Interno Pankisi

Interno Pankisi, il libro di Matteo Zola ci porta nel cuore del Caucaso

Interno Pankisi Matteo Zola

 

Titolo: Interno Pankisi. Nel Caucaso, dietro la frontiera del fondamentalismo islamico
Autore: Matteo Zola
Editore: Infinito edizioni
Genere: Narrativa
Prezzo: 13 euro
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Scrivere una recensione a un libro di un amico è difficile, qualunque cosa si dica apparirà finta o peggio, lodi sperticate manco fosse Hemingway, retrogusto al postalmarket, batteria di pentole in acciaio inox. Quindi partiamo da alcuni dati oggettivi. Il libro si presenta come un insieme di fogli rilegati insieme a formare un parallelepipedo di centimetri 14 x 21 circa, consta di 96 pagine e sulla copertina plastificata troviamo titolo e autore, Interno Pankisi, di Matteo Zola (Infinito edizioni, 2022). Si tratta di un romanzo breve ma densissimo, che lo mandi giù come un bicchierino di ratafià, dolce in bocca, sembra niente, e poi ti brucia lo stomaco per il resto della giornata. Si consiglia quindi un protettivo gastrico.

La trama viaggia su un doppio binario temporale, il passato delle guerre cecene e il presente del protagonista che, mosso dal desiderio di appartenere a un luogo di cui ormai è straniero, torna nella valle in cui è cresciuto, incastonata tra le montagne del Caucaso. È la valle del Pankisi, estremo lembo di terra georgiana. Qui ritrova il suo popolo, i kist, una minoranza musulmana di origine cecena scossa da tensioni religiose e sociali, e inevitabilmente la sua mente va al passato di quando era ragazzo, un passato in cui la storia personale e quella collettiva si incrociano: le guerre cecene, la diffusione del salafismo, la lenta scomparsa di una comunità e di una cultura. Un racconto in cui niente è inventato, che parte da dati storici e di cronaca, ma visti dall’interno, come recita il titolo del libro.

Un po’ reportage, un po’ romanzo storico, questo racconto – che gli inglesi chiamerebbero forse non fiction novel – mette a fuoco una piccola comunità fermandola nel suo passaggio da società tradizionale e tollerante a moderno santuario del fondamentalismo islamico. Per farlo, si avvale di una prospettiva interna, mostrando come povertà ed emarginazione siano le cause del successo del radicalismo e offrendo quindi un paradigma valido dalle remote valli del Caucaso fino alle periferie delle nostre città.

Le disuguaglianze globali, le guerre e l’abbandono, sono il terreno ideale per la crescita del fondamentalismo religioso che nel Caucaso, e specialmente tra i ceceni, si è diffuso proprio durante le guerre cecene che, negli anni Novanta e Duemila, prima con El’cin e poi con Putin, hanno travolto la regione. Si tratta dei conflitti raccontati da Anna Politkovskaja in reportage che le sono, infine, costati la vita. L’onda sismica delle guerre cecene ha fatto tremare tutto il Caucaso, anche al di là dalla Cecenia vera e propria, fino al Daghestan e alla valle del Pankisi, lacerando una comunità che, mentre dava aiuto a profughi e guerriglieri in fuga, ne assorbiva obtorto collo le idee fondamentaliste.

Il quadro delle vicende storiche è presentato in una necessaria introduzione ed emerge dai continui flashback che legano le vicende del protagonista alla storia collettiva. Ma c’è anche dell’altro. C’è il tema del ritorno, delle radici, di cui il protagonista va in cerca mettendosi sulle tracce di sé stesso. Lo sguardo del narratore è quello dell’uomo che ritorna, che cerca una sorgente che disseti l’ansia del vivere, ma che resta infine inattingibile. Come scrive Giovanni Catelli nella prefazione, il protagonista “crede o spera che le proprie radici lo attendano, che i luoghi dell’infanzia e della giovinezza contengano un balsamo intatto […] in una ricerca definitiva e senza remissione: ci si ritroverà o si sarà per sempre perduti”.

Si tratta di un viaggio “pavesiano”, scrive ancora Catelli offrendo una sfumatura che si può cogliere solo conoscendo la biografia dell’autore, che in queste pagine s’intravede appena, un odore di vigna, di terra, come se le colline del mito e le montagne del Caucaso si fondessero con un altrove che invece è qui. Il ritorno a casa del protagonista è quindi il ritorno di molti di noi, spaesati da una globalizzazione che ci lascia senza punti di riferimento, oppressi da forze che ci vogliono omologare e sacrificare – come fa il salafismo con i giovani della valle – in nome di un futuro che non avremo. In questo senso Interno Pankisi è anche un viaggio dentro di noi.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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