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UCRAINA: Un altro anno di guerra. Cosa aspettarsi dal 2021?

Da Kiev – È trascorso un anno dal primo – e finora ultimo – incontro faccia a faccia tra Volodomyr Zelensky e Vladimir Putin, tenutosi il 9 dicembre 2019 a Parigi nell’ambito del vertice del “formato Normandia” sul tema del conflitto armato in corso nel Donbas, nei territori dell’Ucraina orientale.

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A un anno da questo summit sembra, però, che la situazione nei territori occupati del Donbas non sia cambiata: la guerra continua e la fine dei combattimenti non pare così prossima. Cosa aspettarsi, allora, dal 2021?

Un anno andato perso?

Nonostante le richieste di Leonid Kravčuk, a capo della delegazione ucraina per gli accordi di Minsk, di avviare una nuova riunione straordinaria del gruppo di contatto trilaterale entro la fine dell’anno per attuare pienamente gli accordi raggiunti lo scorso anno al vertice di Parigi, Dmitrij Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin, ha dichiarato che “nessuno ha bisogno di un incontro per il bene dell’incontro“, in quanto l’Ucraina non sta presumibilmente rispettando il volere espresso in questi accordi. Le parti, ricordiamo, alla tavola rotonda di Parigi avevano concordato – tra i punti principali – il ritiro delle truppe dalla zona di contatto, uno scambio completo di prigionieri da effettuare entro la fine del 2019 e l’implementazione della formula Steinmeier

Francia e Germania, tuttavia, sembrano non essere pienamente d’accordo e ritengono che è importante continuare lungo questo percorso. La cancelliera tedesca Angela Merkel, infatti, sottolinea come siano stati fatti dei passi avanti negli ultimi mesi: sono stati rimpatriati circa 200 prigionieri detenuti illegalmente nei territori delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, della Federazione russa e della Crimea; si è raggiunto un accordo sul cessate il fuoco nel Donbas a partire dal 27 luglio scorso (sebbene le violazioni non siano mancate); è stato ricostruito il ponte del posto di blocco vicino a Stanytsia Luhanska che ha permesso ai locali di attraversare la linea di contatto in condizioni normali e sono stati creati nuovi punti di disarmo. Inoltre, Kiev ha aperto un posto di blocco nei pressi della cittadina di Ščastja, nella zona di Luhansk, dove il governo fornisce regolare assistenza ai cittadini dei territori occupati, che possono richiedere e ricevere i servizi sociali necessari.

A prescindere dalle numerose difficoltà dovute alla pandemia di covid-19 e agli incendi che hanno distrutto ettari di foreste anche nei pressi di Luhansk, durante quest’ultimo anno l’Ucraina ha cercato di seguire passo passo gli accordi discussi al vertice di Parigi. Tuttavia, all’inizio di dicembre, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha chiesto a Kiev di smettere “di smettere di sabotare l’attuazione degli accordi di Minsk” e “di smettere di evitare il dialogo diretto con le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk”.

Cosa ne sarà del Donbas nel 2021?

Il direttore dell’Istituto ucraino di studi di politica estera, Hryhoriy Perepelytsia, ritiene che il rinvio della riunione del “formato Normandia” non sia tuttavia così fondamentale per risolvere il conflitto nel Donbas, in quanto gli ultimi sei anni hanno dimostrato che è impossibile giungere a un compromesso: il Cremlino chiede la capitolazione di Kiev e Vladimir Putin non intende lasciare concessioni all’Ucraina. Sedersi ai tavoli dei negoziati, quindi, è solo una soluzione temporanea.

In che direzione si muoverà Kiev l’anno prossimo? Un “piano B” potrebbe essere quello di coinvolgere nei negoziati, oltre a Francia e Germania, anche la Gran Bretagna post-Brexit e gli Stati Uniti. Nel frattempo, le richieste inoltrate alla Russia da parte della delegazione ucraina in merito a un eventuale nuovo incontro del “formato Normandia” sembrano praticamente essere le stesse di un anno fa: se Kiev non molla e Mosca non cede, cosa ne sarà del Donbas?

Immagine: REUTERS/Gleb Garanich

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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