Nobel per la Pace all'Unione Europea, sono europeista e non lo accetto

Chi scrive è europeista, culturalmente e politicamente. Poiché la comune identità europea è evidente agli occhi di chiunque abbia viaggiato un pochino nel vecchio continente, di chiunque abbia letto Joyce, Goethe, Pessoa, Milosz, Orwell, Baudelaire, Keats, Brecht, di chiunque abbia visitato San Vito a Praga, la Saint Chapelle a Parigi, la città vecchia di Leopoli e la baščaršija di Sarajevo. Chi scrive però è anche euroscettico. Perché l’unità del vecchio continente non deve essere accettata acriticamente. Senza scetticismo non c’è ragione, ma solo fede. E la fede è cecità. Chi scrive è politicamente europeista perché crede nel fallimento dello stato nazionale e delle sue logiche egoistiche, perché crede che solo un’unione politica possa metterci al riparo dagli artigli cinesi, russi e americani, preservando i nostri valori sociali e i nostri interessi economici. Ma questa che dico non è l’attuale Unione Europea.

Quindi il Nobel per la Pace all’Unione proprio non lo capisco, e non lo accetto, da europeista, da cittadino dell’Unione, questo Nobel lo rifiuto. E lo rifiuto poiché legittima un sistema di potere che non mi rappresenta, che ha abbandonato gli ideali di democrazia e solidarietà su cui si fondava, che è preda di derive economiciste, che accarezza i nazionalismi economici e politici, quelli del mors tua vita mea. Lo rifiuto perché legittima questa classe dirigente, dai Barroso ai Draghi, dalle Ashton ai Van Rompuy. Ma soprattutto lo rifiuto perché legittima questa leadership scalcagnata dei Cameron e dei Blair, dei Berlusconi, delle Merkel e degli Schroeder, dei Rajoy e degli Zapatero, dei Sarkozy, dei Papandreu. Politici senza statura e senza visione.

La “riconciliazione” incompiuta

Le motivazioni di questo Nobel sono che “l’Ue e i suoi predecessori hanno contribuito per più di 60 anni alla pace e alla riconciliazione, alla democrazia e ai diritti umani“. In parte è senz’altro vero: la Ceca, mettendo in comune le risorse di carbone e acciaio, ha disinnescato il conflitto franco-tedesco che durava da trecento anni (guerra dei trent’anni, guerra dei sette anni, guerra franco-prussiana, prima e seconda guerra mondiale). La Cee è stato un volano di sviluppo economico, ha abbattuto le frontiere per merci e persone, ha eliminato i trust finanziari, creando un mercato e una moneta unica. Quest’ultima ha consentito una certa stabilità alle economie del vecchio continente. Insomma, alla voce “riconciliazione” possiamo anche dire che il Nobel è motivato. Almeno finché non è venuta la crisi, questo mostro che sta divorando sessant’anni di progressi sociali, di “welfare”, di diritti. Che sta mostrando quanto sia fragile questa “solidarietà” europea. Che ha mostrato tutta la debolezza di una casa senza muri a causa di ingegneri e muratori troppo intenti a compiacersi delle fondamenta. La “riconciliazione” è incompiuta se ancora le trombe degli opposti nazionalismi politici ed economici suonano fanfare con il plauso della popolazione.

Sono emerse così tutte le contraddizioni e gli antagonismi mai sopiti che fanno, ad esempio della Grecia, un fiero pasto della finanza tedesca. Ma sono altri i problemi. Anzitutto la scarsa democraticità delle istituzioni (il potere dato al Parlamento risale solo al 2009, e non è sufficiente); in secondo luogo il non sufficiente rispetto dei diritti umani (ricordiamoci la Frontex) e infine una politica estera contraddittoria e frastagliata che ha avuto nelle guerre balcaniche il suo apice di fallimento. Entro nel dettaglio di queste critiche.

Democrazia mancante

La seconda motivazione per il Nobel è la “democrazia”. L’Unione si fonda, a suo dire, sulla democrazia rappresentativa. Il Parlamento Europeo è l’istituzione che rappresenta i cittadini, essendo eletto dagli stessi a suffragio universale e diretto. Ma il Parlamento ha solo la funzione legislativa (che ora esercita insieme al Consiglio, costituito da rappresentanti degli stati membri che in quella sede curano – anche se non dovrebbero – i propri interessi di parte e non quelli generali), ma non quella di controllo del potere esecutivo. Se davvero si volesse fare di Consiglio e Parlamento due camere, una alta e una bassa, allora entrambe andrebbero elette con suffragio popolare e si andrebbe verso quella (fondamentale) separazione dei poteri che oggi l’Unione non conosce visto che Parlamento e Consiglio possono emanare norme solo congiuntamente (a parte qualche gabola introdotta dal Trattato di Lisbona). Insomma, tutto questo per dire che il deficit democratico europeo è tutt’altro che risolto.

