BANGLADESH: La vita sul delta del Gange

Il Gange è il più grande fiume del subcontinente indiano. Nasce sulla catena dell’Himalaya, attraversa le pianure del nord dell’India e il Bangladesh sfociando, dopo un percorso di 2.500 chilometri, nel Golfo del Bengala, con un ampio delta nella regione delle Sundarbans, caratterizzata dalla più grande foresta di mangrovie al mondo, che si estende su regioni appartenenti al Bangladesh e allo stato del Bengala Occidentale, in India.

Mongla e’ una piccola cittadina conosciuta per essere la base di partenza verso la più famosa attrazione turistica del Bangladesh, il Parco Nazionale delle Sundarbans, riconosciuto dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1997 per la sua straordinaria biodiversità.

Il parco è l’habitat naturale di molte specie di animali tra cui diverse varietà di uccelli, serpenti, primati, coccodrilli, ma è celebre soprattutto per la presenza della tigre, un animale in forte via d’estinzione.

Timide e difficilissime da vedere, le tigri del Bengala sono rispettate e al tempo stesso temute dalla popolazione locale.Un centinaio di persone all’anno nel solo territorio delle Sundarbans perdono la vita a causa di questi grandi felini. La maggior parte delle vittime sono raccoglitori di miele, lavoratori che si addentrano nella foresta, esponendosi più di altri al rischio di un attacco.

Anche io, come quasi tutti i pochi turisti che visitano il Bangladesh, giunsi a Mongla, nell’ottobre del 2010, con l’idea di visitare le Sundarbans. Pur consapevole delle scarse probabilità, ero attratto dall’idea di poter essere uno dei rari viaggiatori che hanno avuto la fortuna di provare l’emozione di vedere una tigre in natura .

Ma come spesso accade nei miei viaggi e nella mia vita, le cose andarono diversamente.

Una sera, durante il ritorno a Mongla da una escursione in barca scorsi in lontananza un piccolo e sperduto villaggio di pescatori.

L’immagine del villaggio si conficcò nei miei pensieri. Con pochi giorni a disposizione mi trovai di fronte a una scelta: visitare il Parco Nazionale delle Sunderbans o tentare di raggiungere lo sperduto villaggio?

Come spesso mi accade il mio interesse per le persone e per tematiche di carattere sociale ebbe la meglio su aspetti, seppur molto interessanti, di stampo naturalistico. Anche se a malincuore rinunciai al parco, alla sua natura selvaggia e alle sue tigri e, prese le dovute informazioni su come arrivare da solo e con mezzi locali di fortuna al piccolo villaggio, mi imbarcai nella mia nuova avventura.

L’esperienza vissuta con i pescatori e le loro famiglie fu indimenticabile. Conobbi persone fantastiche, che vivono in condizioni estreme, in piccole capanne di fango seccato e la cui unica fonte di sopravvivenza è la pesca.

Persone che vivono in una delle zone più ostili al mondo dal punto di vista climatico, sotto la costante minaccia di calamità naturali. Ogni anno durante la stagione dei monsoni che va da maggio a novembre cicloni ed uragani flagellano la regione del delta del Gange provocando morti e devastazione.

Nel novembre 2007 il ciclone Sidr colpì duramente il Bangladesh e la regione delle Sundarbans provocando migliaia di morti e più di un milione di sfollati. Gli eventi catastrofici hanno cadenza più o meno annuale ed alcuni sono stati di proporzioni immani: nel novembre 1997 il numero delle vittime fu di 150.000 e nel 1970 il ciclone Bhola, il più disastroso a memoria d’uomo, devastò il Bangladesh provocando la morte di più di mezzo milione di persone.

Nonostante le difficoltà di carattere linguistico, fui accolto con grande calore e ospitalità dagli abitanti del villaggio, alquanto sorpresi di veder arrivare un viaggiatore nelle loro terre.

La curiosità e l’interesse nei miei confronti fu pari a quella che io nutrivo per loro.

Mi concessero la possibilità di documentare le loro attività quotidiane, giocai con bimbi che per la prima volta in vita loro conoscevano uno straniero, andai in barca con i pescatori, condivisi una frugale cena a base di pesce e fui addirittura invitato a passare la notte nella piccola capanna di fango.

Una esperienza unica, emozionante e, agli occhi di un occidentale privilegiato che presto ritornerà alle sue comodità, anche divertente.

Sicuramente meno divertente per la gente del posto che per tutta la vita combatte con tenacia e forza d’animo contro la minaccia dei tifoni, l’erosione del suolo, le maree, l’innalzamento delle acque dovuto al riscaldamento globale.

Benvenuti in uno sperduto villaggio di pescatori alla periferia di Mongla, una piccola testimonianza della difficile vita quotidiana sul delta del Gange…qui il reportage fotografico

Chi è Luca Vasconi

Nato a Torino il 24 marzo 1973, fotografo freelance dal 2012. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Torino, dopo alcuni anni di vita d’ufficio piuttosto deprimenti decide di mettersi in gioco e abbandonare lavoro. Negli anni successivi viaggerà per il mondo alla ricerca dell'umanità variopinta che lo compone.

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