POLONIA: La sentenza della corte tedesca come arma contro Bruxelles

La sentenza della Corte costituzionale tedesca del 5 maggio sul Quantitative Easing (QE) della Banca Centrale Europea (BCE) sta avendo ripercussioni che vanno oltre il campo economico, in particolare in Europa centrale.

La sentenza

La Corte ha respinto un ricorso presentato da privati cittadini contro il programma di Quantitative Easing iniziato da Mario Draghi durante la sua presidenza alla BCE. Lo schema, basato sull’acquisto da parte della BCE di titoli di debito pubblici e privati, è stato a lungo osteggiato dall’opinione pubblica in Germania, visto come uno spreco di denaro dei contribuenti tedeschi, ma il governo di Berlino ha tuttavia sostenuto il piano nel corso degli anni.

La sentenza di qualche settimana fa, pur accettando il QE, ha sostenuto che la Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha fornito sentenze “incomprensibili” e ultra vires, cioè oltre il proprio mandato, sull’operato della BCE. La corte ha chiesto alla BCE di fornirle le motivazioni delle proprie azioni, ponendosi, di fatto, al disopra dell’autorità della Corte europea.

Non è la prima volta che la Corte costituzionale tedesca limita la supremazia della CGUE. La corte aveva mantenuto per sé il diritto di rivedere le sentenze della CGUE e nel 2009 aveva accettato il Trattato di Lisbona ribadendo tuttavia che il parlamento tedesco sarebbe rimasto sovrano.

Gli effetti in Europa centrale

La sentenza è un colpo pesante per il governo di Berlino, preoccupato che essa possa danneggiare la tenuta del nuovo programma di aiuti per l’emergenza Coronavirus e la coesione dell’Unione, ma è stata vista molto positivamente in Polonia e Ungheria, dove viene interpretata come un’affermazione della supremazia delle corti locali sulla CGUE e sulla legge europea.

Il viceministro della giustizia polacco, Sebastian Kaleta, ha sostenuto che la sentenza tedesca “conferma la posizione della Polonia nella disputa con la Commissione europea”. Secondo Kaleta, “la Germania difende la sua sovranità” e la Polonia può fare altrettanto, poiché la legge nazionale è “superiore” a quella europea.

Le dichiarazioni del viceministro polacco arrivano dopo l’ennesimo scontro fra Bruxelles e Varsavia sulla riforma della giustizia, accusata di aver portato la magistratura sotto il controllo dell’esecutivo. A fine aprile è arrivata una procedura d’infrazione, alla quale Kaleta aveva risposto suggerendo che la CGUE avesse travalicato i limiti del proprio mandato e che la Polonia, in virtù di precedenti sentenze della corte costituzionale tedesca, potesse rifiutarsi di ubbidire.

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha insistito sullo stesso punto, equiparando le opinioni della corte costituzionale polacca e di quella tedesca, sostenendo che entrambe affermano la supremazia della legge nazionale; ha inoltre aggiunto che la CGUE “non ha poteri illimitati”.

In realtà il presidente della Corte costituzionale tedesca ha rigettato il paragone, definendo la presidente della corte polacca “un pupazzo” che “non può più essere preso seriamente”. Ha inoltre rifiutato l’idea che la sentenza venga letta come una legittimazione della supremazia della legge nazionale su quella europea, sostenendo che la corte tedesca può agire solo nel caso estremo in cui la CGUE operi ultra vires.

Ma è forse troppo tardi per impedirlo. Anche da Budapest sono arrivate voci soddisfatte per la sentenza. La ministra della giustizia, Judit Varga, ha salutato la pronuncia come una conferma della sovranità dei paesi, mentre Gergely Gulyás, membro di spicco del partito di governo Fidesz, ha dichiarato che si tratta di una vittoria per gli stati sovrani. Il governo ungherese è a sua volta impegnato in un annoso braccio di ferro con Bruxelles, che lo accusa di aver smantellato lo stato di diritto nel paese.

Prospettive future

La sentenza potrebbe diventare un modello per i governi in lotta con Bruxelles per svincolarsi dallo scrutinio della CGUE, soprattutto su temi controversi come lo stato di diritto e la qualità della democrazia. La Corte ha risposto alla sfida tedesca riaffermando di essere l’unica istituzione abilitata a giudicare se un organo UE abbia violato o meno la legge dell’Unione.

Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha ammesso che la Commissione potrebbe iniziare una procedura d’infrazione contro la Germania e ha ribadito che solamente la CGUE ha l’ultima parola in materia di legge europea, dal cui primato dipende la sopravvivenza dell’intera Unione.

Alcuni analisti mantengono una prospettiva positiva sui futuri sviluppi della questione. Lo shock di questa sentenza potrebbe risvegliare dal torpore alcuni governi europei, in primis quello tedesco, e convincerli della necessità di superare lo status quo e impegnarsi maggiormente per il rafforzamento dell’Unione, al fine ultimo di impedirne lo sgretolamento. Solo con il tempo si potrà capire se da questa sentenza l’UE si muoverà verso una maggiore integrazione o se procederà, invece, in senso opposto.

Foto: AP Images

Chi è Massimo Gordini

Studente all'Università di Bologna, ho vissuto a Cracovia, Mosca, San Pietroburgo e Stati Uniti per vari scambi. Curioso di tutto ciò che riguarda l'Europa centrale e orientale, per East Journal mi occupo soprattutto di Polonia.

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