UCRAINA: Euromaidan tre anni dopo. Il ricordo è sbiadito

Da KIEV – Sono passati tre anni da quando, il 21 novembre 2013, a Kiev erano iniziate le proteste che ben presto si sarebbero trasformate in rivoluzione. Euromaidan è ormai storia, una storia che ha visto morire oltre cento manifestanti e 18 esponenti delle forze dell’ordine. Una storia che rimane ancora scolpita lungo via Hrushevskoho e Institutskaya dove rimangono ben visibili i fori dei proiettili nei pali della luce e piccoli monumenti ai manifestanti caduti. Una storia che, tre anni dopo, rimane viva nelle menti di chi era in piazza o di chi ha perso un figlio in quei terribili giorni, ma che, allo stesso modo, inizia a sbiadire in chi, infondo, si deve scontrare con i problemi quotidiani di una vita normale e chi stenta a vedere il cambiamento radicale che tutta la piazza sognava. Il Maidan che si osserva il 21 novembre 2016, per la prima celebrazione ufficiale del ‘Giorno della Dignità e della Libertà‘ è una piazza triste, complice anche l’inverno che ha già fatto in tempo ad affacciarsi su Kiev con una settimana di neve e freddo.

Temendo provocazioni e proteste il governo ha preferito non organizzare nessun evento ufficiale in piazza lasciando così spazio ad alcuni movimenti d’opposizione, che ormai spuntano come funghi, e ai soliti gruppuscoli di estrema destra che proprio sulle barricata di Euromaidan avevano raggiunto il loro massimo potere mediatico. In giro per la città la vita scorre come di consueto, solo nelle vie limitrofe a Maidan Nezalezhnosti il traffico è chiuso e si nota un abbondante dispiegamento di polizia e guardia nazionale. I dati rimangono nebulosi, qualcuno dice 6000 altri 15000, ma basta davvero una breve passeggiata per capire che i rappresentanti delle forze dell’ordine sono di gran lunga superiori ai manifestanti. Novembre e dicembre si prospettano come mesi ‘caldi’ a Kiev, con il freddo iniziano ad arrivare anche le prime bollette per il gas (aumentate esponenzialmente su direttive del FMI). Ci sono i sussidi, ma non tutti riescono ad accedervi. L’opposizione, in testa la solita Tymoshenko, ha cercato di sfruttare la situazione organizzando qualche manifestazione di protesta, tema ormai abusato e per questo ben poco riuscito. Solo qualche centinaio di persone sono scese in piazza tra il 15 e il 16 novembre, per lo più coloro che hanno perso i loro risparmi a causa del fallimento a cascata di numerose banche, che il governo, tra l’altro, ha promesso di risarcire. Poroshenko ha bollato le proteste come provocazioni organizzate dal Cremlino, la gente è diffidente, guarda e continua per la sua strada.

Anche l’anniversario di Euromaidan si è trasformato così in una tiepida protesta contro Poroshenko e il governo. Volodymir, che impugna una bandiera ucraina con lo stemma di una nuova organizzazione politica nata appena qualche giorno fa, non sa dirmi niente sul partito e sui suoi obiettivi. Viene da L’vov e confessa che per la trasferta, oltre il viaggio, riceverà 100 hrivne al giorno (circa 3,50 euro). Lui e qualche altro suo compagno dormiranno in stazione, l’ostello più economico costa circa 60 hrivne (2 euro), troppo – dice.

Quello che più sorprende, però, è la mancanza di giovani, la vera forza iniziale delle proteste di tre anni fa. Alcuni dopo Euromaidan sono entrati in parlamento e fanno parte ora del gruppo dei ‘Riformatori’, la piazza non fa più per loro. Altri in tre anni hanno semplicemente smesso di sognare. Chi è fortunato studia sperando di mantenere la borsa di studio che il governo voleva limitare, altri lavorano accettando condizioni difficili e precarie. I giovani, un migliaio in tutto, si concentrano in piazza più tardi. Alle 19 inizia la ‘Marcia della rivoluzione’ organizzata da vari gruppi di estrema destra. La gente è poca, le forze non sono tante. In maniera simbolica qualcuno propone di bruciare qualche copertone. La polizia osserva e lascia fare, niente più di qualche spintone. Stessa cosa quando il gruppo decide di assaltare l’ufficio del partito ‘Ukrainsky Vibor’ (considerato la quinta colonna del Cremlino) e la sede di Sberbank (banca russa). Qualche vetro rotto e la forza si esaurisce. La commemorazione di Euromaidan è finita. Si torna a casa.

E’ vero, c’è la Russia e Putin, la sua annessione della Crimea e la guerra nel Donbass. E’ vero, ci sono state alcune buone riforme come quella della ‘nuova polizia’ o della maggiore trasparenza dell’amministrazione pubblica. Non basta, però, per colmare il vuoto tra ‘loro’ e ‘noi’, il parlamento di oligarchi e la gente comune che aveva dato il via alla ‘Rivoluzione della Dignità’. Il ricordo di Euromaidan finisce così, con poche promesse e poche risposte. A Kiev sembra uno scenario già visto qualche anno fa, quando la rivoluzione arancione si era ripiegata su se stessa aprendo la strada a Yanukovich. Maidan sarà diverso, dicevano, ma dopo tre anni si respira stanchezza e vuoto, almeno qui in Maidan Nezalezhnosti, il luogo dove tutto ebbe inizio tre anni fa.

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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