Diritti umani clandestini

Sulla faccenda dei diritti umani sarebbe da idioti non ricordarsi della Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo). I provvedimenti dei nostri legislatori nazionali e dei nostri giudici debbono oggi rispettare e sottostare al diritto dell’Unione ed i cittadini europei hanno diritti fondamentali che possono esser fatti valere concretamente. E’ stata la Cedu a rilevare formalmente l’assurdità della legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita. Un’obbrobrio neomedievale che senza l’Unione ci saremmo dovuti tenere. Ma la Cedu non è un organismo dell’Unione, bensì del Consiglio d’Europa, ma essa si fonda sulla carta dei diritti fondamentali dell’Unione, quindi le due cose si legano

A fare da contraltare c’è però Frontex, agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione in materia di sicurezza ai confini, più volte sotto la lente di Human Right Watch per il trattamento riservato a quei migranti che provano a entrare clandestinamente nella Fortezza Europa. Come scrivemmo tempo fa il Frontex mobilita risorse materiali degne di un’operazione bellica. Anche le strategie d’azione  fanno apparire lontana e sfocata quell’idea di pace, cooperazione e solidarietà sulla quale abbiamo costruito la nostra idea di Unione Europea. Sì, è vero che i fondi della Frontex li mettono i governi nazionali, ma l’Unione dovrebbe comunque vigilare sulle sue agenzie.

Sul cadavere di Bosnia

E a proposito di politica estera, la neonata Unione naufragò nelle guerre balcaniche, spaccandosi ancor prima di unirsi, giocando alle potenze come nell’Ottocento, così che la Francia e l’Inghilterra, per limitare l’espansione di una Germania appena riunificata, appoggiarono un criminale come Milosevic banchettando con lui sul cadavere di Bosnia. Ebbe inizio lì, forse, la “balcanizzazione” che sembra vivere oggi il vecchio continente. E adesso ci troviamo con un finto ministro degli Esteri, lady Ashton, che parla a nome di nessuno mentre gli Stati membri partecipano o promuovono guerre qui e là.

Quello del Nobel per la Pace all’Unione può essere dunque un premio “alla carriera e non al merito”. E mentre i cittadini greci non hanno farmaci e quelli portoghesi stanno in fila per il pane, la Bce (banca centrale europea) avalla le misure ultraliberiste del Fondo monetario internazionale. Misure che scavalcano la democrazia. L’esito di questa operazione è lo smantellamento del nostro stato sociale (sanità, scuole, pensioni, sussidi), come preconizzato da Mario Draghi che ha affermato che “l’Europa non può permetterselo”.

Felici del guinzaglio?

E invece l’Europa può e deve permettersi di far saltare il tavolo, di preservare il proprio stato sociale, aumentando il livello di democrazia e diminuendo le disparità sociali. Questo non lo possono fare gli stati nazionali, non hanno alcun peso al confronto di istituzioni come il Fmi, né hanno risorse e potenzialità sufficienti. Può farlo l’Unione Europea, quella che il Nobel se lo meriterebbe. Quella coraggiosa, libera, indipendente. Quella unita e non omologata. Quella che occorre costruire in luogo di questa. Ma chi la deve costruire? I cittadini europei, ovvio. Ma come ha ben evidenziato la querelle sul Nobel per la Pace alla Ue, quell’Europa non esisterà mai finché i cittadini del vecchio continente sapranno solo dare sfogo alla loro pars destruens.

Distruggere l’Europa unita per fare che cosa? Tornare ognuno nel proprio recinto a credersi importante? Criticare l’Unione è sacrosanto, e i motivi non mancano. Ma l’Unione c’è, ed è un’immensa opportunità ancora tutta da sfruttare. Chiederne la testa è folle. Non ho ancora visto nessuno protestare contro le politiche dell’Unione per modificarle. Tutti vogliono solo distruggere. Siamo ancora alla fase uno, quella sterile del rifiuto senza proposte.

