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POLONIA: Sanità allo stremo, la protesta dei lavoratori

In Polonia, il personale sanitario è in protesta. Circa 40.000 persone, tra medici, infermieri e paramedici, sono scese in piazza a Varsavia lo scorso settembre. I lavoratori del settore chiedono fondi, stipendi più alti e maggiori garanzie contrattuali. Ma la politica continua ad ignorarli e a posticipare soluzioni accettabili, mentre i numeri della pandemia salgono.

La protesta e le richieste

La richieste specifiche dei manifestanti sono molteplici. Da anni il settore chiede di rivedere il calcolo ufficiale che stabilisce la paga minima di tutto il sistema sanitario. Medici, infermieri e tutti gli altri operatori, inclusi ostetriche, fisioterapisti e tecnici di laboratorio, si aspettano di più: investimenti nell’assistenza sanitaria, più posti di lavoro per gli impiegati di supporto ai medici e protezioni contro gli abusi verbali e fisici.

Negli ultimi mesi, i sindacati sono stati impegnati in colloqui serrati con il governo, ma le parti rimangono bloccate sulle rispettive posizioni. Il ministro della salute Adam Niedzielski ha parlato di approccio sbagliato dei sindacati. Questi, a loro volta, hanno giudicato irricevibili alcune proposte. “Siamo abituati a una cooperazione basata sulla fiducia. Le richieste sono note da molto tempo”, hanno spiegato in un tweet. “Non si tratta solo di soldi, ma della salute e della sicurezza dei pazienti”.

La proposta del governo

Il governo si è mostrato piuttosto cauto sulla questione del bilancio. Secondo l’esecutivo, la richiesta dell’aumento dei salari costerebbe circa 100 miliardi di złoty (quasi 22 miliardi di euro), l’equivalente dell’intero bilancio sanitario della nazione. L’esecutivo ha rilanciato con una controproposta: un aumento dei fondi per la sanità, passando dall’attuale 5,3% del Pil al 7% del Pil (2027).

L’iniziativa non ha convinto i lavoratori. Gli investimenti, dunque, sono rinviati a data da destinarsi. Il premier Morawiecki avrebbe inoltre saltato un incontro programmato con i leader sindacali, aumentando la tensione. Dopo i discussi accordi raggiunti con i paramedici, la protesta continua con il presidio della “piccola città bianca 2.0”: ogni giorno dibattiti, conferenze e diagnosi gratuite per i cittadini vicino alla cancelleria del primo ministro.

I dati di un settore al limite

Dopo Cipro, la Polonia ha il minor numero di medici pro-capite di tutta l’Ue. Secondo i dati del 2017 della Banca Mondiale, nel paese ci sono infatti appena 2,4 medici ogni 1000 persone. Ben al di sotto della media UE, che è di 3,7 dottori per 1000 persone. E purtroppo non finisce qui.

C’è infatti il discorso dei salari. Gli infermieri, ad esempio, guadagnano in media 3000 zloty netti al mese (circa 650 euro). Spesso sono costretti, come tutti gli altri operatori della sanità, a turni massacranti. Molti professionisti lasciano il Paese ogni anno, attirati da stipendi più alti, condizioni lavorative più dignitose e turni di lavoro più tollerabili.

Il Covid in Polonia

La Polonia è minacciata da una quarta ondata di infezioni da Coronavirus. I numeri sono ancora bassi, ma i casi giornalieri sono aumentati di circa il 70% nell’ultima settimana. Ad oggi, il Covid ha ucciso quasi 76000 persone, inclusi 500 operatori sanitari.

La terza ondata della scorsa primavera ha rappresentato un duro colpo per la sanità. Ora, invece, le autorità sostengono che le vaccinazioni aiuteranno a controllare il numero di infezioni in autunno, nonostante i rallentamenti e lo scetticismo di una parte della popolazione.

Per medici, infermieri e tutti gli altri operatori, qualsiasi nuova crisi pandemica sarà affrontata da personale sovraccarico, sottopagato e poco motivato. Gli investimenti previsti nei prossimi anni non saranno in grado di risanare le condizioni difficili del sistema sanitario nazionale. Questa situazione inciderà sulla qualità del servizio offerto e sulla salute dei cittadini.

Foto: Pixabay.com

Chi è Tommaso Di Felice

Nato a Roma nel 1987, si è laureato in Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Appassionato di storia e politica, dopo un Erasmus a Varsavia è rimasto in Polonia per diversi anni. Ora è tornato a Roma, ma lo sguardo rimane sempre rivolto a Est.

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