UZBEKISTAN: Tashkent tra Russia, Usa e problemi dell’Asia centrale

L’Uzbekistan ha informato la segreteria dell’Organizzazione del Trattato sulla Sicurezza Collettiva (acronimo russo ODKB, inglese CSTO), l’organizzazione militare guidata dalla Russia nell’ambito della CSI, che esso “sospende” la sua partecipazione all’attività di questa organizzazione. Una fonte diplomatica russa ha osservato che negli ultimi anni l’Uzbekistan ha spesso dimostrativamente rifiutato di partecipare alle iniziative prese nella linea dell’ODKB/CSTO, il che “ha creato determinate difficoltà per gli altri membri dell’organizzazione”.
La segreteria dell’ODKB/CSTO ha confermato di aver ricevuto da Tashkent la comunicazione ufficiale. “Attualmente gli esperti dell’organizzazione stanno valutando i documenti giunti alla segreteria e preparando una relazione in proposito”, ha dichiarato il segretario-stampa dell’organizzazione Vladimir Zajnetdinov. Il trattato sulla Sicurezza Collettiva (DKB) è stato firmato il 15 maggio 1992. L’Assemblea Generale dell’ONU il 2 dicembre 2004 ha approvato una risoluzione che concede all’ODKB/CSTO lo status di osservatore alla stessa Assemblea Generale. L’accordo prevede il diritto di ciascun paese membro dell’ODKB/CSTO di uscire dall’alleanza in qualsiasi momento.

I membri dell’ODKB/CSTO sono attualmente: Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirfhizistan, Russia, Tagikistan e, fino alla sua “autosospensione”, Uzbekistan. Non è tuttavia la prima volta che l’Uzbekistan esce dall’ODKB/CSTO. Nel 1999 Tashkent rifiutò di prolungare il trattato, ma nell’agosto 2006 ripristinò la sua adesione all’organizzazione. Val la pena di rilevare che ancora nel 2009 il presidente dell’Uzbekistan Islam Karimov rifiutò di firmare l’accordo sulle “Forze collettive di reazione operativa” (KSOR) nel quadro dell’ODKB/CSTO e ridusse la cooperazione con l’organizzazione al minimo.

Forse uno dei pretesti per l’iniziativa uzbeka sono stati i piani della Russia per aprire una base militare in Kirghizistan, una misura osteggiata dall’Uzbekistan. Le relazioni fra Bishkek e Tashkent sono abbastanza tese a causa dell’esistenza sulla frontiera kirghizo-uzbeka di 58 punti contestati. Sul territorio kirghiso esistono 5 enclave uzbeke. Inoltre i rapporti fra i due paesi sono stati ulteriormente raffreddati dagli scontri interetnici nella città kirghiza di Osh nel 2010. Secondo i dati ufficiali durante i disordini perirono 426 persone da entrambe le parti e più di 2.300 persone rimasero ferite. Secondo fonti non ufficiali, invece, il numero delle vittime arrivò a 2.000. Più di 100.000 cittadini di nazionalità uzbeka, per salvarsi dalle violenze, fuggirono dal Kirghizistan verso il confinante Uzbekistan. Più tardi i profughi ritornarono in Kirghizistan, ma molti di loro non trovarono più l’abitazione: le loro case erano state depredate e incendiate.
Inoltre c’è una continua incertezza nella politica estera di Tashkent. Karimov segue una linea “pendolare” fra la Russia e gli USA. Il problema dell’Uzbekistan è che non si capisce quale sarà la sua scelta definitiva. Esso si aspetta una garanzia di sicurezza da Washington, forse anche una protezione dalla NATO, ma una tale linea per Karimov è senza dubbio rischiosa.

Chi è Giovanni Bensi

Nato a Piacenza nel 1938, giornalista, ha studiato lingua e letteratura russa all'Università "Ca' Foscari" di Venezia e all'Università "Lomonosov" di Mosca. Dal 1964 è redattore del quotidiano "L'Italia" e collaboratore di diverse pubblicazioni. Dal 1972 è redattore e poi commentatore capo della redazione in lingua russa della radio americana "Radio Free Europe/Radio Liberty" prima a Monaco di Baviera e poi a Praga. Dal 1991 è corrispondente per la Russia e la CSI del quotidiano "Avvenire" di Milano. Collabora con il quotidiano russo "Nezavisimaja gazeta”. Autore di: "Le religioni dell’Azerbaigian”, "Allah contro Gorbaciov”, "L’Afghanistan in lotta”, "La Cecenia e la polveriera del Caucaso”. E' un esperto di questioni religiose, soprattutto dell'Islam nei territori dell'ex URSS.

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