RUSSIA: Perché Putin ha scelto ancora Medvedev come premier

Abbiamo visto come la nuova squadra di governo Medvedev abbia subito ben pochi scossoni tra un mandato presidenziale e l’altro: i principali ministri sono stati infatti riconfermati. Lo stesso Dmitrij Medvedev ha mantenuto la carica di primo ministro, una possibilità di cui si chiacchierava nei corridoi dirigenziali già dal 2017.

Non è però troppo corretto affermare che Medvedev sia stato riconfermato premier perché negli anni si è guadagnato la fiducia del presidente. Al contrario, se Medvedev è ancora al suo posto, è forse proprio perché Putin non si fida di lui nel momento in cui uscisse dall’orbita putiniana, come sottolinea un’analisi del centro Carnegie di Mosca.

Divenuto primo ministro nel 2012, dopo la parentesi presidenziale che ha permesso a Putin la rielezione alla tornata elettorale successiva, Medvedev non si è trovato in una posizione invidiabile: gran parte delle sue politiche da presidente (una liberalizzazione graduale nel campo economico, una certa retorica pro-democratica, una relazione più costruttiva con il mondo europeo e americano, la lotta alla corruzione) vennero presto riviste o smantellate dal nuovo governo; il precario sogno di divenire erede di Putin allo scadere del mandato si dissolse per lui in fretta. La terza presidenza Putin appena conclusasi ha giocato bene le sue carte per creare attorno alla figura del presidente una stretta cerchia di nomenklatura fidata, permettere una maggiore centralizzazione del potere (vertikal’ vlasti) e nel frattempo assottigliare le libertà civili stringendole in una massa soffocante di nuovi pacchetti legislativi liberticidi.

Dmitrij Medvedev si è rivelato il più debole primo ministro della Russia contemporanea, una sorta di capro espiatorio a cui i deputati (ma anche lo stesso Putin) hanno rivolto negli anni ogni critica nei confronti del governo. Nel 2013 su iniziativa presidenziale venne liquidata la Corte Suprema di Arbitrato e con essa il suo presidente Anton Ivanov, la persona più vicina a Medvedev. Nel 2017 è toccato al Ministro dello Sviluppo Economico Uljukaev venire deposto e condannato a otto anni per corruzione (si è trattato del primo arresto di un ministro in carica nella Russia post-sovietica) e ai fratelli Magomedov, imprenditori amici di Medvedev. Invece di rispondere, Medvedev ha continuato a mostrarsi impassibile, rispettando il presidente, incassando accuse e critiche, restando sempre più solo nei circoli governativi.

Perché Putin lo ha voluto come primo ministro, una volta rieletto?

Da un lato, in un sistema semipresidenziale (o superpresidenziale) come quello russo, la carica di premier ha un valore essenzialmente “tecnico” (se escludiamo gli anni in cui Putin stesso è stato primo ministro). Tuttavia, in aggiunta a ciò, durante il terzo mandato presidenziale, il ruolo politico del governo è stato ancor più ridimensionato, a favore di gruppi di potere extra-parlamentari capaci di influenzare la politica russa in un dialogo tête-à-tête con il solo presidente: si tratta di imprenditori di vario ordine e grado, interessati a tessere rapporti privilegiati con lo stato per ottenere commesse, ordinativi, vincere gare d’appalto per le grandi opere. Il governo si è trovato sempre più paralizzato: basti notare che negli ultimi sei anni l’impianto legislativo russo è stato mandato avanti a suon di decreti presidenziali e non governativi.

La carica di primo ministro russo oggi non è ambita: “nessun attore politico serio oggi vorrebbe essere il capo del governo, a cui politicamente le mani sono legate e sulle cui spalle giace una enorme responsabilità sociale”, scrive Tat’jana Stanovaja. “Nessuno all’interno dell’elite russa vorrebbe essere il capo di un gabinetto i cui ministri vengono indagati dall’FSB e mandati in galera, criticati dal partito al potere e dall’opposizione, ma comunque rispondono per i tutti i problemi del sistema nella sfera economica e sociale”.

Unico candidato e per forza eletto: Dmitrij Medvedev è il “nuovo” primo ministro della Federazione Russa.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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Un commento

  1. Avete fatto bene a dare immediatamente questa terribile notizia. Al contrario di quello che avete fatto a proposito dell’arresto del direttore di Ria Novosti Vyshinsky, critico verso il regime ucraino, e ancora rinchiuso in carcere, di cui a quanto sembra non volete occuparvene.

    Questo orrendo delitto puzza tanto di provocazione contro la Russia. Cade troppo a puntino, dopo la chiusura, da stato di polizia, di Ria Novosti. Speriamo, che al contrario di quello che è avvenuto a riguardo di altri delitti di giornalisti, di cui sono costellati questi anni post Maidan in Ucraina, ci possa essere una vera indagine. Ne dubito. Basta vedere come è stato tutto insabbiato a proposito della strage di Odessa. per non parlare della strage di Maidan.

    Che pena! Non domandate alla Nuland se era questa l’Ucraina che gli ucraini meritavano. Ne ricevereste un’alzata di spalle come risposta.

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