Nonostante l’entusiasmo post-elettorale e il controllo da parte delle forze uscite vittoriose da Maidan della maggioranza della nuova Verkhovna Rada, la nascita del nuovo governo è stata piuttosto travagliata. La grande coalizione, composta dai cinque partiti volgarmente identificabili come patriottici e filo-occidentali (Blocco Petro Poroshenko del Presidente, Fronte nazionale di Yatseniuk, Patria di Yulia Tymoshenko, Partito Radicale di Lyashko e Samopomich del sindaco di L’viv Andriy Sadovyi) ha incontrato sostanziali difficoltà ancor prima di iniziare ad affrontare le riforme necessarie e promesse sia all’elettorato sia ai partner europei. Se la riconferma di Arseney Yatseniuk come primo ministro era piuttosto scontata, considerando il sorprendente risultato elettorale del Fronte nazionale, la formazione del nuovo governo sostenuto in ultima istanza da 288 voti, ha visto andare in scena un complicato braccio di ferro tra le varie forze politiche.
Voto al buio
Numerose perplessità e critiche da parte delle deboli forze di opposizione e di alcuni deputati governativi sono state sollevate dalla modalità scelta dalla coalizione per il voto di fiducia al nuovo governo. Il pacchetto con i nomi dei ministri è stato concordato e presentato alla Verkhovna Rada solamente qualche ora prima della votazione. Questo ha impedito ai deputati di conoscere i programmi dei ministri designati e di proporre, eventualmente, candidature alternative.
Il parlamento, inoltre, è stato posto di fronte alla conferma dell’intero pacchetto proposto dalla coalizione e impossibilitato di discutere e votare in favore dei singoli ministri [stessa procedura seguita per il governo italiano e per la Commissione europea, ndr].
“L’informazione sui ministri ci è giunta appena qualche minuto prima della prima votazione. In pratica il parlamento ha dovuto votare in favore di persone delle quali è venuto a conoscenza solo qualche ora prima. Senza alcun dibattito pubblico. A cosa serve allora il Parlamento?” ha tuonato Igor Lutsenko di Patria. Un’opinione simile l’ha espressa il portavoce di Samopomich dopo aver chiesto inutilmente ai partner la possibilità di votare separatamente per i singoli Ministri, in modo da “non mettere sin dall’inizio una croce sulla cultura parlamentare e sul suo regolamento”.
Secondo le testimonianze di alcuni deputati riportate da Ukrainska Pravda, nelle ore precedenti al voto si è tenuto un duro confronto a porte chiuse tra i rappresentanti delle cinque fazioni della coalizione. Numerosi ministri sono stati concordati proprio in quell’occasione grazie ad un passo indietro di alcune forze politiche in un estremo tentativo di “preservare la coalizione e di votare il nuovo governo” in tempi accettabili, come ha poi rimarcato Aleksandr Turchinov.
Alcuni politologi a Kiev hanno sottolineato come le dubbie modalità di voto e la difficoltà nel trovare un compromesso nella definizione del nuovo Consiglio dei Ministri hanno avuto l’effetto di mettere in evidenza la disomogenea composizione della coalizione nel suo insieme e l’assenza di una visione condivisa persino all’interno dei singoli partiti.
Posti chiave a ministri “stranieri”
Un aspro confronto è stato provocato anche dall’assegnazione di posti ministeriali a “cittadini stranieri”. L’iniziale dibattito sull’argomento si è trasformato in scontro politico quando il presidente, in via del tutto eccezionale e scavalcando le usuali procedure del caso, ha ufficialmente concesso la cittadinanza ucraina (appena qualche giorno prima del voto) a Aivaras Abromavicius, Natalie Jaresko e Aleksandre Kvitashvili.
Il ministero delle finanze, un posto cruciale considerando la situazione economica del paese e la crescente insoddisfazione da parte del Fondo Monetario Internazionale per l’assenza delle riforme richieste, è stato affidato a Natalie Jaresko, cittadina americana di origine ucraina, laureata in Public Policy alla Kennedy School of Government. Nella parte iniziale della sua carriera la Jaresko ha ricoperto vari ruoli all’interno del Dipartimento di Stato Americano. Dal 1992 vive a Kiev, prima come dipendente della sezione economica presso l’Ambasciata americana e poi come amministratrice di una società (Western NIS Enterprise Fund) impegnata nel collocamento dei fondi governativi USA in Ucraina e Moldavia. Tra il 2005 e il 2010 ha fatto inoltre parte del Consiglio Consultivo per gli Investimenti Esteri del Presidente Viktor Yushenko.
