MACEDONIA: Continua l’emergenza profughi. Tra scioperi, maltempo e muri

La Macedonia, Paese di transito nella rotta migratoria balcanica, si è trovata ad affrontare una vera e propria crisi derivata dagli ingressi dei profughi attraverso il confine con la Grecia. Secondo l’Agenzia europea Frontex, a partire dall’inizio del 2015, i Balcani sono stati attraversati da 102.342 persone, in particolare provenienti da Afghanistan e Siria.

Dopo aver attraversato la frontiera con la Grecia, considerata molto debole in fatto di controlli, i profughi hanno 72 ore per poter attraversare il Paese sfruttando i mezzi pubblici, e anche di altro tipo, messi a disposizione dal governo macedone per cercare di facilitare il deflusso verso la Serbia e, da non dimenticare, per cercare di arginare – per quanto sia possibile – gli interessi criminali verso i migranti.

Negli ultimi tempi, tuttavia, la situazione si è notevolmente aggravata, portando Skopje a chiudere momentaneamente la frontiera meridionale per cercare di arginare il flusso in entrata. Gli effetti, però, sono stati tutt’altro che positivi: i profughi, ammassatisi sul confine greco-macedone presidiato da forze dell’ordine e militari, hanno tentato più volte di attraversare comunque il Paese, alimentando la tensione e portando a numerosi scontri tra gli agenti di polizia e i rifugiati. Ciò ha portato il governo macedone a prendere la decisione di riaprire le frontiere per evitare che la crisi migratoria si trasformasse in una vera e propria crisi umanitaria sul proprio territorio.

La riapertura delle frontiere ha permesso una più semplice gestione dell’emergenza, permettendo ai profughi di raggiungere agevolmente e più velocemente il confine serbo per proseguire il loro percorso attraverso l’Ungheria, destinazione finale l’Europa centrale. Secondo le stime raccolte dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), il numero di ingressi registrati giornalmente ha toccato il record massimo di 7000 per la sola giornata del 7 settembre e non è intenzionato a diminuire, a fronte di una media che si stimava sui 2000 ingressi giornalieri.

A rendere ancora più complesso il tragitto dei migranti è stato lo sciopero indetto dai sindacati a causa del mancato pagamento dei salari ai macchinisti. Ciò ha provocato la completa paralisi del trasporto ferroviario e il governo ha dovuto assicurare la presenza di treni speciali che, tuttavia, non riescono a coprire l’alto numero di persone di cui ne necessitano. Nonostante l’istituzione di autobus dedicati solo ed esclusivamente al trasporto dei rifugiati, il disagio causato dal legittimo sciopero del trasporto pubblico è elevato. I treni speciali, in numero ridotto rispetto alla norma, riescono a trasportare i migranti fino a Skopje o Kumanovo, per poi proseguire con i pullman pubblici.

Tuttavia, a causa proprio dello sciopero, in molti si sono visti costretti a utilizzare bus pubblici o taxi a pagamento fin dalla partenza nella città meridionale di Gevgelija. I pullman, condivisi anche con la popolazione macedone, rallentano notevolmente il flusso dei profughi, che si trovano bloccati sul confine greco-macedone che negli ultimi giorni è oggetto di violentissime piogge, aggravando notevolmente il quadro generale della situazione.

La crisi, a livello centrale, è stata affrontata in maniera molto contraddittoria: dopo la chiusura e immediata riapertura, negli ultimi giorno di agosto, della frontiera meridionale condivisa con la Grecia, la Macedonia si è adoperata per consentire il regolare passaggio dei profughi. Tuttavia – nonostante continuino i colloqui, con la mediazione del Commissario europeo Hahn, per risolvere la grave crisi politica che ha colpito il Paese – il Ministro degli Esteri Nikola Poposki ha affermato al quotidiano ungherese Figyelo che non è esclusa la possibilità di erigere un muro sul confine con la Grecia per cercare di ridurre il più possibile il transito, sia attraverso una barriera fisica sia con l’incremento della presenza di militari sul confine.

La “difesa fisica”, così è stata chiamata da Poposki, ricalcherebbe il modello ungherese, fortemente criticato dalle istituzioni europee e a livello mediatico. La mediazione di Hahn per cercare di trovare un accordo tra governo e opposizione nei riguardi della nomina del procuratore speciale che traghetti il Paese alle elezioni anticipate, potrebbe impedire l’effettiva militarizzazione del confine. Non è tuttavia certo: quel che è sicuro è che una buona gestione – secondo i meri interessi macedoni – dell’emergenza profughi giocherà un ruolo cruciale per quanto riguarderà il consenso elettorale alle elezioni anticipate di aprile.

Foto: La Presse/Reuters

Chi è Edoardo Corradi

Nato a Genova, è dottorando di ricerca in Scienza Politica all'Università degli Studi di Genova. Si interessa di Balcani occidentali, di cui ha scritto per numerosi giornali e riviste accademiche.

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