Mentre i bielorussi si preparano a festeggiare il Den’ Voli, il Giorno della Libertà, celebrato il 25 marzo in ricordo dell’indipendenza del paese nel 1918 e da anni data simbolo dell’opposizione, Lukashenko da parte sua si prepara al contrattacco.
Consapevole del fatto che i bielorussi, nonostante arresti, multe, carcere duro e torture, non hanno mollato il colpo, e considerato che il disgelo e l’arrivo di temperature più miti riverseranno probabilmente in strada persone in egual misura ai mesi estivi e autunnali, il sei volte presidente si organizza per reprimere ancora una volta i manifestanti.
Le guerre non sono più invasioni esterne
Per troncare sul nascere una nuova ondata di proteste l’ormai quasi trentennale capo di stato ha rivisto l’organizzazione dell’esercito, facendo diverse modifiche anche nel ministero degli Interni e nominando numerose nuove funzioni. Ma quello che ha sconvolto di più il popolo bielorusso e l’opinione pubblica tutta sono le parole pronunciate da Lukashenko. Nel suo discorso, infatti, l’ultimo dittatore d’Europa ha dichiarato che oggi le guerre non si fanno invadendo i paesi, evidentemente non aggiornato sulle questioni di politica internazionale, ma attaccando dall’interno.
Un modo per dire che anche se nessuno invaderà la Bielorussia – questione tra l’altro mai presa in considerazione da nessuno, se non dalla propaganda del suo governo – è perché oggi il nemico è già nel paese.
Secondo la traduzione fornita dall’Associazione dei bielorussi in Italia Supolka, il presidente avrebbe dichiarato:
“Il mondo è cambiato. E visto che è cambiato si sono piegati pure i militari. Non voglio dire che si siano piegati in modo negativo. Le guerre oggi sono di carattere diverso. Oggi nessuno si scaglierà su di noi, come ci si scagliava negli anni Cinquanta. Non ci saranno delle truppe ad attaccarci – come è accaduto nel 1941. No, non succederà così. Perché l’ambiente è cambiato. Diventerebbe una cosa troppo ovvia, effettivamente diventerebbe la Terza Guerra Mondiale. Se accadrà…
Ci scuoteranno da dentro. Ma noi l’abbiamo già vissuto in parte. Ci hanno sconvolti leggermente, in agosto, dopo le elezioni. Ci hanno assaggiato, hanno dato un morso. E si sono rotti i denti. Adesso ci azzanneranno per bene. Ci azzanneranno dall’interno. Perché ve lo dico? E ve lo dico apertamente. Noi, uomini militari, saremmo costretti a difendere il nostro paese, proprio da qui, dall’interno. L’esercito non deve essere in attesa che qualcuno attraversi la nostra frontiera ed è lì che si andrà a prendere un’arma per entrare in guerra. La guerra si avvierà da qui.”
Questo discorso fa seguito alle intercettazioni che, alcune settimane fa, avevano sentito il vice-ministro degli Interni Karpiankou parlare non soltanto di un campo di concentramento per i dissidenti, ma anche del ruolo delle forze dell’ordine nelle proteste e del potere conferito loro da Lukashenko, un potere assoluto di reprimere con ogni mezzo le proteste.
In poche parole, quanto detto da Lukashenko serve a chiarire fin da subito che qualsiasi “attacco” dall’interno sarà giudicato come una guerra civile.
Vita sempre più dura nelle celle bielorusse
La situazione dei prigionieri politici in Bielorussia si fa sempre più seria e preoccupa non solo il Consiglio di Coordinamento, che tramite Pavel Latushko lancia un appello alle comunità internazionali, ma anche le organizzazioni di diritti umani che contestano i mezzi usati dagli uomini di Lukashenko per sedare il dissenso e metterlo a tacere. Tra le persone in carcere, oltre agli ex candidati alla presidenza Babariko e Tikhanovskij e a Maria Kolesnikova, anche blogger, giornalisti, atleti e gente comune.
Le condizioni nelle prigioni bielorusse sono al limite dell’umano: celle sovraffollate, nessuna visita, costi legali altissimi, denutrizione, diffusione di pidocchi e ovviamente Covid-19 a causa della mancanza di igiene sono solo alcuni dei punti che fanno quasi da contorno alla questione principale, le torture subite da chi è stato arrestato.
Con la nuova legittimazione a usare la forza per “contrastare il nemico interno” che minerebbe la stabilità del paese, si attende un ulteriore peggioramento del trattamento riservato ai dissidenti.
Non resta che aspettare il 25 marzo per vedere quanti bielorussi si riverseranno per le strade e come reagiranno le forze internazionali di fronte a questo nuovo modo di agire di Aleksandr Lukashenko.
Immagine: Liza Pooor/Unsplash