ROMANIA: Il monito di Bruxelles: "ristabilite lo stato di diritto". Ma Bucarest non ci sta

Stato di diritto e indipendenza della magistratura. La Romania osservata speciale a Bruxelles

E’ trapelata oggi la minuta dell’incontro di giovedì 12 luglio tra il primo ministro romeno, Victor Ponta, e il presidente della Commissione Europea, José Barroso. Senza andare per il sottile, la Commissione presenta al governo di Bucarest una lista in 11 punti e due paragrafi: “rispetto dello stato di diritto e dell’indipendenza del potere giudiziario” e “ristabilimento della fiducia”.

Le misure richieste da Bruxelles comprendono alcuni punti molto precisi, quali l’abrogazione delle ordinanze d’emergenza sui poteri della Corte costituzionale e sul quorum per i referendum; Bruxelles diffida inoltre Bucarest dall’utilizzare lo strumento delle ordinanze per alterare l’equilibrio dei poteri costituzionali, richiede l’immediata conformità con le sentenze della Corte costituzionale e diffida il governo dalla pubblicazione selettiva delle sentenze della Corte nella Gazzetta ufficiale, “a fini politici”. Tra le misure per il ristabilimento della fiducia, la Commissione cita la necessità che la nomina del difensore civico sia super-partes, e che un’eventuale presidenza post-Basescu “facente funzioni” non nomini procuratori generali o direttori dell’Agenzia nazionale anti-corruzione, né conceda la grazia ad alcuno. Infine, i ministri condannati con sentenze passate in giudicato dovranno dimettersi, così come i parlamentari condannati per corruzione, incompatibilità o conflitto d’interesse.

Di ritorno da Bruxelles, Victor Ponta ha cercato di minimizzare, dichiarando che avrebbe risposto per scritto ad “alcune domande” formulate dalla Commissione. Il neo-presidente del Senato, Crim Antonescu, che diventerebbe presidente della repubblica in caso di caduta di Basescu, ha sostenuto che “il presidente della Romania, anche ad interim, non prende ordini da nessuno, se non dal Parlamento e dal popolo romeno”.

Il crescendo delle preoccupazioni e delle pressioni europee su Bucarest

Le pressioni europee avevano avuto inizio il 6 luglio, con una dichiarazione in cui la Commissione si diceva “preoccupata circa gli sviluppi correnti in Romania, specialmente riguardo ad azioni che sembrano ridurre i poteri effettivi di istituzioni indipendenti quali la Corte Costituzionale”. Secondo la Commissione, tale situazione mette “a rischio tutti i progressi compiuti negli ultimi cinque anni nel rispetto dello stato di diritto, dei contropoteri democratici e dell’indipendenza del potere giudiziario” nel paese carpatico.

Anche il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, aveva avvertito Ponta di far salvi l’indipendenza giudiziaria e lo stato di diritto nel paese. Angela Merkel aveva convocato l’ambasciatore romeno settimana scorsa, esprimendogli “grande preoccupazione” per sviluppi legislativi che “mettono seriamente a rischio il principio della separazione dei poteri”. La stessa preoccupazione aveva annunciatoil portavoce del governo tedesco, annunciando che Berlino avrebbe sostenuto eventuali “azioni dell’Unione Europea”. Ed in questo senso si sono mossi alcuni eurodeputati di centrodestra (PPE), i tedeschi Markus Ferder e Elmar Brok, e il francese Alain Lamassoure, proponendo la sospensione dei diritti di voto della Romania nel Consiglio UE, ai sensi dell’articolo 7 del trattato UE (“violazione grave e persistente” dei valori dell’Unione, inclusi stato di diritto e democrazia): un’azione grave e finora presa una sola volta, nel 2000, a prevenzione del possibile ingresso di Haider nel governo austriaco. Misure di minore portata ma di maggiore efficacia includono l’apertura di procedimenti d’infrazione a carico della Romania di fronte alla Corte di Giustizia UE (come fatto per Orban), e la sospensione dell’erogazione dei fondi strutturali europei al paese.

A mettere sull’allarme la Commissione, secondo il suo portavoce, non sarebbe stato un atto particolare del governo Ponta, ma piuttosto la “sequenzialità” e “rapidità” delle misure. Nel giro di poche settimane, la maggioranza social-liberale si è mossa su diversi fronti per rimuovere il presidente della repubblica, Basescu. A partire dalla conquista del premierato a maggio, Ponta ha sostituito i presidenti delle due Camere e il difensore civico con suoi fedeli; ha ignorato una sentenza della Corte costituzionale su chi, tra lui e Basescu, dovesse presentarsi al Consiglio europeo, presentandosi a Bruxelles senza un mandato interno; ha quindi impedito la pubblicazione delle sentenze in Gazzetta Ufficiale, ne ha minacciato i giudici, ha cambiato le regole referendarie per rendere più facile l’allontanamento di Basescu con lo scrutinio del 29 luglio.

Monitoraggio della corruzione e niente Schengen, la doccia d’umiltà per Ponta e il prezzo per i cittadini

Mercoledì 18 luglio verrà pubblicato il rapporto periodico UE sulla lotta alla corruzione – parte del monitoraggio post-adesione riservato a Romania e Bulgaria, il “meccanismo di cooperazione e verifica” – e la Commissione ha annunciato che il testo rifletterà “gli sviluppi correnti” nel paese. Lo stesso meccanismo di monitoraggio sarà verosimilmente esteso oltre il suo termine naturale, previsto per quest’anno.

Nel frattempo, le speranze romene di entrare a far parte dell’area Schengen (la cui frustrazione era già apparsa tramite una strana mossa politica al momento di concedere alla Serbia lo status di paese candidato) sembrano definitivamente tramontate. “Serie violazioni della lettera e dello spirito dei valori dell’Unione potrebbero far sorgere domande circa gli ultimi passi verso la piena integrazione della Romania nell’Unione”, nelle parole del ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle. Per l’inettitudine dei loro politici, troppo impegnati a farsi la guerra per accorgersi di mettere a repentaglio le istituzioni stesse della repubblica, saranno i semplici cittadini romeni a pagare ancora una volta, continuando ad essere fermati al confine per mostrare i documenti ogni volta che prendono un volo per l’ovest o che cercano di attraversare il confine ungherese o slovacco.

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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