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ESTREMA DESTRA: Niente Europa senza fascismo, storia dell'europeismo fascista

Precisiamo subito che “niente Europa senza fascismo” è una frase di Adriano Romualdi, una delle menti più interessanti del neofascismo italiano, e risale al 1965. Affrontare la tematica del pensiero europeista all’interno della destra radicale è compito arduo per via della caratteristica, tipica della produzione culturale di tale area politica, alla dispersione in mille correnti, scuole e fazioni. Tenteremo quindi per sommi capi di ripercorrere le vicende dell’idea di Europa nella destra radicale senza la pretesa di essere esaustivi, tanto più che ogni singola realtà, nazionale o meno, andrebbe presa in considerazione come un caso a sé.

Europa nazione, Europa patria, Europa impero, Europa delle nazioni, Europa delle patrie, Europa dei popoli, sono alcuni dei termini con cui l’estrema destra si è definita all’“idea di Europa”, un’idea che, ai fini della nostra analisi, possiamo far risalire al periodo tra le due guerre mondiali: un’epoca storica densa di fermenti culturali, politici e dove si ponevano le premesse per sviluppi storici futuri densi di gravi conseguenze.

Pierre Drieu La Rochelle e l’Europa fascista tra le due guerre

Una delle prime figure ad affontare tematiche europee è stato Pierre Drieu La Rochelle, intellettuale francese suicidatosi il 15 marzo del 1945 quando la disfatta nazista era ormai un dato di fatto. L’idea di Europa era strettamente connessa alla presunta necessità di rendersi autonomi dai due grandi vincitori della Prima Guerra Mondiale: il comunismo russo e il capitalismo americano; il polo attorno a cui costruire un progetto europeo era identificato nella Germania e nella sua funzione egemonica. La Germania era vista come una nazione solida, unita e dove il nazismo portava la disciplina utile a fare di 80 milioni di persone un perno del futuro continente europeo.

Questa caratteristica di superare i nazionalismi per creare una Europa unita “contro qualcuno o qualcosa” è un elemento fondamentale dell’europeismo della destra radicale. L’Europa “fascista” ha sempre avuto il limite di essere uno strumento difensivo, un bastione per nascondersi da un presunto pericolo, ed un’Europa basata sulla paura non può non avere al suo interno una debolezza strutturale ed autodistruttiva. Un’Europa dunque che avrebbe dovuto superare il nazionalismo cieco, ed antimoderno, per federarsi in una dimensione superiore dove la fede nazista, e nello specifico la devozione al leader, poteva unire i vari fascismi e porsi come alternativa tra capitalismo e comunismo, democrazia anglosassone e bolscevismo russo, individualismo liberale e collettivismo marxista. Da qui in seguito il culto delle SS, formate da giovani provenienti da diverse parti d’Europa in nome di un’unica idea, prototipi dell’uomo nuovo, europeo, difensore dell’idea.

Ma la “confederazione europea “ di Drieu era anche un’Europa bianca, ariana, con un carattere esplicitamente razziale. E proprio sulla questione razziale l’Europa avrebbe dovuto “collaborare” con USA e Russia nello sfruttamento di quello che poi sarà chiamato “terzo mondo”. Citando ancora Adriano Romualdi “Noi ripetiamo che l’Europa risorgerà fascista o si spegnerà lentamente nel benessere e nella democrazia finché, nell’ora immancabile del giudizio storico finale, sarà travolta dalla rivolta mondiale dei popoli di colore guidati da una Cina fanatica e inesorabile”.

Impero Europa, da Algeri a Borghezio. Jean Thiriart e la Jeune Europe

Proprio le vicende legate alla decolonizzazione portarono grandi mutamenti alla visione Europeista del neofascismo. Siamo nel 1962, in piena guerra d’Algeria, e membri dell’esercito francese dopo la sconfitta in Indocina hanno studiato a fondo i manuali della guerriglia comunista arrivando alla sintesi di un pensiero ibrido e che oggi potremmo definire forse “nazionalrivoluzionario”. L’OAS (Organisation de l’armée secrète), questo il nome del gruppo in questione, applica in Algeria metodi di controguerriglia e non di guerra regolare, compiendo attentati in patria e tentando un colpo di stato contro De Gaulle, dichiarato nemico degli interessi nazionali.

