di Anna Costante
Con l’avvio della Belt and Road Initiative, progetto di carattere economico ma dallo scopo geopolitico, Pechino ha dato il via alla piattaforma “17 + 1”. Lanciata nel 2012 e sostenuta da alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale, quest’iniziativa rappresenta un nuovo progetto strategico di Xi Jinping, con il quale Pechino mira a espandere il proprio soft power nel continente europeo, instaurando una cooperazione con paesi particolarmente fragili dal punto di vista democratico.
Lituania: il piccolo stato baltico contro la grande potenza cinese
Sebbene siano diversi i paesi che cooperano economicamente con la Cina, politicamente e ideologicamente sono in molti a vedere Pechino come un “nemico del sistema”. Uno di questi paesi – che dista chilometri dalla Cina non solo geograficamente, ma anche in termini di obiettivi economici e commerciali – è la Lituania. Il più meridionale dei paesi baltici è emerso negli ultimi mesi come uno dei principali attori, posizionandosi nettamente contro la Cina.
La Cina ha sottovalutato gli stati baltici, i quali, con l’ingresso nell’Unione Europea nel 2004, hanno consolidato sempre di più i loro rapporti diplomatici ed economici con il blocco euro-atlantico. Un primo segnale di rottura della cooperazione “17+1” si è manifestato lo scorso febbraio, quando Estonia, Lettonia, e Lituania, unitamente a Romania, Slovenia e Bulgaria hanno deciso di non partecipare al Summit of China and Central and Eastern European Countries (CEECs) con il leader cinese Xi Jinping. I paesi dell’Europa centrale e orientale hanno inviato un messaggio forte e chiaro alla Cina: dissociarsi pian piano dai rapporti economici con la grande potenza cinese.
Infatti, proprio la Lituania, guidata da un nuovo governo di coalizione di centro destra con due partiti liberali, nel novembre 2020 ha sottolineato di seguire una politica estera basata sui valori democratici; è stata la prima nazione ad annunciare il ritiro dalla piattaforma “17+1”, non solo a causa dello scopo divisivo di quest’ultima, ma anche per la violazione dei diritti umani da parte del governo cinese verso la popolazione uigura nella regione autonoma dello Xinjiang.
Già prima che la Lituania avesse aderito all’UE e alla NATO nel 2004, Vilnius ha sempre sostenuto gli interessi statunitensi in Europa e nel mondo. Ne sono un esempio la partnership con la NATO in Afghanistan o la partecipazione attiva alla “coalition of the willing”, che ha sostenuto politicamente e militarmente la guerra in Iraq guidata da Washington. La Lituania è anche una pioniera nelle posizioni filo-atlantiche in materia di politica energetica, spesso rivolte contro la Russia. Ne è un esempio il rifiuto da parte del governo lituano alla costruzione del gasdotto Nord Stream 2.
Taiwan: la goccia che ha fatto traboccare il vaso
Dopo l’uscita dalla piattaforma “17+1”, i rapporti tra Lituania e Cina sono diventati sempre più “caldi”. Un evento in particolare ne ha scaturito l’escalation: l’annuncio dell’apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan a Vilnius. Iniziativa che rappresenta la volontà di progresso ed espansione nelle relazioni bilaterali tra l’UE e Taiwan, ma che non si riduce solo alla presenza asiatica in Europa: il governo lituano ha l’obiettivo di aprire una rappresentanza commerciale a Taiwan per espandere la propria diplomazia economica in Asia. Inoltre, con l’avvento della pandemia COVID-19, la Lituania ha utilizzato il proprio soft power donando a Taipei 20.000 dosi di vaccino AstraZeneca, mostrando piena solidarietà al piccolo stato democratico asiatico.
La Cina non ha visto di buon occhio l’iniziativa dello stato baltico, definendola una violazione delle relazioni diplomatiche tra Cina e Lituania che minaccia gravemente la sovranità e l’integrità territoriale della Cina. Non poteva mancare la risposta dello stato cinese, che ha richiamato l’ambasciatore dalla Lituania e ha invitato Vilnius a fare lo stesso.
Un piccolo stato membro dell’Unione Europea ha messo in piena allerta una grande potenza globale, colpendo al suo tallone d’achille con un’arma ben precisa: la democrazia. D’altronde, il paese baltico sta dando prova di solidarietà a Taiwan, che ha come vicino un nemico storico molto grande e potente, la Cina. La posizione di Vilnius è molto simile a quella di Taipei, in quanto ha come vicino la Russia, acerrimo nemico.
Come censurare la democrazia: il caso Xiaomi
Le tensioni tra Lituania e Cina non riguardano solo l’ambito diplomatico ma anche il settore tecnologico e la cybersecurity. Il mese scorso, dopo una segnalazione del National Cyber Security Center sulla capacità dei dispositivi cinesi di censurare termini come “democrazia” o qualsiasi altra frase che non rispecchi i valori cinesi, il ministro della Difesa lituano ha consigliato alla popolazione di non acquistare cellulari da brand cinesi come Xiaomi e Huawei. Negli ultimi anni, i conflitti sul 5G e sul trattamento dati personali hanno intensificato le ostilità contro il grande colosso tecnologico cinese.
La lotta democratica della Lituania contro le grandi potenze
Con il susseguirsi di questi eventi, il giornale cinese Global Times ha affermato che Russia e Cina coopereranno insieme per riscattarsi contro la Lituania. Le due grandi potenze hanno l’obiettivo di mettere in allerta anche l’acerrimo nemico atlantico, considerandolo una minaccia che vuole entrare nei loro affari interni.
Le politiche di Cina e Russia contro la Lituania dimostrano quanto i “grandi” siano potenzialmente vulnerabili nei confronti di paesi piccoli. Mentre anche la propaganda dello stato bielorusso prende in giro il comportamento di Vilnius nei confronti del “fratello cinese”, le politiche tenaci di Cina e Russia nei confronti della Lituania mostrano la mancanza di resilienza dei grandi davanti a un piccolo paese democratico.
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