TRANSNISTRIA: Elezioni, risultato a sorpresa. Ma la Russia comanda

Transnistria, la repubblica criminale

La Transnistria è una striscia di terra lungo il fiume Nistro, una repubblica indipendente ma riconosciuta solo da Mosca che lì fa convogliare capitali illeciti destinati al riciclaggio e traffica armi attraverso il sistema della triangolazione. Un isola sporca, comoda ai torbidi affari del Cremlino, che si è fatta però negli anni troppo pericolosa: divenuta una delle basi della mafia, dalla Transnistria passa parte della droga destinata al mercato russo, e i depositi di uranio fanno gola a loschi fianziatori di guerre informali, signori della guerra contro cui (ad esempio nel Caucaso) il governo di Mosca si trova a combattere quotidianamente.

Il pater patriae di questa repubblica di stampo sovietico, Igor Smirnov, è da tempo inviso al Cremlino che – dopo averlo sostenuto per anni – gli ha recentemente tolto il suo appoggio. Smirnov si sarebbe reso colpevole di aver trasformato la Transnistria in suo feudo personale troppo indipendente dai bisogni di Mosca.

Le elezioni e la sconfitta di Smirnov

Ecco che le elezioni dello scorso 11 dicembre hanno visto la sconfitta di Smirnov, una sconfitta inattesa ma, a ben vedere, prevedibile: i favori della Russia sono andati a Evgenij Shevchuk, già presidente del parlamento di Tiraspol, che ha ottenuto il 38,53% dei voti e Anatolij Kaminski, capo del Consiglio supremo, che ha ottenuto il 26,48% dei consensi, mentre Smirnov si è fermato al 24,82%.

Smirnov non sembra però disposto a rinunciare al potere e ha formalmente richiesto di annullare le elezioni alla Commissione elettorale centrale, che ancora non si è espressa in merito.

L’influenza del Cremlino

Qualcuno vede nella sconfitta di Smirnov un “successo democratico” ma nessuna rivoluzione colorata è all’orizzonte. Come riportato da Natalia Ghilaşcu, su Osservatorio Balcani e Caucaso, Kaminski è “apertamente sostenuto” dalla Russia e avrebbe “firmato un accordo di cooperazione con il partito di Putin, Russia Unita”. Dato che la regione separatista non è indipendente dal punto di vista economico “il parlamento guidato da Kaminski aveva chiesto aiuto al Cremlino, che alla vigilia delle elezioni aveva offerto aiuti al settore agricolo per 100 milioni di rubli (in totale, l’aiuto direttamente offerto dalla Russia al governo di Tiraspol nel corso di quest’anno ammonta a 300 milioni di rubli, poco più di 7 milioni di euro)”.

Evgenij Shevchuk, l’occidentale

L’avversario di Kaminski al ballottaggio è Evgenij Shevchuk, dato in lieve vantaggio nei consensi. Shevchuk si è detto disponibile a riallacciare i rapporti con la Moldavia – formalmente sovrana sulla Transnistria – e l’Unione Europea, che però non riconosce la repubblica al di là del Nistro.

La russificazione

Secondo il censimento nel 1989, la popolazione nella Transnistria era composta per il 40% da moldavo-romeni, per il 28,3% da ucraini, per il 25,4% da russi e per il 1,9% da bulgari. Nel suo territorio stanziano, in veste di peacekeepers, un numero imprecisato di militari russi (tra i duemila e i quattromila). Nell’estate del 2004 le autorità della Transnistria chiusero con la forza sei scuole che insegnavano il moldavo scritto in caratteri latini.

La russificazione della piccola repubblica e la grave crisi economica seguita all’isolamento internazionale ha portato all’emigrazione di diverse migliaia di cittadini di lingua moldavo-romena. Secondo i dati di un censimento del 2004 il numero di moldavi sarebbe pari al 30%, esattamente quanti quelli russi.

Alla ricerca del consenso

Gli attuali candidati hanno cercato di raccogliere consensi anche nella parte moldava della popolazione al fine di creare una base di consenso su cui appoggiarsi nel caso in cui la polizia, fedele a Smirnov, facesse pressioni per l’annullamento del voto.

Parlare di democrazia, in un simile contesto, appare però illusorio. Il voto, fortemente influenzato da Mosca, non è altro che la ricerca di un plebiscito o la legittimazione del candidato prescelto dal Cremlino. E’ interessante notare come le elezioni (libere per definizione) siano foriere di legittimazione per sistemi di potere che “liberi” e democratici non sono. Con troppa facilità si associa al voto la democrazia che, in Transnistria come altrove, è solo un inganno.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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