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TURCHIA: La caccia al “tesoro” nel Mar Nero

Il 17 ottobre, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato la scoperta di un nuovo giacimento di 85 miliardi di metri cubi di gas al largo delle coste del mar Nero. Ciò si aggiunge ai già 320 miliardi di metri cubi individuati nell’agosto di questo anno nel giacimento rinominato “Sakarya” che, con una quantità calcolata di 405 mmc, rappresenta ad oggi il più grande ritrovamento di gas naturale nella storia del paese.

Un evento che si colloca all’interno di un’ampia strategia di politica estera perseguita da Ankara, che unisce la ricerca di una maggiore autonomia energetica e l’affermazione del paese come potenza regionale.

La scoperta

Lo scorso 21 agosto, il presidente turco Erdogan ha annunciato un evento storico per il paese transcontinentale: il ritrovamento di un giacimento di gas di 320 mmc a 170 chilometri dalle coste turche, dal potenziale valore di circa 65 miliardi di dollari. Le ricerche, iniziate nel luglio scorso dalla nave Fatih (rinominata in onore del Sultano Mehmed II “Il Conquistatore”), hanno portato alla scoperta di un’enorme riserva di gas naturale nella area denominata Tuna-1, situata al confine con le acque interne bulgare e rumene. Con una domanda di gas annuale intorno ai 45-50 mmc, il ministro dell’energia turco Dönmez stima che questa nuova provvista energetica possa far fronte alla domanda del paese per circa 7-8 anni.

Un giacimento che, secondo fonti turche accreditate, potrebbe in realtà celare un tesoro di circa 800 miliardi di metri cubi di gas naturale, una quantità tale da soddisfare il fabbisogno energetico turco per i prossimi 20 anni. A conferma di ciò, il 17 ottobre è stato effettuato una nuova trivellazione a 4775 metri di profondità che ha rivelato la presenza di ulteriori 85 mmc, portando le stime di gas nel giacimento “Sakarya” a 405 mmc – registrato tra i più grandi ritrovamenti di gas al mondo del 2020.

Tra diversificazione e ambizioni regionali

Il ritrovamento di questo enorme giacimento rappresenta per Ankara il punto di partenza per ridisegnare la propria politica energetica nel prossimo futuro. Ad oggi, la Turchia importa circa il 99% del gas necessario a soddisfare la propria domanda interna. Già dall’anno prossimo, circa un quarto dei contratti attivi a lungo termine per la fornitura di gas naturale andrà in scadenza, tra cui le importazioni via gasdotti di Gazprom e SOCAR, rispettivamente di Russia e Azerbaigian, e la fornitura di gas naturale liquefatto (LNG) proveniente dalla Nigeria. Sebbene i tempi (e i costi) per l’estrazione di questa nuova risorsa nazionale siano ancora da definire, il potenziale del nuovo giacimento turco avrà sicuramente un peso importante nel rinegoziare i termini per il rinnovo di nuove importazioni estere.

Ciò andrebbe a discapito soprattutto del partner russo, che negli ultimi anni ha visto progressivamente ridurre le proprie esportazioni di gas verso la Turchia a beneficio di altri fornitori – l’Azerbaigian in primis. Difatti, nel maggio di quest’anno, le importazioni di gas russo sono calate del 62% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, portando le forniture provenienti da Mosca dal 33% al 12% sul totale delle importazioni.

La caccia al “tesoro” del mar Nero è l’ultimo tassello di un puzzle più complesso nella politica estera turca, che coinvolge la disputa territoriale in corso con Grecia e Cipro sulle risorse energetiche nel Mediterraneo orientale. L’effettiva distribuzione del gas in Turchia proveniente da “Sakarya” è prevista entro il 2023. Ciononostante, il ritrovamento di questa “cassaforte” in fondo al mare promette già di trasformare il paese da importatore di gas ad esportatore netto e, soprattutto, di rafforzare il ruolo di Ankara come potenza regionale.

 

Immagine: Türkiye Petrolleri Anonim Ortaklığı

Chi è Marco Alvi

Laureatosi in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali al L'Orientale di Napoli, continua i suoi studi magistrali al corso di Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe (MIREES) dell'Università di Bologna. Si interessa da lungo tempo di Caucaso e conflitti etnici, a cui si aggiungono diverse esperienze pratiche nella regione caucasica. Dopo aver vissuto in Russia e in Azerbaigian, inizia a scrivere per East Journal occupandosi di sicurezza energetica, conflict resolution e cooperazione tra Caucaso, Mar Nero e Mediterraneo orientale.

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