Il ministero del commercio e dello sviluppo economico è stato affidato, invece, a Aivaras Abromavicius, cittadino lituano che nella sua carriera ha ricoperto importanti posizioni all’interno del sistema bancario. Laureato in Business Internazionale presso la Concordia University del Wisconsin, negli anni novanta ha lavorato per Hansabank e Swedbank group, principali istituti bancari operanti nei paesi baltici. Dal 2002 è entrato a far parte di East Capital, fondo d’investimenti specializzato nei mercati emergenti e nella regione est-europea. Sposato con una donna ucraina vive da alcuni anni a Kiev.
L’unico dei “ministri stranieri” che nel passato ha ricoperto ruoli governativi è invece il georgiano Aleksandre Kvitashvili, che tra il 2008 e il 2010 è stato ministro del lavoro e della salute sotto la presidenza di Saakashvili in Georgia. Il nuovo ministro della sanità di Poroshenko è laureato in Storia a Tbilisi e specializzato in Public Management presso la Wagner Graduate School of Public Service in New York. Dopo la breve parentesi governativa in Georgia, Kvitashvili ha assunto l’incarico di rettore dell’Università Statale di Tbilisi.
Le ragioni principali di questa discussa scelta appaiono evidenti. Il nuovo governo ha voluto mostrare un’immagine di rinnovamento continuando simbolicamente il suo percorso di avvicinamento all’Europa. L’ingresso nelle strutture governative di personalità meno legate al sistema politico del paese rappresenta anche, almeno in via teorica, un segnale per la lotta contro la corruzione, una delle principali piaghe dell’Ucraina post-sovietica.
Non mancano però dubbi e perplessità. In primo luogo a parte il ministro della sanità né Natalie Jaresko né Aivaras Abromavicius hanno esperienza politico-governativa. Esperienza che sembra essere molto importante considerando l’ambizione delle riforme che dovranno perseguire lavorando all’interno del complesso e obsoleto apparato politico ucraino. Guidare un fondo d’investimento è sicuramente tutt’altra cosa rispetto alla gestione di ministeri chiave in una situazione politico-economica disastrosa come quella che attualmente affligge l’Ucraina.
La nomina di Jaresko, Abromavicius e Kvitashvili viene vista da alcuni analisti, inoltre, come una scelta in ottica piuttosto di breve termine, volta ad accontentare simbolicamente le pressioni del FMI e di altri istituti occidentali per accedere ad ulteriori prestiti, da mesi promessi ma sempre rinviati. La decisione, promossa con forza dal Blocco di Petro Poroshenko, ha lasciato anche alcune scorie nei rapporti all’interno della coalizione ed è stata particolarmente difficile da digerire per il Fronte Nazionale e il Partito Radicale.
All’insegna della continuità
La tanto agognata rottura con il passato, dopo il periodo di transizione post-Maidan, ha sostanzialmente lasciato spazio alle manovre politiche della coalizione. Molti dei ministeri più influenti sono ancora controllati dalle stesse personalità, sapientemente distribuiti tra il Fronte Nazionale e il Blocco di Petro Poroshenko. Il tanto discusso Arsen Avakov (FN) ha mantenuto la sua posizione a capo del ministero degli interni, Pavel Petrenko (FN) di quello della giustizia e Pavel Klimkin (BPP) è rimasto ministro degli esteri. Stesso discorso per il primo comandante della Guardia Nazionale e poi ministro della difesa Stepan Poltorak (BPP) e per il ministro dell’educazione Sergey Kvit (BPP).
Nonostante l’ingresso di volti nuovi in posti di secondo livello (e spesso in quota ai partiti di minoranza all’interno della coalizione), il nuovo governo rimane caratterizzato da vecchie conoscenze della politica ucraina come Viachislav Kirilenko (FN) vice-premier e ministro della cultura, in Parlamento dal 1998 e più volte ministro durante la presidenza di Yushenko, e il secondo vice-premier Valeriy Voschevskiy promosso dal Partito Radicale. Proprio la nomina di Voschevskiy (che ha alle spalle diversi ruoli ministeriali sotto Kuchma, Yushenko e Yanukovich) e il suo passato non del tutto trasparente, ha provocato il maggiore disappunto tra l’opinione pubblica e lungo i corridoi della Verkhovna Rada.
Paradossalmente la principale novità è stata la creazione di un nuovo ministero, quello dell’informazione, avvenuta senza alcun tipo di dibattito parlamentare e senza che i deputati venissero informati sulle sue reali competenze. Yuri Stec, fidato collaboratore e dirigente del canale televisivo del Presidente (Canale5), è diventato così il ministro più discusso, le cui competenze e budget rimangono ancora tutte da definire.
