REP.CECA: Focus elezioni /2 – Partiti e candidati ai nastri di partenza

I risultati delle urne che a fine maggio indicheranno i nuovi equilibri politici in Repubblica Ceca potrebbero presentare aspetti interessanti per coloro che fossero misteriosamente interessati alle faccende locali; oltretutto piuttosto inedita è stata anche la fase pre-elettorale dalle parti del Pražský hrad, tra nuove formazioni, promesse di cambiamento e colpi di (in) testa. Proviamo a fare un po’ di ordine.

Fino dalle prime legislature vi è sempre stato un numero ridotto di partiti, con rappresentanze parlamentari abbastanza stabili; d’altronde è cosa nota quanto la Repubblica Ceca sia uno tra i paesi dell’Europa ex socialista la cui transizione sia avvenuta nel modo più rapido, senza eccessivi scossoni o inquietanti virate verso territori osceni.

I due maggiori movimenti nazionali, il ČSSD e la ODS, nelle forme attuali risalgono entrambi alla fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, ossia il periodo a ridosso della caduta del regime socialista e quello immediatamente successivo. Il partito di centrosinistra ČSSD (Česká strana sociálně demokratická) si è rinnovato attraverso la Rivoluzione di Velluto plasmandosi adeguatamente ai tempi, mentre il corrispettivo di centrodestra ODS (Občanská demokratická strana) re-inventandosi come costola autonoma del Forum Civico di Havel, in una operazione la cui paternità va attribuita all’attuale presidente della repubblica Václav Klaus, che ne sarebbe stato effettivo padrone per dodici anni.

Dando una occhiata ai vicini di casa, il ČSSD risulta essere l’unica formazione socialdemocratica pre-comunista della Europa centro-orientale ad avere trovato il modo di proporsi con discreto successo dopo la transizione e attualmente può essere collocato (escluso forse per certi atteggiamenti in politica estera, ma è virus discretamente diffuso) con stabilità in scia ai movimenti nazionali progressisti europei. Viceversa l’ODS è un partito conservatore, liberista e tatcheriano, dalle visibili tendenze euroscettiche. I leader attuali degli schieramenti sono Jiří Paroubek per il ČSSD e Petr Nečas per l’ODS, quest’ultimo chiamato a sostituire il segretario dimissionario -nonché ex tribolato Primo Ministro- Mirek Topolánek.

A completare il quadretto tre formazioni minori ma sempre ben presenti sul palcoscenico, ossia l’Unione cristiano-democratica KDU-ČSL, i verdi dello Strana Zelených e i comunisti del Komunistická strana Čech a Moravy: questi gli interpreti delle cinque legislature ceche dal novantadue ad oggi. A loro -come anche al contesto sociale ed economico della nazione, alle forti radici liberali e imprenditoriali della popolazione, nonché l’omogeneità etnica del paese- il merito della crescita, del radicamento di una stabilizzata democrazia e la non turbolenta uscita dall’«ombrello sovietico» del post-89. Tuttavia parte delle novità di cui sopra, riscontrate in questa campagna elettorale che va concludendosi con qualche scazzottata e certe promesse dell’ultima ora, parrebbero essere rappresentate dall’ingresso nell’agone di due neonati movimenti capaci di raschiare in brevissimo un marcato successo tra più classi di cittadini, nonché un grande appeal nei confronti della stampa. Due partiti freschi-freschi guidati da vecchi volponi politici, ossia un classico del para-rinnovamento. I nomi sono Věci veřejné e Top 09 ed i rispettivi timonieri Radek John e Karel Schwarzenberg, tizi agli opposti sia da un punto di vista fisico-mediatico che di storie personali (di fatto il primo è un giovanilistico giornalista-anchorman-scrittore-attivista, mentre il secondo un anzianotto principe dal look fieramente austroungarico, nonché ex ministro degli esteri nel governo Topolánek.) L’acronimo Top 09 sta per Tradice Odpovědnost Prosperita, vale a dire Tradizione, responsabilità e prosperità, e benché si tratti di partito conservatore parrebbe avere mitigato l’euroscetticismo del fratellone ODS, migrando su posizioni di maggiore apertura verso la fu Europa Occidentale e certo più vendibili; il Věci veřejné (brunettamente, la pubblica amministrazione) mette al centro piuttosto un complesso programma per ridurre la spesa pubblica e la pressione fiscale e ciò -unito ad una notevole capacità nel promuoversi e vendersi- sta portando Radek John a quasi l’undici percento dei consensi. Partiti profumanti di nuovo e senza un dito di polvere sui manifesti, tuttavia incapaci di spingersi fino ad ottenere eventuali maggioranze; un problemino che parrebbero avere anche gli storici colossi nazionali -la crisi del Volksparteien sembra male contagioso- ed ecco perché pure in Repubblica Ceca si torna in questi giorni a parlare di una eventuale Grossa Coalizione sulla scia dell’esperienza, per altro già morta e sepolta, della vicina Germania.

Alcuni tra i più importanti quotidiani nazionali stanno quindi prodigandosi lungamente in analisi su eventuali pro e contro dell’ipotesi: tesi abbastanza comune è quella che la formazione di una «Große Koalition» non gioverebbe tanto agli elettori «comuni» quanto agli uomini di affari che vedrebbero, attraverso questa innaturale fusione, aumentati i loro agganci con il potere dopo una più ampia spartizione delle poltrone, senza contare il fatto che si tratterebbe di un esecutivo destinato a faticare parecchio per guadagnarsi una decorosa credibilità. D’altra parte però è diffuso il sentimento di una necessaria stabilità, a qualsiasi costo, per fronteggiare il momento di crisi.

I sondaggi dell’ultima ora danno un sostanziale vantaggio del ČSSD, che però non basterebbe a garantire un governo autonomo; il fatto è che lo schieramento di centrosinistra non disporrebbe neanche delle giuste carte in tavola per trascinare sulla barca i partiti minori e raggiungere i numeri necessari.
Stando a ciò che dicono molti analisti infatti Top 09 e Věci veřejné -ma anche i verdi e forse i cristiano democratici- parrebbero preferire una eventuale coalizione con l’ODS, il centrodestra. L’unica cosa certa in questo infinito valzer di ipotesi è che entro una decina di giorni potremo passare dalla analisi di suggestioni su situazioni confuse ad una ben più rilassante analisi di certezze su situazioni confuse. Manca poco, oramai ci siamo.

Chi è Gabriele Merlini

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