoperta di un giacimento di circa 500 miliardi di metri cubi all’interno della ZEE turca nel Mar Nero aiuterà a far divergere gli interessi e a placare le ostilità fra le due repubbliche. Di fatto, però, oggi nel Dodecaneso vige un clima di tensione che non si vedeva da almeno venticinque anni. Nel ‘96, ad Imia, gli USA evitarono il peggio con una rapida mediazione; oggi, in un mondo in rapido cambiamento, chi o cosa riuscirà ad impedire ai venti di guerra di soffiare ancora sull’Egeo?

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