Possiamo scegliere: tornare nelle nostre casette di provincia (perché saremmo allora tutti una provincia, americana, russa, cinese, o chissà) o diventare cosmopoliti, cittadini di una grande comunità da costruire insieme. Ma questa volontà di farsi costruttori non la vedo. Da europeista, da cittadino dell’Unione, dico che forse questo Nobel neppure ce lo meritiamo. Sappiamo solo sputare nel piatto in cui mangiamo, sognare contadi e piccole patrie, abbiamo paura della libertà. Rimettiamoci il guinzaglio, se qualcuno se l’è levato, che sta tornando il padrone. Tutti pronti a scodinzolare?

 

 

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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11 commenti

  1. Ormai è diventato il mio cavallo di battaglia ideologica, antieuropeista per alcuni o semplicemente euroscettica. Il problema non sta nell’avere l’Unione Europea o il guinzaglio perchè a mio parere il guinzaglio ce l abbiamo ora e non senza Unione, senza entrare nel merito dell’esempio lampante di prestiti elargiti a tassi d’interesse quadruplicati per i cittadini rispetto alle banche e che non provocheranno altro che la destabilizzazione delle economie nonchè l’aumento dello stesso debito, vedi Grecia. Probabilmente a proposito di questo Nobel dovremmo resuscitare i Padri d’Europa Schumann e Spinelli e domandargli “era cosi che immaginavate l’Europa?” e soprattutto “Qual’è il risultato che di più i vostri eredi sembrano aver centrato? La stabilità? la democrazia? i diritti umani? l’uguaglianza?”
    Io credo che semplicemente tacerebbero e si metterebbero le mani in faccia a mo di “cosa avete fatto?” Semplicemente perchè oggi non vi è un risultato POLITICO che sia degno di nota, e non vi è stabilità, come le nostre economie e le conseguenti proteste dimostrano; non vi è democrazia e anche se, si, adesso il Parlamento è eletto da noi le sue decisioni ritornano comunque al veto della commissione e di fatto non è un organo legislativo che si occupa di politiche sociali ed economiche come la NOSTRA DEMOCRAZIA PREVEDE; non vi sono diritti umani perchè la CEDU è stata presa dal Consiglio d’Europa e fatta propria senza che questa ovviamente sia vincolante per nessuno e per il fatto che i diritti di prima generazione sono negati a molte persone, non da ultimo a coloro che sognano di entrare a far parte proprio di questa Unione ma vengon respinti in alto mare proprio perchè l’Europa non ha interesse a legiferare in materia; e non vi è uguaglianza perchè questa è un’unione di banche e di interessi anzitutto industriali e non di cittadini e spazi; è l’Unione di una moneta che ha aumentato l’inflazione del 100 % e fatto salire i prezzi di beni di prima necessità dell’80% in appena 15 anni. A proposito della pace: quando ne ha avuto la possibilità, l’Europa ha sempre fallito: dalla Croazia alla Bosnia, dalla Serbia alla cecenia e infine in Medio oriente e in nord Africa, sempre lo stesso copione: MAI UN APPROCCIO COMUNE ALLA QUESTIONE, MAI UN AZIONE DECISIVA.
    Perchè? Perchè questa non è nemmeno un UNIONE ma solo una cricca.
    Non sputo sul piatto di nessuno ma non elogio certo l’Unione se io e il mio popolo riusciremo ad arrivare alla fine del mese.

    • C’è da dire che da quando la crisi economica è iniziata, e la Bce ha fatto le scelte che ha fatto (e che io non condivido, ma molti sì) gli anti-europeisti hanno trovato argomenti. Uno in particolare, la critica alla finanziarizzazione dell’economia e alle misure di austerità. Queste pescano però dalla abituale retorica della destra estrema, antifinanziaria, o dalla sinistra radicale, anticapitalista. E’ con retoriche così che il partito naziona-socialista riscosse favori nella Germania del dopo Weimar. La questione della “cricca”, della “casta” e via dicendo è poi assultamente di radice populista, poiché assolve “il popolo” innocente e fa ricadere la colpa sulle “leadership” come se queste non fossero state votate da qualcuno. Ecco, nella dismissione di responsabilità e nelle retoriche estremiste trovo un esempio di quel guinzaglio che dicevo: è più facile distruggere che costruire, è più facile dire che tutto fa schifo che proporre alternative. Insomma, è più comodo vivere in cattività, prigionieri delle idee di distruzione e deresponsabilizzazione, che vivere liberi.
      A te Giorgio chiedo, visto che l’Unione Europea non ti piace in nessuna salsa, cosa proponi? Il ritorno agli Stati nazionali?

