L'attualità di Jan Zabrana

“Ho infine maturato la certezza che è possibile correre tutti i rischi della libertà, ma che quello della sua assenza non è sopportabile. Io non sopporto più questa situazione. Non scrivo più. E, ciò che è peggio, non lo faccio neppure per me stesso. A volte, soltanto, leggo quel che scrivono – questi giovincelli e questi stronzi eternamente vecchi. Satiram scribere, come sarebbe facile, sui loro poveri vomiti. Ma non ne posso più”.

“I torti ai quali non si ripara nell’arco di una generazione ritornano nel nulla – come se non fosse mai successo niente – tutto scompare – gli assassinati e gli assassini. Questo l’hanno capito. Hanno riflettuto per bene su Talleyrand: ‘ Il tradimento è solo questione di tempo’.” Jan Zabrana è stato un poeta di grande valore, un finissimo traduttore, ma per una singolare ironia della sorte è ora conosciuto in occidente per il suo diario, che scrisse per sé stesso, senza mai l’intenzione che venisse reso pubblico: pura terapia, segreta e unica, di un essere ferito, come dice Olga Spilar nel saggio che accompagna il diario.

L’edizione originale ceca, tratta dagli innumerevoli quaderni e taccuini ritrovati dopo la morte di Zabrana, consta di 1100 pagine, mentre l’edizione italiana, curata dallo scrittore Patrik Ourednik così come quella francese, seleziona circa un decimo dell’originale, precisamente gli scritti successivi al 1969, epoca di normalizzazione sovietica della Cecoslovacchia, seguita alla Primavera di Praga del ’68 e all’invasione da parte delle truppe del Patto di Varsavia. In qualche modo, dunque, la scelta del periodo e dei brani privilegia più gli aspetti polemici e politici dei diari, lasciando un poco in secondo piano le osservazioni più propriamente letterarie dello Zabrana poeta.

Le qualità dell’autore, le difficoltà del suo vivere, l’intensità della sua pena e la folgorante capacità d’irridere il proprio tempo, sgorgano comunque limpidissime da queste pagine, trascinando il lettore in un mondo di ieri che riappare, colpendolo con la forza di un moralista classico ed insieme con l’amara asciuttezza di un Karl Kraus: come resistere infatti alla successione di tradimenti ed invasioni che hanno infierito nel novecento sulla nobile dignità del popolo ceco? Con i soli strumenti della cultura, del disincanto, della lucidità, con la coerenza ed il rigore morale pagati a prezzo altissimo, di fronte ad invasori sempre più ottusi, e a nomenklature di zelante servitù. La ragione si contorce, tenta di sfuggire al carcere della realtà, ma la morsa dell’assurdo è più stringente, il giorno irrespirabile si chiude tutt’intorno, e non c’è fuga, non c’è salvezza, le pareti della Storia, dell’epoca, si ergono altissime, per chissà quante generazioni ancora: “Quando, nella vita, un uomo perde ogni speranza, dovrebbe perdere nel contempo anche la volontà di vivere.

Il fatto che nonostante tutto mantenga invece questa volontà conduce a fini orribili, atroci, ignobili, l’uomo si trasforma in un mostro, in un orrore, in un essere aberrante”. Nella grande desolazione, nello stupore di fronte all’assurdo che regge l’intero teatro della realtà, risuonano con delicatezza ed infinito strazio i ricordi dei genitori, incarcerati a lungo e meticolosamente annientati dal sistema : piccoli dettagli, momenti strappati alle separazioni, accompagnamenti al treno, scene conservate per sempre di fronte al nulla che le assediava, restano nella memoria come incisioni preziose, documenti rari di vite spazzate via dalla storia. Zabrana ha tentato di resistere, nel suo esilio interno, sino all’estinzione fisica: altri, dopo aver lucrato i benefici dell’ortodossia, hanno poi raccolto all’estero fama e onori.

Chi è Giovanni Catelli

Giovanni Catelli, cremonese, è scrittore e poeta, esperto di cultura e geopolitica dell’Europa orientale. Suoi racconti sono apparsi in numerose testate e riviste, tra cui il Corriere della Sera, la Nouvelle Revue Française, Nazione Indiana, L’Indice dei Libri. Ha pubblicato In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell'Est, Camus deve morire, Il vizio del vuoto, Parigi e un padre (candidato al Premio Strega 2021). Geografie e Camus deve morire (con prefazione di Paul Auster) sono stati tradotti in varie lingue. Collabora con Panorama e dirige Café Golem, la pagina di cultura di East Journal. Da più di vent'anni segue gli eventi letterari, storici e politici dell'Europa orientale, e viaggia come corrispondente nei paesi dell'antico blocco sovietico.

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Un commento

  1. Vorrei togliere il dolore a questo grande poeta di Praga,
    mi faccio aiutare dalle parole di Kafka:
    Un primo indizio di incipiente conoscenza è il desiderio di morire. Questa vita appare insopportabile,un’altra iraggiungibile. Non ci si vergogna più di voler morire;si prega di venir portati dalla vecchia ,odiata cella,ad una nuova che dobbiamo ancora imparare ad odiare. Resta un granello di fede che,durante il trasporto,il Signore passi,per caso,nel corridoio,guardi in faccia il prigioniero e dica: “Costui non rinchiudetelo più. Egli viene con me”.
    Grazie Catelli per il tuo grande Amore per la “Memoria”.

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