In questo contesto nasce Jeune Europe, fondata da Jean Thiriart che recupera l’idea di Europa come superamento dello stato nazione. I militanti chiedevano lo scioglimento simultaneo del patto atlantico e di quello di Varsavia per unire il continente europeo in una “grande nazione”. Il movimento assunse poi un carattere europeo, federando diversi movimenti di estrema destra nel National Party of Europe ma soprattutto si caratterizzò per una crescente simpatia per i movimenti di liberazione nazionale, rompendo di fatto con il carattere razziale del progetto europeo fascista.

Jeune Europe arrivò anche a ritenere che la Russia dovesse fare parte del progetto europeo, riconciliandosi con il comunismo, come mostra la stessa biografia politica del fondatore diventato in seguito gollista per arrivare quindi all’estrema sinistra. Thiriart propugnava “un socialismo europeo ed elitario“, tanto che la definizione usata era “Impero Europa“, sostenendo “un comunismo sbarazzatosi dell’utopia marxista” ed il suo movimento fu un vero e proprio laboratorio di idee: basti ricordare che diversi membri italiani confluirono in seguito nelle Brigate Rosse, mentre altri membri erano Claudio Mutti (punto di riferimento degli eurasisti italiani) e Mario Borghezio. Sempre a Jeune Europe si possono fare risalire le origini di quello che oggi è il comunitarismo.

Alain de Benoist e il GRECE. La riscoperta delle radici locali dell’Europa

Un ulteriore passo in avanti venne negli anni ’80 con la Nuovelle Droite di Alain de Benoist, animatore del GRECE (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne), che incentrò una nuova idea (da destra) di Europa fondata sulle comunità locali, sul rispetto delle differenze, con una radicale critica del razzismo, e sull’ ecologismo. Tuttavia una visione da destra dell’Europa è sempre rimasta confinata in una sfera culturale senza riuscire ad affermarsi politicamente, e questo per diverse ragioni: anzitutto la mancanza di un partito di riferimento forte (ed i fortissimi contrasti con i partiti “ufficiali” della destra radicale), in secondo luogo per la sempre ambigua posizione nei confronti degli USA (che uno dei riferimenti della destra radicale come Julius Evola definiva il “male minore”) ed infine dal prevalere nella destra europea di una mentalità nazionalista e lontanissima dall’anticapitalismo.

In conclusione l’idea di Europa della destra radicale nasce debole e viziata dalla necessità di difendersi. E se la paura risulta da sempre elemento costituente di tale europeismo, dopo la seconda guerra mondiale, quando fattore centrale dell’ideologia del neofascismo diventa la sconfitta, le basi su cui esso si regge diventano ancora meno solide. Oggi nel variegatissimo panorama della destra radicale le contraddizioni ereditate dalle vicende trattate sembrano essere ancora molto forti, spesso legate ai fenomeni migratori, ed in ogni caso facendo dell’“europeismo fascista”, oltre che un sogno sfumato, qualcosa che nasconde altro, spesso accompagnato da una pericolosa voglia di rivincita.

Chi è Pietro Acquistapace

Laureato in storia, bibliofilo, blogger e appassionato di geopolitica, scrive per East Journal di Asia Centrale. Da sempre controcorrente, durante la pandemia è diventato accompagnatore turistico. Viaggia da anni tra Europa ed Asia alla ricerca di storie e contatti locali. Scrive contenuti per un'infinità di siti e per il suo blog Farfalle e Trincee. Costantemente in fuga, lo fregano i sentimenti.

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3 commenti

  1. certo che considerare l’etnocomunitarismo di Thiriart di estrema sinistra mi fa crollare il valore di tutto l’articolo

  2. Capisco che l’articolo sia breve e che comprensibilmente debba “riassumere”. Rilevo però dei pregiudizi tipici del pensiero dominante quando guarda a destra, che spesso non si prende cura di analizzare e leggere i testi “di prima mano”. Un po’ sulla falsa riga di Furio Jesi e delle sue risibili analisi della cultura di destra.
    Andiamo con ordine.