      un saluto
      Matteo

  2. ma vedi, il fatto è che in 60 anni non sono riusciti a costruire quello che volevano e adesso ci ritroviamo al punto da dire “va bene cosi?” la risposta da parte mia è NO, per il semplice fatto che non esistono le misure per far partire i cambiamenti dall’interno: se il democraticissimo parlamento europeo facesse una proposta di legge in tale direzione la questione arriverebbe alla commissione la quale ha tutti gli strumenti democraticissimi per dire “NO, punto e basta”. Questa è la retorica populista? non credo…non appena si crea consenso intorno a qualcosa di radicale e, a mio punto di vista “innovativo” come l’uscita dall UE (certo uscire dall’unione può sembrare un ritorno al passato ma a conti fatti aumenterebbe la competitività di molte economie e quindi per alcuni sarebbe si innovativo), si parla di populismo…voglio un grande consiglio d europa e un unione POLITICA europea che mi fa leggi per tutelare i migranti, i lavoratori, le politiche agricole NAZIONALI, che limiti i colossi finanziari per tutelare i risparmiatori EUROPEI e che quando c è una guerra non sta li a far la conta degli interessi da spartirsi: voglio l’Europa che quei due signori che ho citato sognavano

    • e allora Giorgio sei d’accordo con me e con quanto scritto nell’articolo. Non questa Europa, ma un’altra Europa sì. Comunque non monopolizziamo io e te la discussione, ci sentiamo in chat nelle nostre segrete stanze 😀

  3. le prime argomentazioni (sui leader e sul sistema di potere) mi paiono inconsistenti e fuori tema: l’Europa non è né la Ashton né Barroso. né tanto meno Cameron o Rajoy.

    sul secondo punto, ammetti anche tu che l’UE un suo obiettivo -primario e per lungo tempo unico!- lo ha raggiunto. gli altri sono tutti secondari e sviluppati solo di recente. e non possiamo estendere la responsabilità dell’UE a fini che ne travalicano l’essenza (diritti umani, piazze arabe…), specie dimenticandoci che comunque ha ottenuto risultati importanti anche all’estero (cosa sarebbero oggi i Balcani senza la prospettiva di adesione??? cosa sarebbero state Grecia, Spagna e Portogallo dopo la fine delle loro dittature?).
    inoltre, ricordiamoci che è tuttora un work in progress.
    concordo che manchi di democrazia comunitaria, europea, ma questo dipende anche dalla mancanza di una cittadinanza e di una politica europee. non solo dalle istituzioni. (che, come detto, hanno ottenuto comunque risultati importanti, anche a livello dei singoli Stati).
    concordo anche che pure la CEDU avrebbe meritato il premio (magari assieme all’IAHRC e alla African Court), ma questo non sminuisce l’Europa. che è comunque un nuovo modello politico importantissimo ai fini della pace.

  4. La tesi è condivisibile, ma forse Matteo dimentichi di guardare anche l’altra faccia della medaglia. Nel senso che ti concentri – d’altronde è una scelta legittima – sulle carenze dell’Europa. Che ci sono, eccome. Ma l’Europa è così, imperfetta per natura. Un progetto di lunghissimo periodo che lentissimamente integra, amalgama e smussa. Può sicuramente fallire, ma già il fatto che ci sia e che almeno un po’ limiti gli egoismi nazionali, edulcori gli eccessi sciovinisti e porti un po’ di dialogo tra chi ha litigato tanto, dentro e fuori gli attuali confini dell’Ue (Polonia e Germania, Polonia e Repubblica ceca, qualcosa s’intravede anche tra Croazia e Serbia), beh, mi pare qualcosa. E poi a me piace anche il fatto che Bruxelles imponga di indicare gli ingredienti sull’etichetta della cioccolata…

    M.

