UCRAINA: Tymošenko punta alla presidenza. Candidata del Cremlino o speranza per il paese?

Julija Tymošenko non molla. Una delle figure più complesse della politica ucraina post-indipendenza non sembra voler uscire di scena e lancia ufficialmente la lunga campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali in programma per marzo 2019. Paradossalmente le sue possibilità non sembrano così remote, anche se l’attuale presidente, Petro Porošenko, non appare disposto ad abbandonare la partita prima del tempo. Le prossime elezioni rappresentano, infatti, uno snodo cruciale per il futuro del paese.

Julija, ancora?

La Tymošenko è probabilmente la personalità  politica ucraina più famosa all’estero. Ma oltre all’immagine di eroina dalla treccia bionda nei giorni della cosiddetta “rivoluzione arancione” e di prigioniera politica dell’ex presidente Janukovyč, alla Tymošenko non mancano i propri scheletri nell’armadio, ben noti, da anni. Del suo torbido passato – tra rapporti opachi con il presidente-padrone dell’Ucraina negli anni ’90, Leonid Kučma, i miliardi guadagnati sull’importazione di gas dalla Russia e il suo ruolo attivo nella guerra tra clan di oligarchi – abbiamo più volte parlato. I suoi rapporti d’affari con l’ex oligarca Pavel Lazarenko, arrestato e condannato negli Stati Uniti per corruzione, riciclaggio di denaro sporco ed estorsione nel 2006, sono ben noti, in Ucraina e all’estero. Cosi come il famoso accordo per l’importazione di gas russo, firmato con Putin alle spalle dell’allora presidente Viktor Juščenko nel 2009, che ha acceso una questione lunga anni presso il tribunale arbitrale di Stoccolma.

Meno noto è invece l’accordo segreto, rinvenuto solo nel 2014, che Tymošenko avrebbe siglato nel 2009 con il suo futuro carceriere, il tanto odiato Viktor Janukovyč. Dai documenti ritrovati nella residenza del fuggitivo presidente e pubblicati ancora nel 2014 da Ukraïns’ka Pravda, infatti, emerge un quadro complesso, che sottolinea, se ancora ce ne fosse bisogno, la sete di potere di Julija la passionaria. Il presunto accordo prevedeva un matrimonio segreto tra il Partito delle regioni (PdR) di Janukovyč e il Blocco Julija Tymošenko (BJT), i quali avrebbero dovuto sostenere tacitamente l’un l’altro in parlamento in modo da far cadere il governo e avviare la procedura di impeachment nei confronti dell’allora presidente Viktor Juščenko, alleato di Tymošenko durante la rivoluzione arancione. Il documento, piuttosto dettagliato, definiva poi la spartizione dei poteri tra Tymošenko e Janukovyč. Quest’ultimo sarebbe dovuto diventare – secondo l’accordo – presidente per i due mandati successivi (2010 e 2014), prima di lasciare il posto a Tymošenko nel 2019 e 2024.

Come tutti ben sappiamo qualcosa poi andò storto, tanto che non solo il documento non fu mai firmato, ma la Tymošenko finì in carcere e ci rimase fino al febbraio 2014.

Nuovo corso per l’Ucraina

Difficile capire come mai un personaggio con un passato così ingombrante sia ancora in prima fila negli affari politici nel paese. In pochi, infatti, immaginavano che Julija potesse avere ancora una voce nella politica ucraina quando il 23 febbraio 2014 presentandosi in piazza Indipendenza in seguito alla scarcerazione, era stata accolta da molti fischi e sparuti applausi. La Tymošenko, però, è ancora qui. Ha sempre dimostrato di essere pragmatica e capace di cambiar pelle per adeguarsi alle esigenze del momento. Anche per questo, oltre che per le mancanze di Porošenko, i sondaggi la vedono ancora in cima nelle preferenze – con oltre il 20% – tra i possibili candidati per la presidenza del paese nel 2019.

Durante la recente convention tenutasi a Kiev, Julija Tymošenko ha mostrato ancora una volta le sue capacità camaleontiche, lanciando ufficialmente la sua campagna elettorale. Tanti i temi toccati nel suo discorso durato più di due ore di fronte a qualche migliaio di spettatori e coronato da alcuni strafalcioni e numerosi errori nelle slide di accompagnamento. Ha fatto sorridere il suo messaggio accusatorio alla classe politica, che da oltre “27 anni continua a distruggere il paese”. Come se lei fosse davvero una figura nuova, immacolata e come se non avesse partecipato al governo del paese per oltre un ventennio.

Dietro allo slogan che guiderà la sua campagna elettorale, “il nuovo corso dell’Ucraina”, la passionaria ha parlato di un “nuovo contratto sociale” per il paese, sostenendo il solito orientamento europeista, una massiccia riforma costituzionale e una maggiore partecipazione dei cittadini nella vita politica. Rimanendo piuttosto vaga su quest’ultimo punto, Tymošenko ha insistito, però, sull’obsolescenza della Costituzione, che garantisce – a suo modo di vedere – poteri eccessivi al presidente. La sua proposta appare semplice e diretta: trasformare il sistema politico da presidenziale a parlamentare, con un forte primo ministro. Un po’ alla tedesca, insomma.

