Essere gay e armeno a Istanbul. Intervista a Ivaylo, un ragazzo (non) comune

Ivaylo Konstantinski ha 18 anni è un cittadino turco appartenente alla minoranza bulgara costantinopolitana. E’ cristiano ortodosso, bilingue turco e bulgaro, parla correntemente inglese, francese, italiano, un po’ di russo e di greco. E’ attivista dell’associazione LGBTT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Travestiti e Transessuali) “Lambda” di Istanbul. La seguente intervista è stata tenuta integramente in Italiano.

Ivaylo, qual è la legislazione in Turchia sull’omosessualità? Esistono discriminazioni sul lavoro, nella società civile, nel mondo militare? Qual è l’approccio delle autorità sanitarie?

Possiamo dire prima di tutto che l’omosessualità non è punita, come ad esempio in Iran o in India. Bisogna dire che, d’altra parte, non esiste nel codice penale un articolo che punisca le discriminazioni nei confronti di omosessuali o transessuali. La Costituzione Turca ha un articolo specifico che ripudia ogni tipo di discriminazione basata su “lingua, razza, religione o sesso”, ma è riferito alle pari opportunità per le donne nella società; non tratta in nessuna maniera di identità o orientamenti sessuali che non siano quello eterosessuale. Ci sono stati dei momenti di mobilitazione dei gruppi LBGTT per inserire i termini “identità” e “orientamento” sessuale, ma non hanno portato a nessun risultato.

Inoltre, la legge prevede delle attenuanti per i reati “a sfondo etico o morale”. Concretamente, un omicida di un transessuale può agevolmente ricevere sconti di pena adducendo come motivazione del crimine un movente di questo tipo.

Esistono però diverse ripercussioni nella vita pubblica. Ad esempio l’esercito prevede l’esenzione degli omosessuali dal servizio militare obbligatorio, definendo l’omosessualità stessa “una patologia psicologica” (anche se è una definizione esclusiva per questa fattispecie).

Parliamo brevemente dei transessuali: esistono processi di integrazione nella vostra società o la loro unica via di sostentamento è la prostituzione?

Conosco circa 200 transessuali, sia uomini che donne. Guardando alle donne transessuali, possiamo sicuramente dire che il 99% di loro si prostituisce. Esistono anche le eccezioni: ad esempio ho un’amica carissima che fa l’insegnante di lingua inglese in una scuola statale. Dopo essersi operata, l’anno scorso, ha ottenuto il cambio di sesso nei documenti di identità e ha continuato il suo lavoro. Bisogna precisare che in un paese di 70 milioni di abitanti, questi casi si contano sulle dita di una mano. Aggiungo, comunque, che queste persone sono costrette a tener nascosta la propria identità sessuale nell’ambiente di lavoro, pena l’immediato licenziamento.

Al di là degli aspetti legali, la società turca è molto omofoba?

Prima di risponderti, vorrei sottolineare che non esiste un’unica “società turca”, ma un mosaico fatto da migliaia di realtà molto lontane e spesso antitetiche. Ad esempio, se consideriamo quartieri “chic” come Cihangir o Kadikoy a Istanbul, in generale il livello di omofobia può essere valutato come quello di alcuni paesi dell’Europa Occidentale. Queste sono, però, piccolissime “isole” dove una coppia omosessuale può convivere senza grossi disagi.

Se prendiamo in considerazione, invece, la totalità del territorio turco, sicuramente il livello di omofobia nel paese è ancora molto elevato, senza distinzione di religione o gruppo etnico.

Ritieni che il governo dell’AKP abbia fatto qualche passo sostanziale (in positivo e in negativo) sull’argomento?

Possiamo dire che non ci sono stati passi né in un senso, né nell’altro. Il mondo della comunicazione, non solo quella più vicina al premier, ha invece innalzato il livello di “censura” e discriminazione nei confronti degli omosessuali presenti nei mass-media. E’ vero che negli ultimi dieci anni si è parlato di più del nostro mondo e delle nostre problematiche, ma verrebbe da aggiungere che è avvenuto in netto ritardo con il resto del mondo.

Quali sono gli stereotipi, i luoghi comuni, i “falsi miti”, i pregiudizi su cui si fonda la visione omofoba nella maggioranza dei Turchi?

Lo stereotipo, diffuso un po’ dappertutto, del “gay effemminato che ama vestirsi da donna” è molto forte in Turchia, così come quelli che più comunemente alimentano l’omofobia (anche in Italia o in Europa).

