di Giuseppe Mancini
Un fallimento. Si è infatti concluso con un nulla di fatto il vertice di Kazan in Russia – con la mediazione di Medvedev – tra il presidente armeno Sarkisian e il suo omologo azero Aliyev: che avrebbero invece dovuto approvare le linee guida per la risoluzione del conflitto ormai congelato dal 1994, dopo che un armistizio mise fine a 10 anni di gurra guerregiata.
I due presidenti non avrebbero dovuto firmare la pace, solo un documento su come arrivarci: ma dopo anni di trattative e nonostante l’impegno di Francia, Stati Uniti e Russia, neanche questo primo tassello è andato al suo posto. Il Nagorno-Karabakh, enclave armena in territorio azero, rimane occupata dalle truppe di Yerevan e il conflitto potrebbe riaccendersi da un momento all’altro.
Per la Turchia è un duro colpo: perché la completa normalizzazione dei suoi rapporti con l’Armenia – rapidamente arrestatasi dopo la firma dei protocolli di Zurigo nell’ottobre 2009 – è vincolata al raggiungimento di un’intesa tra quest’ultima e l’Azerbaigian, tradizionale alleato – anzi, “paese fratello” – di Ankara.