Ecco cosa chiedono gli indignados spagnoli

I media si entusiasmano, poi si stracciano il peplo, ma dire che informano è sovente un azzardo. Così capire cosa vogliono gli indignados spagnoli è ricerca da praticare su internet, e si scoprono interessanti aspetti del movimento (denominato 15 maggio, giorno in cui le proteste sono cominciate) che tanti spiriti ha acceso. Dietro slogan buoni per i titoli dei giornali ci sono richieste precise. Basta andare su Acampada o 15M, due dei siti “ufficiali” del movimento, per rendersene conto. La prima istanza riguarda la politica: “Tagli drastici ai salari dei politici equiparandoli ai salari medi della popolazione” stesso discorso vale le pensioni, e “soppressione della prescrizione per i reati di corruzione” cui segue l’allontanamento per i politici corrotti. Per quanto riguarda l’economia: “divieto di iniezione di capitali pubblici alle banche in crisi” che sarebbero quindi “obbligate alla bancarotta” ed eventualmente “nazionalizzate” previa restituzione dei capitali pubblici fin qui erogati. E infine:”Tutte le abitazioni aquisite per esecuzione ipotecaria dovranno essere messe a regime di affitto sociale quando non riassegnate alle famiglie sfrattate”.

Ma non finisce qui, scorrendo i punti si legge: “aumento delle aliquote impositive alle grandi fortune ed entitá bancarie”, “tassa di successione”, “tassa patrimoniale”, “divieto di fughe di capitali in paradisi fiscali”. Roba da far tremare le vene ai polsi dei neoliberisti. Roba da scatenare la repressione violenta dei padroni delle ferriere. Ma non ci sono solo le banche, simbolo della finanziarizzazione dell’economia, al centro dell’attenzione. Sulla dignità della vita umana gli indignados non ci vanno meno leggeri, chiedono salari minimi ma anche salari massimi, il riconoscimento del lavoro domestico e la “riduzione della giornata di lavoro in modo che tutti possano godere, pensare e conciliare la propria vita personale con quella lavorativa a paritá di salario. Questa riduzione permetterá una ripartizione di compiti che fará finire la disoccupazione strutturale”.

Il vecchio lavorare tutti, lavorare meno? Non proprio. Il lavoro part-time deve essere garantito agli studenti ma impedito a chi studente non è più, a quest’ultimo invece dev’essere dato un lavoro full-time attraverso cui poter gestire la propria “vita affettiva“. Quindi questi cosidetti “rivoluzionari antisistema” non chiedono altro che una famiglia? Sono così conservatori da chiedere soltanto un lavoro, una casa e degli affetti da metterci dentro?

Parrebbe di sì, e proprio sulla casa avanzano proposte che “i furbetti del quartierino” se lo sapessero organizzerebbero milizie: “Espropriazione delle case in disuso non vendute, al fine di aumentare il parco di case popolari in regime di affitto sociale” e “cancellazione dei mutui“. Cancellazione dei mutui? Quindi basta con il sistema del credito, del vivere sopra le proprie possibilità? Sì, tanto – dicono loro – le case sarebbero date in affitto sociale e quindi un tetto sopra la testa sarebbe garantito a tutti. C’è da immaginare che i proprietari di mansarde umide – fin qui affitate a 400 euro al mese – non sarebbero contenti.

Le proposte più interessanti sono però quelle che riguardano il sistema politico. In cosa consisterebbe, dunque, quella “democracia real” che campeggiava sugli striscioni di Porta del Sol a Madrid?

Una sorta di democrazia diretta, parcellizzata a più livelli concentrici, dal locale al nazionale, con la “modificazione della legge elettorale per garantire un sistema autenticamente proporzionale che non discrimini nessuna forza politica né volontá sociale, dove il voto in bianco abbia una rappresentazione nel parlamento e che l’astensione attiva possa avere uno spazio di auto-organizzazione nei quartieri”. Quindi il rifiuto del bipolarismo e del sistema maggioritario. Ma soprattutto vogliono l’azzeramento dell’attuale classe politica e una nuova Costituente che elabori una costituzione repubblicana. Già repubblicana. “La monarchia è un anacronismo che non paga le tasse”. I Borbone dormono malissimo ultimamente.

“Il sistema economico basato su una crescita indefinita é insostenibile. Vogliamo un sistema energetico democratico, pubblico, rinnovabile e decentralizzato. Chiusura definitiva di tutte le centrali nucleari. Sovranitá alimentare. Sostegno dell’agricoltura ecologica dei contadini. No alle multinazionali. Basta prodotti chimici e transgenici. Consumo responsabile e commercio equo solidale. Evitare i monopoli nella distribuzione garantendo l’accesso a tutti i produttori”. E infine, last but not least, l’abbandono della Nato. Su questi punti le proposte divergono: i gruppi delle regioni tradizionalmente socialiste avanzano le proposte più ardite ma l’abbandono della Nato è un punto comune da Barcellona, a Madrid, a Siviglia. C’è chi propone persino che il ministro della difesa sia un generale dell’esercito. E non per vivere in un utopico mondo di pace ma perché la difesa sia a “tutela del cittadino”.  Spagnolo, non atlantico.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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5 commenti

  1. Bell’articolo , grazie !

  2. Un misto di descrescita, ecologismo, e nuove risposte alle “debtocracies”…sarebbe un buon punto di partenza, soprattutto se il movimento diventasse europeo..

  3. A me pare un po’ una lista della spesa: “vogliamo tutto. per favore”.

  4. Appunto per questo intendo “punto di partenza”.
    La logica della decrescita a molti punti a suo favore, ma è meno praticabile di quanto non affermino i suoi sostenitori. Se il movimento fosse europeo forse qualche successo si potrebbe ottenere.
    Penso a “lavorare meno, lavorare tutti”, a una democrazia più partecipativa, i salari massimi…
    alcune denunce di movimenti simili sono meno assurde di quanto si dica: penso alle agenzie di rating, ora criticate anche dall’UE…
    E poi apprezzo il fatto che sia una protesta costruttiva e non distruttiva.

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