CULTURA: La maschera di Pulcinella secondo Stravinskij e Picasso

I Ballets russes hanno letteralmente segnato la storia del Novecento. Il loro fondatore, Sergej Djaghilev, è stato un geniale impresario teatrale dotato di un eccezionale fiuto artistico. Intorno a lui hanno lavorato e si sono formati nella Parigi d’inizi Novecento alcuni tra i più grandi artisti: Stravinskij, Picasso, Prokofiev, Matisse, Debussy, Nižinskij, De Chirico, Coco Chanel, etc.

Djaghilev intendeva creare un’arte totale dove teatro, danza, musica, pittura e letteratura potessero dialogare in modo moderno e provocatorio. Come organizzatore culturale non temeva lo scandalo: si pensi alla celebre première nel 1913 della Sagra della primavera di Stravinskij, balletto in cui la rivisitazione del folklore russo in una veste violenta e moderna disgustò il pubblico dell’epoca.

Il viaggio in Italia

Nel 1917, in piena guerra, la compagnia di Djaghilev si spostò in tournée a Roma per rappresentare il balletto Le donne di buonumore, un recupero di musiche di Domenico Scarlatti arrangiate da un compositore italiano, Tommasini, su una commedia di Goldoni. In quest’occasione, proprio in Italia, si conobbero Pablo Picasso e Igor Stravinskij. I due artisti visitarono Napoli e rimasero affascinati dalla città, dove assistettero a uno spettacolo di commedia dell’arte dialettale. Non capirono una parola della rappresentazione ma si trovarono concordi nell’entusiasmo verso un’arte “primitiva”, dinamica e popolare e verso una performance scurrile e volgare e – testuali parole – rappresentata in una sala gremita odorante di aglio.

Un balletto su musiche di Pergolesi

Nel 1920 Djaghilev propose a Stravinskij di arrangiare un nuovo recupero di musiche italiane settecentesche e, per esplicita richiesta del compositore, le scene e i costumi sarebbero stati creati da Picasso. Il canovaccio del balletto, incentrato sulla celeberrima maschera di Pulcinella, è un caratteristico plot da commedia dell’arte ed è composto da travestimenti, presunti assassini, resurrezioni scherzose e giochi di seduzione. Il tutto in una cornice leggera e funambolica, un vero e proprio teatro di clown, dove domina la figura di un Pulcinella proteiforme e inarrestabile.

Stravinskij abbandona la musica popolare russa e inizia il primo di una lunga serie di numerosi “travestimenti”. L’appropriazione della musica di Pergolesi è totalmente antiaccademica e cela un inganno. È vero che nessun brano è di Stravinskij ma i pezzi sono completamente riscritti in chiave moderna secondo gli elementi più tipici dello stile dell’autore russo: il ritmo e le sonorità degli strumenti. Quello di Stravinskij non è un semplice adattamento di materiale altrui: la tecnica non è molto dissimile dall’artigianato artistico di Picasso nei suoi collage, rendendo Pulcinella un lavoro pienamente novecentesco.

Clown apparentemente leggeri

In Pulcinella la successione di piccoli pezzi si snoda in un flusso continuo e inesorabile. La musica si presenta come un congegno autonomo senza mostrare alcuna partecipazione emotiva alle vicende dei burattini che danzano sul palco: persino le arie in italiano e napoletano cantate nel corso del balletto non creano nessun legame con la scena. L’orchestra è indifferente ai gesti e alle passioni dei personaggi, individuando nelle forme musicali e nelle sonorità straniate i veri protagonisti dell’opera.

La dimensione primitiva e “barbara” della commedia napoletana, quasi meccanica nella sua essenzialità, è esaltata dalla fredda e inquietante brillantezza della musica di Stravinskij. Dopo gli orrori della Grande Guerra, questo inaspettato ritorno al passato non poteva che essere profondamente conturbante: la musica di Stravinskij ripropone il distacco leggero e amorale della commedia settecentesca, con i suoi travestimenti ambigui, mettendone in risalto quello scetticismo di fondo per cui l’arte non può nulla contro lo sprofondare della civiltà europea nella tragedia.

Chi è Federico Donatiello

Sono nato a Padova nel 1986, città in cui mi sono laureato in Letteratura medievale. Sono dottore di ricerca sempre a Padova con una tesi di storia della lingua e della letteratura romena. Attualmente sono assegnista di ricerca a Padova e docente di letteratura romena a "Ca' Foscari" a Venezia. Mi occupo anche di traduzioni letterarie e di storia dell'opera italiana.

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