MACEDONIA: La crisi della giustizia, dell’equità e della tutela delle minoranze

La contestata vittoria di Nikola Gruevski alle elezioni parlamentari, alla guida della coalizione capeggiata dal VMRO-DPMNE, a cui è seguita di pochi giorni la vittoria alle presidenziali di Djordje Ivanov, ha acuito la sensazione che in Macedonia il potere politico fosse l’unica cosa che conta, giacché con esso si possono prevaricare alcuni istituti democratici.
Le elezioni hanno lasciato il fianco scoperto a critiche pervenute, in seguito si vedrà a ragione, dal leader del Partito socialdemocratico (SDSM), Zoran Zaev. Quest’ultimo da leader dell’opposizione ha segnalato brogli elettorali e manovre, effettuate dal team di Gruevski, che non si confacevano a una normale dialettica democratica.

Accuse di questo tipo, se rivolte fra diversi partiti, rientrano nella normale ars oratoria politica che getta discredito sulla controparte per aumentare il proprio prestigio. Se questo è vero all’interno del “dibattito” politico, non si può dire lo stesso quando le critiche al governo arrivano da una parte della società civile che merita tutele ulteriori e particolari.

Gli albanesi in Macedonia sono circa il 18% della popolazione. Gli avvenimenti degli ultimi anni, senza collegarli agli sconvolgimenti del mondo musulmano, hanno palesato come nonostante l’albanese sia una lingua ufficiale nei comuni in cui viene parlata dalla maggior parte della popolazione, la normalizzazione dei rapporti non ha fatto grossi passi avanti dal conflitto interno del 2001.

Nell’aprile del 2012 l’omicidio di cinque persone, trovate nei pressi del lago Smilkovci, ha acuito le tensioni latenti fra i due gruppi etnici. La notizia è stata gestita in maniera frivola dalle emittenti locali (forse in seguito agli attacchi che alcuni furgoni per le riprese televisive sono state attaccate dagli abitanti del vicino villaggio di Radisani, da cui provenivano alcune delle vittime) e anche dal governo, il quale, anziché calmare le acque, dichiarò che il pluriomicidio fosse atto unicamente a destabilizzare il lento processo di integrazione della minoranza albanese della Macedonia (senza che la polizia avesse ancora degli indagati e un’idea del movente).

Questo omicidio ha scoperchiato il vaso di Pandora, sebbene già a gennaio e febbraio ci fossero stati scontri di natura etnica, in cui morirono due albanesi. I cinque trovati morti nei pressi del lago sono sembrati sin da subito opera di albanesi, e questo ha causato violente proteste anti-shqipetare. La risposta della minoranza albanese non si è fatta attendere, giacché vennero organizzati cortei di protesta nella capitale, destando non poca preoccupazione nei media occidentali per l’infiltrazione nelle proteste di fondamentalisti islamici sventolanti la bandiera nera della jihad.

La situazione è rimasta silente fino al luglio del 2014, dal momento che i sei albanesi indagati per il pluriomicidio sono stati condannati all’ergastolo. Una sentenza contestata già al momento della pronuncia, che ha gettato ombre sul sistema giudiziario macedone, colpevole di giustizialismo sensazionalistico nei confronti della minoranza albanese. Il leitmotiv delle proteste accusava di discriminazione non solo la sentenza in sé ma anche il governo e nello specifico il ministro dell’Interno Gordana Jankulovska, accusata di aver personalmente manomesso le prove utili al processo. Le proteste che ne sono seguite hanno coinvolto un alto numero di albanesi, e sono state soppresse dalla polizia in tenuta antisommossa.

Le proteste, formate da alcuni gruppi diversi per intenti, hanno mostrato una divisione all’interno della stessa minoranza albanese, palesata ancora di più dallo scontro delle proprie rappresentanze politiche dell’Unione democratica per l’integrazione (B03I) di Ali Ahmeti, e del Partito democratico degli Albanesi (PDSH) di Menduh Taçi. Il Parlamento di Skopje li ha visti dapprima affrontarsi verbalmente, e in seguito, durante una seduta, venendo alle mani.

Chi è Gianluca Samà

Romano, classe 1988, approda a East Journal nel novembre del 2014. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi Roma Tre con una tesi sulle guerre jugoslave. Appassionato di musica, calcio e Balcani.

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