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BULGARIA: Salvare l’Ucraina, in segreto

Il quotidiano tedesco Die Welt rivela il ruolo cruciale della Bulgaria nel fornire aiuti all’Ucraina subito dopo lo scoppio della guerra

Il paese che ha salvato l’Ucraina in segreto”. Così è intitolata l’inchiesta pubblicata il 18 gennaio dal quotidiano conservatore tedesco Die Welt, frutto di interviste esclusive al ministro degli Esteri ucraino Dmytro Koleba, all’ex premier bulgaro Kiril Petkov, e al suo ministro delle Finanze, Assen Vassilev.

Il governo bulgaro, allora guidato da Petkov, avrebbe inviato armi e carburante diesel all’Ucraina già quattro giorni dopo l’invasione. La mole di forniture è quanto meno impressionante: le armi inviate avrebbero rappresentato un terzo del fabbisogno ucraino, mentre il diesel fornito sarebbe servito a garantire il funzionamento del 40% dei veicoli dell’esercito ucraino tra aprile e agosto. Diesel, da sottolineare, proveniente dalla compagnia russa Lukoil.

Tutto ciò in segreto perché la Bulgaria, ufficialmente, non ha mai inviato armi a Kiev. Gli equilibri nella coalizione di governo (formata dal partito centrista di Petkov “Continuiamo il cambiamento”, i socialisti, i populisti di “C’è un popolo così” e “Bulgaria Democratica”) erano troppo fragili: i socialisti, tradizionalmente russofili, si erano opposti categoricamente all’invio di armi. Lo stesso Presidente della Bulgaria, Rumen Radev, era contrario all’invio.

Il segreto di pulcinella

In realtà, tutti erano al corrente della situazione. Il premier Petkov ha dichiarato di recente che, sebbene la Bulgaria non fornisse direttamente armi all’Ucraina, paesi terzi della NATO hanno acquistato armi da Sofia per spedirli a Kiev.

Emerge quindi la grande ipocrisia dei socialisti bulgari. La leader del partito, Kornelia Ninova, ha dichiarato a Die Welt che “la Bulgaria non ha mai fornito direttamente armi all’Ucraina. Chiunque lo dichiari è un bugiardo. La Bulgaria non ha fornito neanche una cartuccia all’Ucraina”.

Come vice-premier, e soprattutto come ministra dell’Economia e dell’Industria, Ninova era sicuramente al corrente dell’escamotage: il ministero di cui era a capo è infatti responsabile del commercio di armi. Lei stessa, interrogata in Parlamento, ha dichiarato che, tra marzo e giugno, l’export di armi bulgare era triplicato.

Il ruolo decisivo di Sofia

Il governo ucraino ha confermato i fatti. Il ministro Kuleba ha dichiarato che a Kiev sapevano dei grandi stoccaggi di armi bulgare e che Petkov si era impegnato a fare tutto ciò che era in suo potere, considerati gli equilibri interni della Bulgaria. “Mentre alcuni partner di governo hanno scelto di schierarsi con la Russia, Petkov ha deciso di stare dal lato giusto della storia, aiutandoci a difenderci contro un nemico molto più forte”, va avanti Kuleba.

Le dichiarazioni di Petkov e Vassilev forniscono un’immagine ben più netta del ruolo giocato dalla Bulgaria nei giorni successivi allo scoppio della guerra, quando Sofia era per lo più classificata come indecisa e timida, affianco a Budapest. Petkov aveva allora spinto il Consiglio europeo, riunitosi informalmente, ad agire e a sanzionare la Russia, dichiarando che il presidente ucraino Zelensky avrebbe avuto meno di due giorni di vita.

Nel frattempo, a Parigi, il ministro delle Finanze Vassilev cercava di persuadere i colleghi europei ad essere più decisi: messa da parte l’economia, Vassilev ha detto la sua su cosa significasse “denazificare l’Ucraina”, rievocando quanto i russi avevano fatto in Bulgaria dopo la seconda guerra mondiale. Alcuni partecipanti all’incontro, intervistati da Die Welt, hanno confermato il ruolo chiave del ministro bulgaro in quella sede. Nei circoli di Bruxelles, le prime misure adottate dall’UE sarebbero state designate come “la proposta bulgara”.

L’inchiesta riporta che successivamente, quando l’Ucraina è riuscita a cacciare i russi dalla regione di Kiev e quando le armi occidentali non erano ancora state ricevute, Kuleba si è recato a Sofia: l’Ucraina aveva bisogno di rifornire i suoi depositi di armi di stampo sovietico. Petkov ha dichiarato che la Bulgaria avrebbe allora autorizzato le esportazioni tramite compagnie estere, soprattutto in direzione Varsavia. Alcune fonti di Die Welt hanno dichiarato che le forniture sarebbero state finanziate da Stati Uniti e Gran Bretagna.

Cosa farà Mosca?

La Russia reagirà a queste evidenze? Dato l’accanimento di Mosca contro Sofia da quando la guerra è scoppiata, è fortemente plausibile che Vladimir Putin fosse già al corrente dell’invio di armi e diesel. Già a maggio, infatti, la Bulgaria era stata vittima di vasti cyberattacchi.

Mosca ha inoltre cercato di corrompere diversi deputati bulgari e di infiltrarsi nelle istituzioni del paese. E ad aprile, la Bulgaria era stata il primo stato UE (insieme alla Polonia) a vedere interrotte le proprie forniture di gas russo. La Bulgaria ha inoltre espulso settanta dipendenti dell’ambasciata russa a Sofia per spionaggio.

Foto: Vassia Atanassova – Spiritia, Wikimedia Commons, CC BY-SA

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Al momento svolge un dottorato in Scienze Politiche e Sociologia alla Scuola Normale Superiore di Pisa sulle coalizioni rosso-brune in Europa centro-orientale. Scrive su East Journal dal dicembre 2021.

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