di Giovanni Catelli
“Sono solo un poeta, un radar sotto i tigli. Non sta a me rispondere. Io domando.”
Jan Skacel è uno dei più grandi poeti cechi del novecento, e si può salutare con gioia
la pubblicazione della sua prima antologia in lingua italiana, presso le Edizioni Metauro, a cura di Annalisa Cosentino : sinora era disponibile solo una piccola raccolta tradotta nell’ottantuno da Sylvie Richterova, e qualche traduzione su periodici e in volumi miscellanei (un piccolo rammarico deriva dall’assenza qui della magnifica “Poesia che rifiuta di avere un titolo”). La poesia di Skacel si leva dal silenzio, dall’attenzione mite, indifesa, alla vita delle cose, dalla meraviglia di fronte ai cicli delle stagioni, dalla consapevolezza della fragilità umana : la qualità pittorica dei suoi versi s’unisce a uno spiccato gusto surrealista, per giungere ad una essenzialità e naturalezza espressiva stupefacenti. A lungo direttore della preziosa rivista “Host do domu” negli anni ’60, pur senza aver mai cercato posizioni di rilievo, s’immerge dopo il ’68 nell’ ”esilio interno”, restando a Brno e rifiutando vantaggiose offerte provenienti dalla Germania ; nel 1989 riceve all’estero gli importanti premi Petrarca e Vilenica, e , rientrato in patria, muore, ironia della sorte, a pochi giorni dalla caduta del regime. Autore al di là della propria epoca, assorto nel comprendere la condizione umana, e quindi sostanzialmente invulnerabile a censure e periodi di oppressione, è in grado come pochissimi di lasciare un segno nel lettore, giungendo al cuore della realtà con sintesi fulminee, sincero e meraviglioso stupore di fronte alle cose : “e tu che non vuoi scagliare pietre / sii come la pietra dentro il cuore / altrettanto pietoso mai finora / pietra ha scagliato pietra.”
Un commento
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