Il presidente bielorusso ha dichiarato lo scorso 9 marzo la sospensione (almeno fino al 2018) del Decreto n°3 – ovvero della cosiddetta ‘tassa sul parassitismo’. Lukashenko ha inoltre promesso che i cittadini bielorussi che hanno già pagato la tassa per il 2016 verranno rimborsati se trovano un lavoro nel 2017. Dopo le importanti manifestazioni svoltesi a fine febbraio a Minsk e in altre città, il dietrofront di Lukashenko sembrava aver sancito la temporanea vittoria della piazza.
Nonostante ciò, i bielorussi hanno portato avanti le proteste: lo scorso finesettimana tra qualche centinaio ed alcune migliaia di persone si sono radunate nelle città di Maladecna, Pinsk, Orcha, Babruysk, Brest e Rahacov. Il 15 marzo, in occasione del Giorno della libertà – tradizionalmente marcato da manifestazioni degli esponenti dell’opposizione – oltre 2000 persone hanno partecipato ad una nuova “marcia dei non-parassiti” a Minsk.
Inizialmente, il presidente Lukashenko ha tollerato le proteste, limitandosi ad ordinare interrogatori e sanzioni contro 18 partecipanti ad una manifestazione non autorizzata. Ma il tradizionale giro di vite non ha tardato ad arrivare. Secondo Amnesty International, tra il 10 e il 12 marzo scorsi almeno 48 persone sarebbero state arrestate per aver manifestato in maniera pacifica. Ulteriori arresti sono stati effettuati in seguito alle azioni del 15 marzo a Minsk e in altre città, per un totale di 150 persone finite dietro le sbarre dall’inizio delle proteste – secondo quanto riportato da Radio Liberty.
Tra i detenuti c’è anche Pavel Sevyarynets, membro del partito cristiano-democratico, che partecipava alle proteste a Orcha. Dopo i primi processi tenutisi lunedì 13 marzo, numerosi attivisti e manifestanti sono stati condannati a scontare fino a 15 giorni di carcere. Lukashenko ha commentato ripetendo che “in Bielorussia non ci sarà nessun Maidan”. Tuttavia, il numero e la severità delle sanzioni e degli arresti preventivi sono ancora di gran lunga inferiori a quelli messi in atto dopo le grandi proteste post-elettorali del 2010.
E’ importante sottolineare, come l’hanno fatto alcuni osservatori, che le proteste delle ultime settimane in Bielorussia sono spontanee e nate dal basso, non dirette dai leader dell’opposizione, sebbene questi le abbiano rapidamente appoggiate e portate in spalla. E’ la deprivazione economica a spingere i bielorussi, tradizionalmente ‘passivi’, a partecipare alle proteste: i manifestanti sono principalmente persone di mezza età che si lamentano della mancanza di lavoro e di opportunità, indignati da una tassa che li obbliga a pagare per la propria disoccupazione. La natura del conflitto sociale e le recenti tensioni nei rapporti tra Minsk e Mosca sembrerebbero spingere Lukashenko ad agire con cautela nei confronti dei manifestanti: una repressione violenta delle proteste rischierebbe infatti di creare instabilità e di offrire a Mosca un pretesto per intervenire.
Gli arresti e le intimidazioni degli ultimi giorni si saranno rivelati efficaci nel contenere la ribellione del popolo bielorusso? Non secondo quanto dichiarato da Nikolai Statkevic, leader dell’opposizione: egli prevede infatti che la partecipazione popolare aumenterà in maniera significativa nel corso della prossima manifestazione, fissata per il 25 marzo.
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Foto: Radio Free Europe / Radio Liberty