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ASIA CENTRALE: Le consequenze del ritiro americano dall’Afghanistan

Ad aprile il presidente Joe Biden ha annunciato il ritiro delle truppe americane dal suolo afgano sancendo così la fine dell’impegno americano entro la data simbolica del 11 settembre 2021. La dichiarazione ufficiale dell’amministrazione statunitense è stata seguita da annunci analoghi da parte degli altri paesi che prendono parte alle operazioni. Si apre così una nuova stagione nella storia della regione, ma quali sono le conseguenze della dipartita statunitense per gli stati dell’Asia Centrale?

Rapide conquiste territoriali 

All’annuncio di Biden, i talebani non hanno perso tempo lanciando offensive verso il nord del paese e arrivando a controllare fino al 70% dei territori fuori dai centri urbani in pochi mesi. Alla data del 12 luglio, i talebani occupano la maggior parte dei distretti afgani al confine con l’Asia Centrale e anche passaggi strategici; tra i quali il punto principale di accesso all’Afghanistan a nord: il ponte sul fiume Pyany dove ora chiedono una tassa per il transito. 

Le Repubbliche centroasiatiche stanno rafforzando militarmente le frontiere e avviando esercitazioni militari; lasciando pensare che forse non ritengono molto credibili le promesse rilasciate dai talebani di non attaccare altri stati. Allo stesso modo, Mosca è alle prese con il potenziamento della capacità militare nelle sue basi in Tajikistan, Kazakhstan e Kirghizistan, dove sono in arrivo nuovi equipaggiamenti nei prossimi mesi. Nel frattempo, a testimonianza dell’aggravamento della situazione, le autorità tagike e uzbeke hanno segnalato l’arrivo di rifugiati e soldati dell’esercito ufficiale in fuga dai combattimenti.

(Incerta) stabilizzazione dell’Afghanistan e il futuro dell’Asia Centrale

Dal 15 al 16 luglio, su iniziativa del presidente dell’Uzbekistan Mirziyoyev, si è tenuta la conferenza internazionale “Central and South Asia: Regional Connectivity, Challenges and Opportunities”. Figure di alto livello, tra cui rappresentanti degli stati locali, ma anche di Europa, Stati Uniti e Russia, si sono riuniti con l’obiettivo di rafforzare i legami tra Asia Centrale e Meridionale.

L’Afghanistan è stato uno dei temi centrali degli incontri, senza sorpresa data la dichiarazione di Kamilov, presidente degli esteri dell’Uzbekistan, alla vigilia della conferenza: “La sicurezza e lo sviluppo dell’Asia Centrale dipendono dalla stabilizzazione dell’Afghanistan”. Se da una parte il summit non ha portato esiti concreti per il conflitto in Afghanistan, dall’altra, a neanche due giorni dalla fine della conferenza, il capo dei talebani ha rimarcato il loro rifiuto ad accettare ingerenze straniere in Afghanistan, rendendosi favorevole a raggiungere un accordo politico con il governo afghano.

Basi USA in Asia Centrale?

Nonostante il ritiro delle truppe, Washington ha promesso che continuerà il lavoro diplomatico e la fornitura di aiuti umanitari. Secondo alcune fonti, sarebbero in corso discussioni con Tajikistan e Uzbekistan per sondare possibili aree di cooperazione e la possibilità di ospitare basi americane. In questa direzione sembrano suggerire anche i colloqui di Blinken, il Segretario di Stato americano, con Komilov e Mihriddin, i ministri degli Esteri dell’Uzbekistan e del Tajikistan. Si tratta però di un’ipotesi remota dato che il Tajikistan dovrebbe ricevere l’approvazione per il soggiorno di truppe straniere dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), di cui fa parte, e l’Uzbekistan, nonostante l’apertura in politica estera, sembra ancora restio a fare concessioni di questo genere.

Investimenti e infrastrutture energetiche a rischio

Il ritiro americano e una destabilizzaione del paese  hanno importanti conseguenze anche per lo sviluppo economico dell’area. In questi 18 anni, l’appoggio occidentale si è anche concretizzato in aiuti economici superiori a 143 miliardi di dollari. Il flusso di investimenti  stranieri ha aiutato lo sviluppo del commercio e delle relazioni economiche con partner esterni.  L’Afghanistan è divenuto così per Uzbekistan  e Kazakistan un importante bacino commerciale, dal quale Nursultan nel 2019 ha avuto un introito di 401 milioni. Inoltre, il Tajikistan importa prodotti alimentari dal Pakistan tramite l’Afghanistan: se questa opzione non sarà più viabile, i prezzi potrebbero subire un’ennesima impennata, lievitati già durante la pandemia.

Un ulteriore punto di incertezza riguarda i progetti infrastrutturali, tra i quali ferrovie e autostrade, destinate a migliorare l’integrazione regionale e garantire l’accesso ai mercati esteri, ma anche la TAPI che rivoluzionerebbe la mappa energetica regionale. Una destabilizzaione dell’Afghanistam potrebbe allontanare gli investitori di questi progetti chiave.

Immagine: Pixabay

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