  5. mi piace l’approccio di fondo che è presente nell’articolo, però se devo scegliere tra , diciamo, “più europa” oppure “meno europa”, sinceramente vado verso la seconda… per un motivo molto semplice, ossia il fatto che tutti i ragionamenti culturali legati all’identià comune dei vari popoli etc (che ritengo molto validi) devono necessariamente poi nella pratica quotidiana incontrare i discorsi economici e qui viene fuori l’euro-disastro… senza spingermi a pensar male, si può dire che come minimo l’euro è stato costruito tecnicamente malissimo in partenza ed ora, visto che di fatto ne la bce, ne i vari governi nazionali (ammesso che si possa ancora parlare di governi nazionali, leggi italia e grecia) sembrano voler capire quale sia il problema strutturale di fondo, continuando con poilitiche di austerity… non vedo altra soluzione che quella di tornare alle monete nazionali che ciascuno si gestisce autonomamente e in maniera sovrana… infatti non credo stia scritto da nessuna parte che per essere in europa bisogna x forza adottare l’euro, vedi gran bretagna…
    e poi a dirla tutta anche da un punto di vista istituzionale sappiamo bene che la costruzione lascia alquanto a desiderare… con un parlamento eletto da tutti noi che non ha potere reale, una commissione che invece è costituita da non eletti che di fatto ha potere sovranazionale e una banca centrale (bce) su cui ci sarebbe molto da dettagliare…
    insomma io credo che sia urgente e necessario ripartire dal ritorno a stati sovrani con propria moneta e nel frattempo discutere seriamente su come riprogettare l’europa che vogliamo… vi lascio un link interessante a mio parere, http://www.democraziammt.info

    • Ciao Lorenzo,

      un paio di precisazioni:
      – art.4(3) TEU: “The Union shall establish an economic and monetary union whose currency is the euro.” Quella del Regno Unito è un’eccezione non disponibile ad alcun altro stato membro (con l’eccezione, parziale, di Danimarca e Svezia);
      – il Parlamento Europeo è codecisore su tutte le materie di competenza UE. Vuol dire che ha il potere di emendare o porre il veto su ogni iniziativa legislativa della Commissione, su un piano di parità col Consiglio. Non mi sembra bruscolini: ricordiamoci di ACTA;
      – il Presidente della Commissione è “eletto” (art. 17 TEU) dal Parlamento Europeo. Gli altri Commissari sono nominati, uno per stato, per fare gli interessi dell’Unione (d’altronde, forse che tu eleggi i ministri?) Il Parlamento ha potere di verificarne le competenze ed eventualmente negare la fiducia all’intera Commissione (Ricordi il caso Buttiglione?)

      un saluto,
      Davide

  6. Irene Wieczorek

    Ciao Matteo,

    solo una precisazione. La Cedu non si fonda sulla Carta Europea dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Quest’ultima è stata solennemente proclamata a Nizza nel 2000. La Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali invece è del 1953 e come dici giustamente tu è un documento approvato in seno al Consiglio Europeo e non all’Unione Europea. E vero che i due testi coincidono largamente in quanto a contenuti, tuttavia è piuttosto la Carta del 2000 che si ispira alla Cedu. Tra i due testi non c’è tuttavia nessun legame giuridico.
    In risposta a Davide, il parlamento Europeo non ha ancora voce in capitolo in temi fondamentali come l’allargamento delle competenze dell’Unione in materia penale (articolo 83.1 TFUE secondo paragrafo). Neanche questi sono bruscolini a mio parere. Il Parlamento ha acquisito sicuramente amplissimi poteri recentemente, è ciò è da apprezzarsi. Resta il fatto che il Consiglio, un organo composto da esecutivi (indipendentemente da quali interessi questi poi perseguano nella sostanza, qui si parla di legittimità democratica dell’istituzione per se) ha comunque funzioni legislative.
    La tua tesi (Premio all’EU, ma non a questa EU) è sicuramente interessante tuttavia.

    Ciao!

    Irene

  7. Ma siamo sicuri che l’ UNIONE EUROPEA non sarebbe comunque la serva di altri?

    • Per come la vedo io, con un esercito comune, un governo comune (con poteri su politica estera, difesa, economia) e un sistema federale (per le altre competenze), un unico mercato del lavoro, dei diritti, una comune politica energetica… secondo me non sarebbe serva. E considera che fino al ’56 l’idea di esercito comune (e credo che senza esercito l’autonomia politica sia una chimera) era sul piatto. E’ stata la Francia a tirarsi fuori. Si parla spesso degli americani, tirandoli in ballo per ogni cosa, ma il bene e il male dell’Europa è sempre venuto dall’Europa. Divisi, calpesti e derisi… l’inno nazionale italiano trovo si adatti bene al vecchio continente.

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