MACEDONIA: Dopo il fallimento del referendum, il paese verso elezioni anticipate

Il referendum per cambiare il nome del paese in “Macedonia del Nord” è fallito. Nonostante si sia espresso favorevolmente il 92% dei votanti l’affluenza si è fermata al 36%, non raggiungendo il quorum necessario. Il quesito referendario era stato posto in modo tale che i cittadini si esprimessero su ciò che l’approvazione dell’accordo con la Grecia avrebbe portato: “Siete favorevoli a divenire membri dell’Unione Europea e della NATO accettando l’accordo tra la Repubblica di Macedonia e la Repubblica di Grecia?”

Tutti cantano vittoria

Nonostante non sia andato a votare il 50% più uno degli elettori, il primo ministro Zoran Zaev, artefice dell’accordo con Atene e principale promotore del “sì”, si è mostrato soddisfatto dell’esito del voto. “Al referendum hanno votato più di 600mila persone e di questi più del 90% si è espresso a favore, suggerendo che la Macedonia deve accettare l’accordo con la Grecia e diventare membro dell’UE e della NATO”, ha dichiarato il premier macedone alla conferenza stampa dopo la chiusura dei seggi.

Secondo il ragionamento di Zaev, la “Macedonia europea” ha preso più voti di quanti ne abbiano mai presi i vincitori delle passate elezioni macedoni. Ma il primo ministro non è il solo ad aver ignorato il mancato raggiungimento del quorum. Sia l’Unione Europea che la NATO si sono infatti complimentate per il risultato del referendum. “Con una sostanziale vittoria dei ‘sì’, c’è un ampio supporto per l’Accordo di Prespa e per il percorso Euroatlantico del paese. Mi aspetto che tutti i leader politici rispettino questa decisione e che sia portata avanti con massima responsabilità e coesione oltre le divisioni di partito, nell’interesse del paese” – ha dichiarato sul proprio profilo twitter il commissario UE per l’allargamento Johannes Hahn. A fargli eco c’è anche il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, che ha incoraggiato i leader politici macedoni ad impegnarsi in modo costruttivo affinché non venga persa questa occasione storica, aggiungendo che le porte della NATO sono aperte ma che devono essere rispettate tutte le procedure a livello nazionale.

Anche nella sede del partito d’opposizione VMRO DPMNE, però, si esulta per il risultato del voto. “Il fatto è che l’accordo non ha ricevuto semaforo verde, bensì uno stop da parte della popolazione” – ha dichiarato ai suoi sostenitori il leader del partito Hristijan Mickoski. E ha aggiunto: “La gente che ha votato contro l’accordo e quelli che astenendosi hanno scelto di mostrare cosa ne pensano hanno espresso il messaggio più forte – [e cioè che] questa è Macedonia!”

La palla passa al parlamento

La decisione ora spetterà al parlamento, che per approvare la modifica costituzionale per cambiare nome al paese necessita della maggioranza di due terzi, ovvero il voto favorevole di 80 deputati dell’assemblea. Consapevole di poter contare sull’appoggio di solo 71 deputati, Zaev ha già detto che qualora il VMRO DPMNE non dovesse votare in favore verranno indette elezioni anticipate.

Secondo Zaev non esiste infatti un accordo migliore di quello siglato con il primo ministro greco Alexis Tsipras lo scorso giugno sul Lago di Prespa. “Noi [socialdemocratici] useremo l’altro strumento democratico a nostra disposizione, ovvero andare ad elezioni anticipate immediatamente!” – ha dichiarato il primo ministro.

Mentre è prevedibile che il VMRO DPMNE si manterrà coerente alla decisione di boicottare il referendum di domenica non sostenendo il voto nell’assemblea di Skopje, secondo alcune indiscrezioni i cittadini macedoni sarebbero chiamati nuovamente ai seggi già a novembre.

L’esito del referendum, dal sapore prettamente politico, lascia quindi pensare che i socialdemocratici di Zaev possano contare sull’appoggio di circa il 35% dell’elettorato. Dal canto suo, l’opposizione nazionalista del VMRO DPMNE non ha boicottato il referendum in quanto contraria all’ingresso in UE e NATO – di cui è sempre stata sostenitrice – bensì per pura coerenza ideologica: “la difesa dell’interesse nazionale”.

Con tutta probabilità, ancora una volta l’ago della bilancia saranno i partiti che rappresentano la minoranza albanese, che hanno fin qui appoggiato l’esecutivo macedone ma i cui elettori sembrano meno interessati all’annosa questione del nome, come dimostra la bassa affluenza di domenica nei comuni dove vive la maggioranza degli albanesi di Macedonia.

Senza approvazione dell’accordo, la Grecia continuerà a porre il veto all’integrazione euroatlantica del paese. Dopo più di tre anni dalla crisi politica che portò al rovesciamento del governo nazionalista di Nikola Gruevski, la Macedonia sembra  oggi ancora più polarizzata dal punto di vista politico, mentre la sua affermazione in campo internazionale è ora più lontana dal potersi definitivamente concretizzare.

 

Foto: Il Sole 24 Ore

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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2 commenti

  1. I macedoni hanno ragione: fuori dalla NATO e lontani da questa Grecia.

  2. I veri macedoni sono uno dei tanti ceppi hellenici, precisamente dori se gli abitanti di fyrom( peraltro mix di etnie slava, albanese, greca, rom) si sentono tali, che chiedano l’anessione con la madre patria! Altrimenti non abusino di termini relativi vantaggi

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