GERMANIA: Gli intellettuali della DDR e la caduta del muro

Il 7 ottobre 1989 a Berlino Est si celebra il 40° anniversario dalla fondazione della DDR, alla presenza tra gli altri di Gorbachev. Lo stesso giorno, i vopos caricano i manifestanti che portavano come slogan “wir sind das Volk“, noi siamo il popolo. Si risveglia la paura di un intervento armato sovietico, e la mente dei berlinesi torna ai fatti del 1953, quando gli scioperi degli operai furono repressi proprio dal governo socialista che avrebbe dovuto garantirne il benessere, ma anche alla repressione di piazza Tienanmen. Gli intellettuali della DDR, nel frattampo, monitorano. Tra loro vi è Heiner Müller, erede del teatro di Brecht e di formazione socialdemocratica, rimasto volontariamente all’est, ma presto dissidente ed espulso nel 1961 dall’Unione degli Scrittori per un testo che appariva una critica in nuce – era del 1959 – alla costruzione del Muro. Nel monologo “Fernsehen” scrive:

Sulla piazza della pace celeste la traccia dei panzer
appunti alla maniera di Brecht 1989
“noi che volevamo preparare il cammino per la gentilezza”
quanta terra dovremo ingoiare col sapore delle nostre vittime in cammino verso un futuro migliore”

Il temuto intervento armato sovietico non si verifica. Piuttosto, mentre Honecker cerca invano di organizzare un rimpasto, nascono nuove associazioni che discutono del futuro della DDR – tra tutte, Neues Forum – e il dibattito si spande alle istituzioni culturali – l’Accademia delle Scienze, quella delle Arti, i teatri – ma non arriva nella stampa di regime né fino ad ovest, alimentando così ex post il mito degli intellettuali DDR “silenziosi” e in qualche modo complici del regime.

Tra chi rimane, si sviluppa un dibattito sulla possibilità di una democratizzazione della DDR e di una nuova via democratica (ed utopica) al socialismo. Non si parla ancora, né vi si pensa, della possibilità di una riunificazione. Oltre a Müller, partecipano al dibattito Christa Wolf, Stefan Heym, Volker Braun. La DDR è sentita come possibile alternativa alle strutture dell’occidente. Secondo Heym, “le strutture vanno trasformate, ma siamo ancora all’inizio”, verso una “DDR veramente socialista”. Il 28 novembre, a tre settimane dall’apertura dei varchi nel muro, c’è un ultimo appello degli intellettuali sull’Alexanderplatz, “per il nostro paese”. Hein sottolinea che esiste ancora la possibilità di sviluppare un’alternativa socialista alla RFT. Ma i cittadini non seguono, e non appena possibile si riversano ad ovest; il socialismo utopico suona anacronistico ormai, dopo quarant’anni di socialismo reale. Lo slogan delle manifestazioni popolari si è già trasformato in “wir sind ein Volk“, prefigurando la prospettiva comune della riunificazione. Gli stessi intellettuali arrivano a riconoscere la problematicità di costruire una nuova alternativa socialista. Stefan Heym, in “Il mercoledì delle ceneri”, stigmatizza il vuoto politico scrivendo “uno dopo l’altro escono di scena i potenti di un tempo. Ma chi è pronto a prendere il loro posto?”.

La disillusione crescente degli intellettuali si esprime contro il comportamento di quei tedeschi dell’est che passano all’ovest alla ricerca del benessere e del facile conforto materiale offerto dai 100 DM di Begrüßungsgeld ricevuti alla frontiera. Sempre Stefan Heym, nella raccolta di racconti “Costruito sulla sabbia” (titolo riferito allo stato socialista) scrive: “con che paziente umiltà si mettevano in coda docili e ordinati come era stato loro insegnato a casa, per ricevere quell’elemosina”. (Ma la stessa critica viene portata anche da letterati dell’ovest come Enzensberger: “sciami di pellegrini nella zona pedonale, in cerca d’identità e frutti esotici. I nuovi arrivati si fanno sciogliere in bocca cartamoneta color del valium”). Torna qui il tema dell’obbedienza e dell’assuefazione al potere dei cittadini della DDR, quel servilismo che Christa Wolf in “Trame d’Infanzia” aveva fatto risalire alla docilità dei tempi del nazismo. C’è anche chi sottolinea la necessità di ricordare le radici della divisione delle due Germanie. Tra loro vi è Günter Kunert, poeta d’origine ebraica passato ad ovest nel ’79. In “Trarre insegnamento”, dedicata a Primo Levi, scrive: “un candidato alla morte dopo l’altro… il debole fuoco delle memoria dei posteri non riscalderà più alcuno”.

Nel dibattito sulla transizione della DDR, dopo le dimissioni di Honecker e Krenz, si discute se mantenere separate le due Germanie o procedere alla riunificazione. Una terza opzione, quella di una confederazione dei due stati tedeschi, viene sostenuta da intellettuali del calibro di Günter Grass, in base alle stesse argomentazioni di Kunert: evitare lo spettro del ritorno della Grande Germania e creare una nuova entità politica basata sul carattere tedesco di Kulturnation, tutelando anche l’identità culturale separata sviluppata sotto la DDR. Il timore era che una nuova Germania unita richiedesse il ritorno anche dei Laender perduti alla Polonia, innescando nuove tensioni nell’Europa post-bipolare (questione poi risolta con l’accettazione definitiva della linea Oder-Neisse da parte di Kohl nel 1990).

Il timore della perdita della cultura si avvera a seguito della riunificazione. Le cooperative culturali della DDR vengono chiuse e privatizzate dall’agenzia “Treue Hand“, finendo tutte in mano ai capitali dell’ovest. I prodotti alimentari industriali soppiantano velocemente, nei supermercati, quelli locali delle cooperative agroalimentari. Stefan Heym, in un racconto della raccolta “Costruito sulla sabbia”, racconta la situazione delle case attraverso la storia di una coppia di cittadini della DDR che hanno appena acquisito il titolo di proprietà della propria casa. Si trovano davanti, prima, un tedesco occidentale accompagnato dall’avvocato, che sostiene di aver acquistato l’immobile prima del 1949. Quindi, un’anziana signora ebrea che racconta loro di essere l’originale proprietaria della casa, prima che il nonno la cedesse ad un gerarca nazista nel 1933. Risale così a galla la storia stratificata della Germania, quel doppio passato costituito dal dodicennio nazista e dal quarantennio socialista.

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

Leggi anche

Deborah Feldman: E’ facile essere ebrei in Germania, purché non si critichi lo Stato di Israele

Traduciamo una riflessione della scrittrice ebrea tedesco-americana Deborah Feldman, autrice di Unorthodox, apparsa sul Guardian.

2 commenti

  1. Scusate la pignoleria da prof di tedesco, ma potreste correggere le sviste? “Wir sind das Volk”, “Wir sind ein Volk”, e, nell’ultimo paragrafo, “Treuhand” e Stefan “Heym”, cognome da correggere anche nel quarto paragrafo perché é lui l’autore di Auf Sand gebaut, costruito sulla sabbia, e di Aschermittwoch, mercoledì delle ceneri, non Hein. Grazie per l’interessante articolo.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com