Non potevano mancare i riferimenti alla guerra in Donbass e alla Crimea. Ed è proprio qui che Julija Tymošenko si distingue dalla maggioranza degli altri candidati (ufficiali e non), parlando apertamente di pace e compromesso, parole che risuonano di rado nelle bocche dei politici in Ucraina. “Io so come e con chi negoziare, so come mettermi d’accordo per raggiungere la pace”. È stato questo il messaggio, senza troppi dettagli, lanciato dal palco. Con chi e soprattutto come, in effetti, non ci è dato sapere, ma la retorica della Tymošenko sembra nondimeno puntare a quella crescente fetta della popolazione stanca della guerra e della propaganda (da ambo le parti) che l’accompagna.

Candidata per il popolo o per il Cremlino?

La risurrezione di Julija Tymošenko, senza treccia e nella nuova veste di ‘riformista pragmatica’ che fino a qualche mese fa aveva flirtato politicamente con Mikhail Saakashvili, non rappresenta probabilmente una sorpresa. In molti, non senza ragione, vedono in Julija la candidata ideale per il Cremlino. Altri, spesso abusando di un termine entrato prepotentemente nel vocabolario politico, la definiscono come una semplice populista. Pragmatica e opportunista, ha già più volte dimostrato di essere capace di scendere a patti con il diavolo per il proprio tornaconto personale, in politica cosi come negli affari. In Ucraina, inoltre, da tempo si vocifera di una vicinanza tra Julija Tymošenko e Viktor Medvedčuk, il personaggio più vicino a Mosca sulla scena politica del paese.

D’altra parte, però, appare innegabile che, il fatto stesso che la Tymošenko con la sua retorica sia ancora capace di attrarre un così grande numero di consensi, rappresenta simbolicamente uno dei più grandi fallimenti dell’amministrazione Porošenko. L’ex eroina rivoluzionaria punta, infatti, a guadagnare consensi tra quel 83,7% degli ucraini che ad oggi dichiara di essere scontento della direzione intrapresa dal paese, puntando il dito contro i quattro anni della presidenza di Petro Porošenko. Non a caso, i media vicini al presidente (come 5 Kanal, ma non solo) hanno iniziato una campagna di delegittimazione nei confronti della Tymošenko sostenendo, a quanto pare, anche altri candidati di opposizione. Tra questi ad esempio c’è anche Jurij Bojko, ex alleato di Janukovyč  e ora alla guida del Blocco di opposizione. Il calcolo dell’amministrazione presidenziale sembra chiaro: sarebbe meglio arrivare, eventualmente, al secondo turno contro un personaggio come Bojko (considerato filo-russo) che contro la Tymošenko.

Ma la Tymošenko può anche contare su una complessa rete di organizzazioni parallele al suo partito, Batkivschina, che si estende su tutto il territorio nazionale. Non si tratta solo di organizzazioni civiche affiliate, ma anche di organizzazioni giovanili. Un esempio è Batkivschina Moloda, che non solo organizza campi estivi, ma conduce anche attività politica nelle scuole e nelle università. I giovani, infatti, rappresentano un discreto bacino elettorale per Julija Tymošenko.

In linea generale e in maniera piuttosto paradossale la Tymošenko rischia di diventare non solo la candidata di chi è insoddisfatto dell’attuale corso politico del paese, ma anche di coloro che vedono nella guerra una delle principali ragioni della crisi economica e delle difficoltà di una consistente fascia della popolazione. Chi vorrebbe, in altre parole, la fine del conflitto partendo da posizioni meno intransigenti rispetto a quelle dell’attuale leadership, non disposta a scendere a compromessi con il Cremlino. Proprio questo potrebbe diventare il principale argomento della futura compagna elettorale. Cosa fare del Donbass e della Crimea? Come? Qual è la strategia del futuro presidente? Anche qui, nonostante la nebulosità delle parole di Julija Tymošenko, il suo relativo vantaggio potrebbe essere dettato dal fatto che nel 2014 fu proprio Porošenko a promettere di soffocare la nascente ribellione nel Donbass nel giro di poche settimane. Una ribellione che con l’intervento di Mosca si è trasformata in una guerra, smentendo, di fatto, tutte le promesse dell’attuale presidente.

Considerando il quadro generale quindi una serie di domande, sebbene provocatorie, sorgono spontanee. E se nonostante tutto Julija Tymošenko, con i suoi legami a Mosca così come a Washington e Bruxelles e con il suo opportunismo pragmatico fosse la persona giusta per sbloccare lo stallo della guerra? E se ingoiare l’ennesimo boccone amaro ora, scendendo a patti con il Cremlino, fosse meglio che continuare con lo status quo degli ultimi quattro anni, dove molte delle riforme promesse e volute dalla società civile rimangono bloccate proprio a causa (o con la scusa) del conflitto con la Russia di Putin? E se, paradossalmente, terminare la guerra in Donbass, pur perdendo la Crimea, fosse l’unico modo per liberarsi definitivamente dalla morsa russa?  Una cosa forse politicamente impossibile. E se la Tymošenko fosse l’unica in grado di provarci, o almeno di far finta di farlo? Sono domande probabilmente destinate a rimanere tali, ma dopo più di quattro anni dai fatti di Maidan, il panorama politico ucraino appare come un paesaggio desolante dove l’eterna Julija Tymošenko potrebbe ancora dire la sua. Ecco, in Ucraina oggi il ritorno al passato è più di un’opzione, e basterebbe solo questo per essere preoccupati. Da qui al prossimo marzo ne vedremo delle belle.

Foto: Valentyn Ogirenko (Reuters)

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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Un commento

  1. Forse tra 2 generazioni l’Ucraina potrebbe risollevarsi…. Forse.

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