La prima è la storia di Darko, giovane di Novi Beograd, preso una notte all’uscita da un bar e trasformato in cecchino per la conquista serba della Krajina. Un supplemento di naja, per lui che già aveva svolto il servizio militare per l’esercito federale jugoslavo, allo scopo di farne non solo un soldato ma un soldato serbo. Dopo il periodo di addestramento viene trasportato in Krajina, al fronte.
di Luca Rastello
Al centro di addestramento Darko si era portato persino i libri dell’università. Ora, in Slavonia, era chiaro che non gli servivano più. L’estate del ’91 finiva bene, sì. Non pioveva mai. Lui si era messo in mostra per la precisione del tiro con le armi portatili e gli avevano proposto un addestramento particolare, che avrebbe fatto di lui uno specialista nel tiro. Era anche un modo per sottrarsi alle corvée, ai turni di guardia, alle fatiche più squallide della vita militare. “Snajperista” era la parola che gli stavano cucendo addosso, sinonimo di soldato d’élite. Uno, fra l’altro, che ben difficilmente avrebbe dovuto affrontare la bolgia selvaggia del combattimento di fanteria […]
“Snajperista”: all’inizio sembrava un mestiere, un incarico dotato di senso. Lui avrebbe aperto la strada ai suoi compagni. Lui avrebbe protetto quelli che correvano nel fango, lui era la prevenzione. Sembrava un lavoro.
Poi erano cominciati ad arrivare i carichi. Autocarri carichi di gambe e di braccia, ma niente più domande. Uno lo conosceva, si chiamava Zoran, un ungherese di Novi Sad*. Lo avevano aperto con armi da taglio, dall’inguine alla pappagorgia. Se ti ammazzano perché sei un serbo, se ti squartano perché sei un serbo, allora serbo diventi. Zoran, l’ungherese, lo avevano ammazzato perché era un serbo.
Di giorno si andava nei villaggi, puzza di cadaveri, montagnole fatte di membra umane, quelli li avevano fatti a pezzi, non volevano serbi nella loro nuova, pulita, chirurgica Croazia. Quelli si annidavano nei villaggi, con denti lucidi e i coltelli pronti, affamati di carne serba. Darko, per la prima volta, era un serbo.
Non era per Milosevic adesso, o per le belle frasi dei generali e dei pope, era per Zoran l’ungherese, aperto da sotto in su perché era serbo. Era per paura
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pagg. 21-23. Capitolo I°, “Un cecchino”
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* Novi Sad, capoluogo della Vojvodina, regione jugoslava multietnica oggi amministrata da Belgrado. A causa della presenza di sei comunità linguistiche ha lo status di regione autonoma
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