Norvegia

CONFINI: La permeabilità selettiva fra Norvegia e Russia

Schermata 2018-02-13 alle 16.20.44Il confine tra Norvegia e Russia è lungo 196 km e divide la municipalità di Sør-Varanger (contea del Finnmark), il cui centro è la città di Kirkenes, e il Pečengskij rajon (Oblast’ di Murmansk) il cui capoluogo è la città di Nikel’. Il confine prosegue in mare per 23,2 km: partendo dal Varangerfjord divide le Zone economiche esclusive di Norvegia e Russia nel Mare di Barents e nell’Oceano Artico.

Un confine fluido

Nel XIV secolo il Regno di Norvegia e la Terra di Novgorod si accordarono sull’uso comune di quelle terre, senza in effetti definire confini formali, cioè disegnati su mappa. L’accordo fra russi e norvegesi nasceva principalmente per motivi fiscali, e decretava le imposte e le gabelle sul pescato delle popolazioni sami tra l’odierno Finnmark e la penisola di Kola. Questo comportò un incontro dinamico nel tempo e nello spazio fra le varie popolazioni, sebbene non fossero mai sorti avamposti permanenti nelle zone di rispettiva influenza (fatto salvo piccoli esempi come la chiesa ortodossa a Neiden, in Norvegia). Il confine venne formalmente deciso nel 1826 e rimase invariato per quasi un secolo, dal momento che la Finlandia, in seguito all’Ottobre, dichiarò la propria indipendenza dalla Russia e ottenne anche, nelle trattative di pace seguenti la Prima guerra mondiale, l’area del Petsamo e con essa l’accesso al Mare di Barents. Nel 1947 quest’area, e altre appartenenti alla Finlandia, vennero cedute all’Unione Sovietica dopo gli accordi di Parigi, e i confini tornarono quelli del 1826 (con l’aggiunta di alcune piccole modifiche).

Dalla Guerra fredda alla crisi dei migranti

Negli anni della Guerra fredda il confine che corre tra il Finnmark e l’Oblast’ di Murmansk non è stato protagonista di grandi vicende umane e di grandi intrecci fra culture. Il confine era preso in grande considerazione dalla NATO, ed era strettamente controllato dall’esercito norvegese da un lato, e dalle truppe frontaliere sovietiche dall’altro. Questo fu sicuramente un tratto distintivo, la presenza di truppe di diversi Paesi, che caratterizzava un territorio che storicamente aveva vissuto una fusione omogenea di più popoli e di più nazioni. Anche visivamente tale omogeneità è ancora presente: trovarsi di fronte i 196 km che dividono Norvegia e Russia equivale a guardare le stesse palette di grigi della scala Pantone. Gli stessi colori che hanno subito uno sviluppo simile: Kirkenes con le sue miniere di ferro e Nikel’ con l’industria da cui prende il nome.

Con il crollo dell’URSS sono moltiplicati i passaggi dall’Oblast’ di Murmansk (700.000 abitanti) alla contea del Finnmark (70.000 abitanti). Da un reportage del Calvert Journal si evince che le motivazioni dietro queste storie di transfrontalieri sono puramente economiche, legate al commercio ittico, fortemente facilitato nell’area norvegese. Anche adesso, a Kirkenes, un abitante su dieci è russo. Può capitare di entrare in un negozio e sentire l’esercente passare dal russo al norvegese mentre parla con diversi clienti. Anche i cartelli stradali, così come quelli del confine, sono scritti in entrambe le lingue in questa cittadina di 3.500 abitanti. Un confine nuovamente liquido che non distingue la nazionalità, o forse sì.

Negli anni è stato valicato da numerosi migranti, in prevalenza siriani (ma anche iraniani e magrebini) che hanno tentato la tratta meno battuta, scarsamente equipaggiati per affrontare le temperature proibitive che si trovano al di sopra del circolo polare artico. Il fenomeno fece scalpore per il fatto che la Russia non permette il passaggio pedonale al confine, e allo stesso modo le autorità frontaliere in Norvegia proibiscono il passaggio in auto nei pressi del confine (una misura atta a evitare che i migranti possano usufruire di un passaggio); i migranti che hanno scelto questa rotta si sono quindi visti costretti ad attraversare il confine in bicicletta. Ovviamente questo ha fatto nascere un fiorente commercio di biciclette per attraversare il confine (i mezzi vengono poi abbandonati una volta in Norvegia).

Le autorità norvegesi sull’immigrazione permettono un ingresso abbastanza agevole nel paese, anche per i migranti sprovvisti di documenti di identità, i quali sono però obbligati a fare richiesta d’asilo per rimanere nel paese dei fiordi. La Norvegia da parte sua, considerando la Russia, dalla quale son transitati i migranti (e che ha permesso anche molto facilmente questi passaggi), un paese sicuro, con l’aumento degli ingressi ha iniziato a organizzare trasporti via bus per riportarli in Russia, a dimostrazione ulteriore che i confini non distinguono le varie nazionalità, ma sono gli uomini a farlo.

Chi è Gianluca Samà

Romano, classe 1988, approda a East Journal nel novembre del 2014. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi Roma Tre con una tesi sulle guerre jugoslave. Appassionato di musica, calcio e Balcani.

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