Uno stereotipo più tipicamente locale, invece, è quello che vede l’omosessualità come un fenomeno “occidentale”, non peculiare delle tradizioni del paese. Soprattutto in Anatolia, anche nelle zone Curde, esiste una sorta di negazionismo sull’esistenza stessa di omosessuali in quelle regioni. Ammettono che ne esistono nelle grandi città, più contaminate dalle “cattive abitudini” moderne occidentali.

Vorrei citare, invece, una sorta di “luogo comune al contrario” che riguarda le lesbiche in Turchia. Visto che il machismo e la mascolinità sono un valore positivo molto forte nella retorica degli strati più nazionalisti del paese, qualcosa di quasi “sacro”, essere maschi effemminati è particolarmente grave. Al contrario, soprattutto nei villaggi anatolici, le donne (lesbiche o transessuali maschili) che hanno comportamenti e aspetto più mascolini sono considerate con un certo rispetto: esiste addirittura una definizione ad hoc “Deli kanlı kız” (ragazza dal sangue pazzo). Con questo non voglio dire che la società accetta le lesbiche di buon grado, ma che in alcuni casi vi è più tolleranza rispetto a quella che c’è verso i gay.

Esistono dei personaggi pubblici che hanno reso nota la loro omosessualità?

Premetto che un altro stereotipo molto diffuso nel mio paese è che gli omosessuali hanno una forte sensibilità e si dedicano spesso a professioni artistiche. Per questo è molto più accettato che qualche personaggio appartenente al mondo dello spettacolo e artistico sia omosessuale, magari perché un po’ eccentrico per definizione. Diciamo che il mondo dello spettacolo, dell’arte e della letteratura hanno avuto un ruolo fondamentale per la dialettica nel paese riguardo ad un argomento che pochi decenni fa era un tabù assoluto. Poco tempo fa anche un arbitro del nostro campionato di calcio ha dichiarato ufficialmente la propria omosessualità, è stato allontanato dalla federazione calcistica e sta combattendo in tribunale contro questa discriminazione.

Ci sono due modelli storici che tutti conoscono in Turchia e che hanno, in misura differente, contribuito ad accelerare il processo di riconoscimento della nostra comunità nel paese: Bulent Ersoy e Zeki Muren.

A Bulent Ersoy, che personalmente non apprezzo particolarmente, va comunque riconosciuto il ruolo storico di aver costretto le autorità a modificare alcune leggi sull’identità sessuale e, in generale, aumentato i diritti di tutta la comunità LGBTT.

Affermatosi come un ragazzo effeminato nel mondo della musica classica ottomana, esecutore rispettato e considerato, nel 1981 andò in Inghilterra per sottoporsi ad un intervento per cambiare sesso. Tornata in Turchia, richiese l’ufficializzazione della sua nuova identità sessuale, che le fu negata dalla giunta golpista allora al potere. Dopo aver abbandonato il mondo dello spettacolo ed essersi trasferita in Germania, riuscì nel 1988 ad ottenere il riconoscimento formale del suo sesso davanti alla burocrazia, simboleggiato dalla nuova carta d’identità rosa al posto dell’azzurra precedente, con la dicitura “donna” nello spazio riservato al sesso.

Un’ultima domanda, un po’ più privata. Penso che la tua famiglia sia molto legata alle tradizioni religiose, che spesso per le minoranze sono un elemento distintivo della propria identità. E’ stato difficile fare “coming out”? Quali pregiudizi hai dovuto affrontare?

Certamente è stato difficile, come per tutti i gay. Non credo a chi mi racconta che i suoi genitori hanno reagito con indifferenza o addirittura partecipazione positiva a questa rivelazione. Non ci credo perché non è un processo che funziona in questa maniera, neanche nelle società più moderne e meno omofobe.

Nel mio caso, forse, è stato doppiamente difficile. La nostra è una comunità piccolissima, formata ormai da circa 400 persone. Avere figli è l’unica maniera per mantenere in vita la nostra minoranza etnica. Per i miei, accettare che non avrei potuto avere, almeno in Turchia, dei figli biologici è stato forse il passo più doloroso. Questa è quasi un aggravante rispetto alle difficoltà che deve affrontare un gay musulmano. Aggiungo che all’interno di tutte le minoranze l’elemento religioso è molto forte, quasi di più che per i musulmani. Per un islamico turco la religione è qualcosa da “proteggere e osservare”, per noi cristiani o per gli ebrei è un elemento da “proteggere e mantenere in vita”. Potete immaginare, inoltre, come fossero preoccupati della diffusione della notizia all’interno di una comunità così piccola e quanto potessero essere preoccupati per me, conoscendo le difficoltà che bisogna affrontare in questo paese quando si è “diversi”.

Chi è Giacomo Danielli

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