GEORGIA: Dove gli iraniani vanno a divertirsi (in barba alla teocrazia)

Gli iraniani amano viaggiare, ma il passaporto iraniano ostacola la loro passione, poiché gli consente di visitare solo trentasei paesi senza la necessità di dover richiedere  un visto. Per questo motivo, la liberalizzazione dei visti concessa dalla Georgia ai cittadini dell’Iran nel marzo del 2016, ha fatto sì che il paese caucasico diventasse, rapidamente, una delle loro destinazioni turistiche preferite.

Il numero di turisti iraniani che hanno varcato la frontiera della Georgia, è passato dai 61 mila del 2016 ai circa 165 mila nei primi otto mesi di quest’anno. La lingua farsi si è integrata nel paesaggio urbano di Tbilisi; la parlano i viaggiatori di tutte le età che amano passeggiare per i vicoli della città vecchia e la si legge sui muri e sulle insegne dei ristoranti che propongono la cucina georgiana in versione Halal.

Secondo le testimonianze di alcuni turisti di Teheran e di altre città dell’Iran, raccolte a Tbilisi, la Georgia è una meta attraente per la sua vicinanza e per i prezzi economici. Per i giovani, inoltre, il soggiorno nel paese caucasico rappresenta un momento di libertà dalle severe leggi iraniane che vietano il consumo di alcolici, obbligano le donne ad indossare il velo e pongono delle forti restrizioni ai concerti dal vivo.

Turismo musicale

Molti ragazzi vanno in Georgia proprio per assistere alle esibizioni di cantanti cui è vietato suonare in Iran. Grazie all’iniziativa Check In Georgia lanciata l’anno scorso dal governo di Tbilisi, diverse star della musica internazionale hanno, infatti, iniziato a esibirsi nel paese caucasico.

In Georgia suonano anche molti artisti iraniani che hanno abbandonato il paese dopo la rivoluzione del 1979, ma che rimangono popolari in patria. Ad esempio, il cantante Ebi si è esibito a Tbilisi lo scorso agosto, realizzando “il sogno di una vita” di Anahita, una tra gli 11 mila spettatori presenti al concerto.

Un’industria in pieno sviluppo

La crescita del turismo iraniano si inserisce in un contesto in cui l’industria ricettiva gioca un ruolo sempre più importante per l’economia georgiana, avendo contribuito al 6,8% del PIL nel primo quadrimestre di quest’anno. I dati dell’Agenzia nazionale del turismo rilevano che tra i mesi di gennaio e agosto gli ingressi turistici nel paese sono stati poco meno di 2 milioni e mezzo, un incremento del 30% rispetto allo stesso periodo del 2016 e un numero in costante crescita nell’ultimo decennio.

Le località di Batumi e Kobuleti, sulla costa del Mar Nero, sono, da tempo, un’importante ed economica meta di turismo balneare per i vicini armeni e azeri. Al contempo, nei paesi dell’ex blocco comunista, la Georgia eredita, dall’epoca sovietica, la sua fama di meta turistica, testimoniata, tra le altre cose, dalle enormi strutture di ricezione turistica abbandonate (alberghi e sanatori), in città come Borjomi e Tsqaltubo.

La crescita dell’industria turistica si è accentuata nell’ultimo triennio, soprattutto grazie al numero esponenzialmente crescente di turisti russi. Questo dato è interessante se messo in relazione ai pessimi rapporti tra Tbilisi e Mosca come conseguenza della guerra in Ossezia del 2008Exo Kavkaza ha notato come, curiosamente, il boom del turismo russo in Georgia abbia seguito l’annessione della Crimea dall’Ucraina e lo sforzo del Cremlino di rilanciare l’economia della penisola attraverso la promozione del turismo interno.

Lo sviluppo dell’industria ricettiva georgiana è, quindi, legato a stretto giro alla situazione internazionale. La liberazione dei visti per gli iraniani è stata una delle tante conseguenze dell’accordo sul nucleare iraniano del 2016. Conseguentemente, le dure parole di Donald Trump contro l’Iran, nel suo discorso all’Assemblea generale dell’ONU, e le continue tensioni nei rapporti russo-georgiani, suonano come campanelli d’allarme per gli operatori del settore.

Immagine: Aleksej Tilman

Chi è Aleksej Tilman

È nato nel 1991 a Milano dove ha studiato relazioni internazionali all'Università statale. Ha vissuto due anni a Tbilisi, lavorando e specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell'area caucasica all'Università Ivane Javakhishvili. Parla inglese, russo e conosce basi di georgiano e francese.

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