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BIELORUSSIA: Ultimatum per Lukashenko dopo la visita all’opposizione in carcere

Con un colpo di teatro imprevedibile, il presidente bielorusso Aleksander Lukashenko, dopo il mancato riconoscimento della sua elezione da parte dell’Unione europea, lo scorso 10 ottobre ha fatto visita in carcere agli esponenti dell’opposizione, da lui stesso imprigionati, per discutere di possibili modifiche costituzionali. Mentre Maria Kolesnikova, rinchiusa in un’altra prigione, si è rifiutata di partecipare all’incontro, alla candidata alla presidenza in esilio, Svetlana Tichanovskaja, è stato consentito addirittura di parlare telefonicamente con il marito in carcere, sfidando il presidente in carica con un ultimatum.

La posizione di Babariko

Il principale interlocutore di Lukashenko sembra, tuttavia, essere stato l’ex banchiere Viktor Babariko, imprigionato con il figlio dallo stesso presidente per impedirgli di prendere parte alle elezioni, e accusato in precedenza di essere uomo di Mosca sostenuto finanziariamente dall’azienda Gazprom.

Gli avvocati di Babariko, dopo l’incontro, hanno dichiarato che questa visita non rappresenta l’inizio di un dialogo con il potere, in quanto la disparità di condizione rende impossibile un confronto equilibrato fra le parti.

Babariko ha chiesto la liberazione di tutti i prigionieri politici: in seguito al colloquio in carcere, sono stati così liberati il direttore dell’impresa di software PandaDoc, Dimitrij Rabtsevič, e l’uomo d’affari Jurij Voskresenskij, per consentire loro di progettare una riforma costituzionale.

La figura di Voskresenskij appare, però, molto equivoca: egli tenta di accreditarsi come portavoce dell’opposizione, ma gli avvocati di Babariko hanno subito precisato che egli non ha alcuna autorità per rappresentare l’opposizione, in quanto non era il capo dello staff di Babariko e non ha preso con lui alcun accordo; perciò, il tentativo di farlo passare come rappresentante di Babariko è un fake. Egli appare, in effetti, un uomo per tutte le stagioni: vecchio sostenitore di Lukashenko, si era appartato per condurre una vita da uomo d’affari, ed era ricomparso poi nel comitato per raccogliere firme a favore della candidatura di Babariko.

Il ruolo di Mosca

Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha dichiarato che le forze dell’ordine bielorusse dovrebbero operare secondo la legge, e reagire in modo proporzionato. Ha sottolineato, inoltre, che la Russia sostiene la riforma costituzionale proposta dal presidente Lukashenko, e che essa rappresenta una buona occasione per sviluppare il dialogo.

Si ha l’impressione, quindi, che le mosse di Lukashenko nei confronti dell’opposizione per tentare di ammorbidire il confronto siano pilotate dall’alto, e che con il passare del tempo, pur nel suo strenuo sforzo di conservare il potere, la sua figura possa divenire sempre più ingombrante sulla via di una pacificazione nazionale.

Una volta appurato che le proteste non abbiano carattere anti-russo e che i rappresentanti dell’opposizione non abbiano intenzioni ostili verso la Russia, il paese “fratello” può consentire una forma di transizione del potere progressiva e non traumatica. Le dichiarazioni di Svetlana Tichanovskaja, del resto, sono state sempre molto rispettose verso il presidente Vladimir Putin e la Russia, e il candidato più solido dell’opposizione, Viktor Babariko, è considerato uomo di Mosca.

L’ultimatum di Svetlana Tichanovskaja

Le violenze contro i manifestanti continuano in ogni caso, senza pudore o vergogna, da parte dei cosiddetti karateli del regime, che hanno operato centinaia di arresti cruenti durante le manifestazioni pacifiche degli ultimi giorni.

Ma Svetlana Tichanovskaja ha rivolto a Lukashenko un ultimatum: entro il 25 ottobre deve abbandonare il potere, fermare la violenza e liberare i prigionieri politici. In caso contrario le fabbriche si fermeranno, le strade saranno bloccate e i negozi di stato saranno boicottati. Il livello della sfida al potere si alza dunque ulteriormente, come sembra che abbia consigliato, nella telefonata dal carcere, Sergei Tichanovskij alla moglie Svetlana.

Per saperne di più: Cosa succede in Bielorussia, tutti gli articoli. E in ordine

Immagine: L’incontro di Aleksander Lukashenko con gli oppositori detenuti in carcere e il nuovo ciclo di violenze contro i manifestanti in Bielorussia non lasciano illusioni a Sergei Yelkin sulla lingua che preferisce il sovrano. – Sergej Elkin/DW

Chi è Giovanni Catelli

Giovanni Catelli, cremonese, è scrittore e poeta, esperto di cultura e geopolitica dell’Europa orientale. Suoi racconti sono apparsi in numerose testate e riviste, tra cui il Corriere della Sera, la Nouvelle Revue Française, Nazione Indiana, L’Indice dei Libri. Ha pubblicato In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell'Est, Camus deve morire, Il vizio del vuoto, Parigi e un padre (candidato al Premio Strega 2021). Geografie e Camus deve morire (con prefazione di Paul Auster) sono stati tradotti in varie lingue. Collabora con Panorama e dirige Café Golem, la pagina di cultura di East Journal. Da più di vent'anni segue gli eventi letterari, storici e politici dell'Europa orientale, e viaggia come corrispondente nei paesi dell'antico blocco sovietico.

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