Il rinnovato braccio di ferro
Il nuovo governo più che della volontà di un vero rinnovamento sembra per ora il frutto della partita a scacchi, iniziata l’estate scorsa, tra le principali personalità che si sono affermate nel periodo post-Yanukovich. Il partito del presidente e quello del primo ministro stanno combattendo sotto traccia la loro battaglia per il potere e sembrano avere visioni contrapposte non solo sull’andamento delle necessarie riforme, ma anche sul futuro del Donbass. Se Poroshenko appare consapevole dell’impossibilità di risolvere la situazione nel sud-est del paese attraverso l’azione militare, il Fronte Nazionale di Yatseniuk sostiene un confronto più duro con Mosca e con i separatisti. Lo sgretolamento della coalizione arancione lungo l’asse Yushenko-Timoschenko sembra un parallelismo per ora troppo azzardato, ma i colpi bassi tra il Presidente e il Primo Ministro non sono mancati in questi ultimi mesi.
In attesa di riforme ecco il nuovo piano di governo
Oltre alle proprie contraddizioni interne, la Verkhovna Rada dovrà lottare, però, anche contro l’orologio. Il tempo per iniziare a mettere in piedi le riforme strutturali è limitato e molto è stato già perso per formare il nuovo consiglio dei ministri.
Nel piano di governo proposto da Yatseniuk i temi in grassetto sono quelli legati alla politica estera. L’abbandono dello status di paese non allineato, l’aumento della spesa militare (fino al 5% del PIL), l’avvicinamento alle strutture della NATO e la riforma dell’apparato militare sembrano avere la priorità. Poco di concreto viene detto sull’attuazione delle leggi anti-corruzione e sull’effettivo svolgimento dell’ambiziosa e ancora poco chiara “lustrazione” degli organi governativi.
Sul piano economico l’obiettivo principale è quello di abbattere la spesa pubblica del 10% e di favorire lo sviluppo delle piccole-medie imprese tramite la semplificazione del sistema fiscale, ma anche in questo caso poco viene detto su come il nuovo governo ha intenzione di reagire alla crisi economico-finanziaria per evitare il default e limitare i costi sociali a carico della popolazione.
In ogni modo l’opposizione parlamentare nei numeri è praticamente assente e la partita per il futuro dell’Ucraina si giocherà all’interno dell’instabile coalizione. I prossimi mesi ci diranno se il nuovo potere sarà in grado di affrontare il gravoso compito finora rimandato intraprendendo, finalmente, la strada delle riforme strutturali necessarie per allontanare il paese dalla più profonda crisi politica, economica e militare che l’Ucraina abbia mai conosciuto. Intanto, a un anno di distanza dagli eventi di Maidan, poco sembra essere davvero cambiato a parte la fazione politica che detiene il controllo del Parlamento.
Grazie per questo articolo Oleksiy, meglio di quel (poco) che c’e’ sui mainstream media italiani.
Nella regione di Donets’k, i terroristi continuano ad aprire il fuoco contro le abitazioni civili, causando la morte di persone innocenti, tra cui molti bambini, – ha detto il capo della direzione regionale del Ministero degli Affari Interni Vyacheslav Abros’kin
La Russia sta cinicamente utilizzando il Donbas come poligono per la prova di nuove armi. – Sono in corso delle prove dei nuovi complessi di intelligence radioelettronica, così come di armi da tiro e armi pesanti.
Dire che in Ucraina sia cambiato poco mi pare un po’ eccessivo…E’ stata rimossa dal potere una ramificata cosca mafiosa. non mi sembra poco…Il fatto che fossero pero’ gli uomini di Mosca ha provocato tutto cio’ che vediamo…
Caro Giovanni,
E’ vero, la frase a prima vista potrebbe apparire inadatta. Una cosca mafiosa è stata rimossa, verissimo. Il problema ora però, al di là del facile entusiasmo iniziale, è quello di cercare di comprendere da chi e come sia stata sostituita. Il pericolo paradossale è quello di assistere ad una semplice riconfigurazione nella gerarchia del potere e degli interessi, senza che il sistema sia davvero mutato.
Trovo riduttivo,inoltre, considerare Yanukovich come semplice uomo di Mosca (sarebbe come affermare che Yatseniuk sia solo un uomo di Washington o del FMI) e identificare in questo tutte le cause della disastrosa situazione che si è andata a creare in Ucraina. Sia ben chiaro, questo senza sminuire gli interessi geopolitici del Cremlino e la sua azione politica negli ultimi mesi, ma credo purtroppo che le cause siano molto più profonde e complesse e proprio per questo una soluzione al conflitto ancora più difficile da trovare.