UNIONE EUROPEA: Adesione, i Balcani a passo di gambero

 da Osservatorio Balcani e Caucaso

La Commissione europea ha presentato il 12 ottobre scorso i rapporti annuali sul progresso compiuto dai Paesi che aspirano ad entrare nell’Ue. Scontato il giudizio positivo sulla Croazia, tra due anni sarà il 28smo membro dell’Unione. Aperture a Montenegro e Serbia, tentativo di superare l’impasse con la Turchia, bocciatura per tutti gli altri

Il sogno di allargare l’Unione europea ai Balcani non è morto, anche in tempo di crisi dell’euro. Bruxelles apre a Montenegro e Serbia, sia pur condizionando l’avvicinamento di Belgrado all’Unione europea al miglioramento dei rapporti con il Kosovo. E cerca di superare l’impasse con la Turchia. Ma per gli altri Paesi in lizza – Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia – di progressi non se ne vedono.

Montenegro

Il rapporto annuale sui Paesi che aspirano a entrare nell’Ue, che la Commissione europea ha presentato mercoledì 12 ottobre a Bruxelles, ha riservato le notizie migliori per il Montenegro. A cinque anni dal divorzio dalla Serbia, la piccola repubblica balcanica ha raggiunto gli standard di sviluppo socio-economico e politico dettati dai criteri di Copenhagen, tanto da meritare l’avvio dei negoziati di adesione all’Ue. “Il Montenegro ha fatto quello che gli avevamo chiesto nel rapporto dell’anno scorso”,  ha riassunto un alto funzionario. Tuttavia, la Commissione ha avvertito che vuole tenere Podgorica sotto stretta osservazione per quanto riguarda criminalità organizzata e corruzione. L’idea è di avviare i colloqui di adesione partendo dai capitoli più delicati sulla giustizia, e di tenerli in sospeso per tutto l’arco dei negoziati, in modo da tenere sulle spine il governo di Igor Lukšić.

Serbia

Per la Serbia il responso è stato agrodolce. Da una parte, Bruxelles ha riconosciuto che un Paese che ha fatto i conti con la giustizia internazionale, ponendo fine alla latitanza di Ratko Mladić e Goran Hadžić, merita lo status di candidato all’Ue. E anche di passare alla fase successiva, ovvero l’apertura dei negoziati di adesione che riporterebbe la Serbia in pari con il Montenegro. Dall’altra, la Commissione ha avvertito che lo status arriverà solo a patto di ritornare al dialogo euro-mediato con Pristina, che Belgrado ha abbandonato a fine settembre dopo gli scontri nel nord del Kosovo. E i negoziati di adesione partiranno solo quando Belgrado sottoscriverà nuovi accordi nell’ambito di quello stesso dialogo. Un aut aut – figlio delle pressioni della Germania, si mormora a Bruxelles – che pone fine alle illusioni serbe di poter conciliare il revanscismo verso il Kosovo con una politica filoeuropea.

Kosovo

Pristina potrà forse gioire per il diktat imposto a Belgrado, ma la sua pagella è poco lusinghiera. Mesi di caos politico a seguito delle elezioni parlamentari di dicembre hanno distratto l’attenzione dalle riforme richieste dall’Ue, portando la Commissione a concludere che rispetto ad un anno fa i progressi sono stati “limitati”.  E se alla Serbia è stato imposto di fare pace con Pristina, al governo kosovaro è arrivato l’invito a fare di più per la minoranza serba che vive a nord di Mitrovica, sviluppando “una strategia globale – spiega un alto funzionario – che punti a conquistare i loro cuori e le loro menti.”

Turchia

I voti peggiori, quest’anno, sono sulla libertà di stampa e sui rapporti di burrasca con la Repubblica di Cipro, che addirittura hanno portato Ankara a minacciare la rottura dei rapporti con Bruxelles non appena Nicosia assumerà la presidenza Ue nella seconda metà del 2012. “L’alto numero di processi e indagini contro giornalisti e le pressioni indebite sui media sollevano grave preoccupazione”,  ha osservato il rapporto Ue, che ha consigliato anche di “evitare qualsiasi tipo di minaccia, fonte di tensioni o azioni che possano danneggiare i rapporti di buon vicinato”. Ma al tempo stesso la Commissione ha riconosciuto che il Paese della Mezzaluna è una potenza regionale di cui l’Ue non può fare a meno. E per questo ha proposto di aggirare lo stallo dei negoziati di adesione – fermi da più di un anno a causa dei veti incrociati di Cipro e Francia – costruendo “una nuova agenda positiva” per il rilancio dei rapporti Ue-Turchia. Si tratterebbe di portare avanti il lavoro di integrazione in materia di economia, commercio, politica estera, energia e immigrazione, slegandolo dai capitoli bloccati dei negoziati di adesione. Per gli scettici, si tratta di un passo verso la “partnership privilegiata” che Francia e Germania offrono alla Turchia come alternativa al pieno ingresso nell’Ue; per i funzionari di Bruxelles, un modo “pragmatico” per porre fine alla deriva nei rapporti euro-turchi. Resta da vedere se il governo del premier Recep Tayyip Erdoğan abboccherà.

Croazia

La Croazia ha ottenuto il placet della Commissione al suo ingresso nell’Ue il 1° luglio 2013 – una formalità, dopo la conclusione a giugno dei negoziati di adesione – e la conferma che fino a quella data Bruxelles terrà d’occhio i suoi progressi in materia di giustizia, anche attraverso l’invio di lettere di avvertimento. Ma le sanzioni non dovrebbero andare oltre: un rinvio dell’adesione croata, anche nella peggiore delle ipotesi, è fuori discussione.

Gli altri

La pagella è desolante. “Più che di un ‘progress report’ dovremmo parlare di uno ‘stagnation report,’” scherza un funzionario Ue parlando della Bosnia Erzegovina, ancora senza governo a più di un anno dalle elezioni.

Non va meglio in Albania, al palo dopo aver perso già l’anno scorso l’opportunità di ottenere lo status di candidato Ue, a causa dello scontro governo-opposizione che paralizza l’azione politica e che a gennaio è sfociato in violenti scontri di piazza, con quattro morti.

La Macedonia continua a litigare con la Grecia sul suo nome ufficiale – disputa che ha spinto Atene a bloccare non solo l’avvio dei negoziati Ue ma anche l’ingresso di Skopje nella NATO. Bruxelles ha chiesto ad entrambi uno sforzo di compromesso, ma – sulla scia dell’irritazione greca per la gigantesca statua di Alessandro Magno commissionata dal governo macedone per il centro di Skopje – ha anche consigliato di “evitare azioni e dichiarazioni che potrebbero ripercuotersi negativamente sui rapporti di buon vicinato.”

E ora?

I governi Ue saranno chiamati a confermare le proposte della Commissione su Montenegro e Serbia, con una decisione finale attesa al vertice previsto a Bruxelles il 9 dicembre. In tempi di crisi dell’euro, che fa alzare la voce a chi pensa che allargare il numero di sedie intorno al tavolo complicherebbe la risoluzione dei problemi Ue, il via libera non è scontato. La Serbia dovrà fare i conti con l’oltranzismo della Germania sul Kosovo, ma anche con la voce grossa dell’Ungheria sulla legge serba sulla restituzione dei beni confiscati dal regime comunista, che a detta di Budapest discrimina la minoranza magiara in Vojvodina. Se arrivasse l’ok, la strada verso l’adesione Ue sarà lunga una decina d’anni, giudicando da quanto ci sta mettendo la Croazia per arrivare al traguardo.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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