Belgorod

RUSSIA: Cosa sta succedendo a Belgorod?

Da ormai parecchie settimane la regione di Belgorod, al confine tra Russia e Ucraina, viene bombardata costantemente. Mentre Mosca guarda all’attentato avvenuto al Crocus City Hall, le vicende del “remoto” Oblast’ non dovrebbero passare inosservate.

Cosa sta succedendo?

La regione di Belgorod, oblast’ di confine a nord di Kharkiv, è da settimane bersaglio di bombardamenti e incursioni terrestri. Il 30 dicembre dello scorso anno un attacco alla città aveva ucciso 25 persone. Bombardamenti e azioni militari limitate si sono susseguite in questi tre mesi, spesso in risposta ad attacchi russi alle città ucraine; ma da qualche settimana le esplosioni si sono fatte più frequenti e le sirene hanno cominciato a suonare più spesso. Non è un caso che ciò sia avvenuto a ridosso delle elezioni presidenziali (15-17 marzo), rendendo così la presenza alle urne potenzialmente fatale e facendo sembrare ancora più ridicolo (se possibile) il dato riportato dal governatore della regione, Viaceslav Gladkov: affluenza dell’87% e 90% di preferenze per Vladimir Putin – colui a causa del quale Belgorod è diventata la regione meno sicura dell’intera Russia.

Dati gli incessanti attacchi portati dal confine, il governatore Gladkov (come anche Roman Starovoyt, il governatore della regione di Kursk, ugualmente colpita anche se con minor intensità) ha deciso di evacuare i bambini e chiudere le scuole e i centri commerciali di alcuni distretti regionali. I bambini (nell’ordine delle migliaia, anche se non esiste un dato preciso) saranno evacuati in altre regioni. Le vittime civili nelle ultime settimane sembrano essere decine, mentre sulle morti militari dei due schieramenti non si hanno numeri certi.

Civili come bersagli?

Esprimendosi sulla questione, Putin ha dichiarato che la Russia avrebbe risposto “a tono” ai bombardamenti di Belgorod, facendo intendere che, date le vittime e i danni ad alcune infrastrutture civili, Mosca avrebbe potuto cominciare a scegliere deliberatamente questo tipo di bersagli. Cosa che di fatto l’esercito russo sta già facendo da due anni.

Le fatalità tra i civili sembrano trovare una spiegazione nei mezzi con cui vengono effettuati questi attacchi e nella conseguente risposta della contraerea. Le autorità russe sostengono che i bombardamenti sono effettuati per mezzo del sistema di lanciarazzi multiplo RM-70 Vampire, di fabbricazione ceca, più o meno modificato per lo scopo: questi sistemi equipaggiano missili poco costosi, hanno alta cadenza di fuoco ma scarsa precisione. Frammenti e schegge (le cause principali della morte o del ferimento dei civili) sono tipiche di questa tipologia di armi.

A ciò si aggiunge il tipo di difesa operata dai russi. I sistemi di difesa aerea, i Pantsir S-1, hanno un’elevata precisione ed efficienza, ma sono molto costosi – e qualche volta si cerca di andare al risparmio. Inoltre, far fronte a bombardamenti continui significa, anche nel caso di successo nell’intercettazione di un missile, creare ulteriori detriti, macerie e schegge potenzialmente fatali.

Guerra civile o ribellione?

A portare avanti le azioni sono soprattutto gruppi di volontari russi che combattono al fianco delle forze armate ucraine: tra questi il Corpo dei Volontari Russi (Русский добровольческий корпус, RDK), la Legione Libertà della Russia (Легион «Свобода России», LSR) e il Battaglione Siberiano. Questi operano in accordo con le autorità e le forze armate ucraine, ma hanno un certo margine di autonomia, soprattutto nel caso delle incursioni terrestri: l’esercito ucraino non ha mai messo piede in Russia, sia (molto probabilmente) per volontà ed espressa richiesta degli alleati occidentali, sia perché lo scopo di queste azioni non è una conquista militare.

Anzi, si potrebbe dire che il senso militare è quasi nullo. Nessuno è così ingenuo da sognare di penetrare nel territorio russo fino a Mosca per andare a prendere Putin – anche se Prigozhin sembrava esserci riuscito, ma quella è un’altra storia. Come si evince dai comunicati congiunti dei tre gruppi su Telegram, queste incursioni sono state una vittoria, anche se piccola naturalmente. Sono almeno due i motivi.

Innanzitutto, le azioni militari hanno posto il problema della sicurezza delle regioni di confine. La popolazione, che si è sentita “tradita” dalla noncuranza dei concittadini moscoviti o pietroburghesi – tanto più ora, a seguito dell’attentato – ha invaso i social con hashtag come “#BelgorodIsRussia”. Canale Uno (Первый канал), la principale emittente pubblica, ha dovuto chiudere i commenti dei suoi post su VKontakte, dopo che numerosi abitanti di Belgorod avevano denunciato la poca attenzione rivolta alla loro condizione. Stessa sorte per il propagandista Vladimir Solov’ëv, che aveva definito quella degli abitanti di Belgorod una “vile isteria”: il profilo del suo programma, “Solov’ëv LIVE”, ha dovuto eliminare tutti i commenti.

E poi c’è la paura dei governatori regionali, che non vogliono trovarsi nella stessa situazione di Gladkov, abbandonati a loro stessi per l’evacuazione dei civili, con alcuni distretti o villaggi occupati dai “ribelli” – come lo sono stati per alcuni giorni Grayvoron e Kozinka, dove le incursioni continuano. Rostov, Bryansk, Krasnodar, Voronezh, Kursk: tutti gli oblast’ di confine potrebbero essere potenzialmente interessati da ulteriori azioni.

In secondo luogo, la permanenza di questi gruppi sul territorio– composti di cittadini russi, ricordiamo –  dà spazio all’idea di un’alternativa al potere del Cremlino, che gli abitanti sentono ora così distante. Rinforzare la sensazione di un Putin disinteressato e incapace di difendere i suoi cittadini sembra lo scopo principale di queste azioni, che, a maggior ragione, sono portate avanti da volontari russi e non dall’esercito ucraino. Come ha detto l’analista Mikhail Sheitelman a Radio Free Europe, prendiamo il caso di un uomo a Belgorod, “dove tutti sono stati evacuati, la scuola è stata chiusa, Putin non lo ha salvato, non lo ha protetto. E se questi battaglioni di volontari formano una sorta di amministrazione distrettuale, ad esempio, ma a modo loro, sotto una bandiera bianco-blu-bianca, allora questo residente verrà e dirà: “Mi proteggerai?” “Sì”, diranno, “certo. Ecco la tua pensione, ecco il tuo stipendio. Adesso ti pagheremo. Ecco i nostri nuovi rubli, vai al negozio, compra il pane. A proposito, tuo figlio si unisce al nostro esercito adesso, lo chiameremo perché ora siamo il nuovo governo.” Dirà: “Certo, può combattere per questo e per quello. Perché no?” Questa è un’alternativa al governo russo. Questo è ciò che spaventa Putin.

Insomma, la portata del fenomeno è ancora modesta, e parlare di guerra civile è decisamente prematuro. Ma l’attrattiva per queste formazioni potrebbe cominciare a farsi spazio e conquistare terreno, sia militarmente sia politicamente

Foto: Belgorod, The Moscow Times

Chi è Davide Cavallini

Laureando in Storia. Cuore diviso tra la provincia est di Milano e l'Est Europa. Dopo svariati viaggi in Romania tra turismo e volontariato incomincia a scrivere per East Journal. Appassionato di movimenti giovanili, politiche migratorie e ambientali.

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