Il 24 aprile, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che la riforma del sistema giudiziario polacco viola il diritto europeo. La riorganizzazione del più alto organo giudiziario della Polonia, voluta dal governo guidato dal partito Diritto e Giustizia (PiS), non sarebbe infatti giustificata da un obiettivo legittimo e anzi minaccerebbe l’indipendenza dei giudici.
Il contenuto della riforma
La legge era stata proposta dal partito di maggioranza PiS per combattere la corruzione e ammodernare la Corte. Secondo il PiS, di orientamento conservatore, la Corte sarebbe infatti in mano ad una “casta” intoccabile di giudici immersi in una mentalità comunista. In particolare, la riforma prevedeva l’abbassamento dell’età massima dei giudici a 65 anni, obbligando al pensionamento anticipato circa un terzo dei giudici attualmente in carica, inclusa l’attuale presidente della Corte Malgorzata Gersdorf. I giudici che superano i 65 anni avrebbero potuto fare richiesta di restare nonostante il limite d’età, ma la loro richiesta avrebbe dovuto essere approvata dal presidente polacco.
Secondo gli oppositori della legge, l’obiettivo del PiS sarebbe stato quello di liberarsi di giudici di orientamento opposto e di voci critiche nei confronti del governo in modo da aumentare la sua influenza sulla Corte. L’approvazione della legge aveva scatenato ampie manifestazioni di protesta e l’avvio di misure disciplinari nei confronti della Polonia da parte dell’Unione Europea, come previsto dall’articolo 7 del Trattato dell’Unione Europea.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea
Nella sua sentenza, la Corte ha dichiarato che la libertà dei giudici da influenze esterne è essenziale per il corretto svolgimento del loro lavoro. Inoltre, per assicurare la loro indipendenza sono necessarie delle garanzie – tra le quali spicca quella contro la revoca del loro mandato. Questa non potrebbe avvenire se non per motivazioni giustificate, come il termine del loro mandato o il raggiungimento dell’età pensionabile. Tuttavia, la Corte ha respinto il pretesto della Polonia di voler riequilibrare l’età media della Corte Suprema uniformando l’età massima con quella di altre professioni in Polonia. Al contrario, le misure di pensionamento anticipato di 27 dei 72 giudici, combinate con l’aumento di potere decisionale del Presidente sulle nomine di questi, farebbero dubitare delle reali motivazioni dietro a questa riforma.
La sentenza è fortemente simbolica, in quanto, dietro invito della Corte di Giustizia Europea, la Polonia aveva già revocato la misura. Ciononostante, la Corte Europea ha portato avanti il caso, mostrando il suo interesse di giungere ad un verdetto formale che ribadisse la giurisdizione europea sulla questione, sebbene politici polacchi avessero invitato Bruxelles ad astenersi dalle questioni di politica interna.
Il senatore di PiS Aleksander Bobko ha commentato la sentenza dicendo che non si tratta di una “sconfitta” per il governo, in quanto avrebbe “già modificato queste regole e dimostrato di poter cambiare corso pur rimanendo determinati” a riformare la Corte.
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