    1) la maggior parte delle Waffen SS erano russe, ucraine ma anche albanesi, bosniache e caucasiche. Nella Wehrmacht è attestata la presenza di soldati di colore di origine africana, oltre che indiani e arabi. Le foto in merito sono facilmente reperibili on line. Dunque tutti i riferimenti all’Europa razzista come base dell’europeismo “di destra” presenti in questa analisi vacillano dalla fondamenta. Un esempio classico che però come al solito viene facilmente dimenticato è quello di Erwin Rommel che riceve una rappresentanza dei suoi prigionieri inglesi che si lamentano di dover condividere gli alloggiamenti con soldati di colore indiani. Rommel risponde che non ne riconosce le ragioni, tanto più che vestono la stessa divisa!

    2) Il riferimento a Evola come “non troppo critico” verso gli USA è decisamente fazioso e risente probabilmente di una conoscenza dell’autore di seconda mano o comunque non aderente ai testi: infatti la definizione di “male minore” per gli USA è utilizzata – nonché più volte spiegata dall’autore nelle interviste – semplicemente in riferimento alle possibilità di sopravvivenza fisiche per l’uomo differenziato, “in piedi tra le rovine”, che nell’URSS non poteva sopravvivere facilmente a gulag e processi farsa; USA e URSS vengono invece più volte indicati come due facce della stessa medaglia materialista, massificatrice e capitalista basate sulla demonia dell’economia (si vedano a riguardo “Rivolta contro il mondo moderno”, “Gli uomini e le rovine”);

    3) Manca del tutto la prospettiva Nazional Rivoluzionaria propria alla c.d. Rivoluzione Conservatrice, che già criticava il pangermanesimo in favore di una alleanza con il bolscevismo russo in funzione anti capitalistsa (si vedano Muller, Ernst Niekisch, von Salomon, Ernst Junger a tratti, solo per citarne alcuni); si consiglia la lettura del testo di base sull’argomento Armin Mohler “La rivoluzione conservatrice”;

    4) Manca ogni riferimento all’idea più importante , quella tramandata da J. Evola, di una Europa imperiale che supera i nazionalismi rifacendosi all’ecumene medioevale e prima ancora all’impero romano; fondandosi su di una milizia extranazionale come quella degli ordini monastici/cavallereschi (teutonici, templari, ecc. ecc.); impossibile capire questo “europeismo” (anche se l’uso dell’ “ismo” è francamente antinomico già in partenza) senza partire dal concetto di “Tradizione”;

    5) Le convergenze tra estrema destra ed estrema sinistra sono abbastanza frequenti e risalgono agli anni ’60, basti ricordare il noto testo “La disintegrazione del sistema” di F. Freda, nonché gli studi sul “nazimaoismo”. Si dimenticano troppo spesso gli avvicinamenti tra giovani degli opposti schieramenti nelle prime fasi del movimento studentesco e durante gli scontri di Valle Giulia, solo per citare gli esempi più noti. Infine l’appoggio totale da parte dei movimenti “europeisti” da destra ai movimenti di resistenza al neocolonialismo dei paesi del Terzo Mondo, compresa la rivalutazione di Mao, di Che Guevara, di Komehini e ai giorni nostri di Chavez e Mahmud Ahmadinejad; alcuni italiani “di destra” sono attestati tra le fila dei Mujaheddin Afgani contro le truppe di invasione russe!

    6) Spiace infine che la figura di Romualdi esca così male. Fondamentalmente il suo appello all’Europa è basato sullo studio dell’indoeuropeistica e delle consonanze culturali tra i vari popoli indoeuropei (greci, slavi, germani, celti, latini) e solo su questa base è comprensibili il suo sforzo “Europeo”; si veda a riguardo il suo scritto di maggiore profondità, ovvero “Gli indoeuropei” edizioni di Ar.

    Non si tratta soltanto dunque di una europa concepita “debole”, soltanto come “difesa contro qualcuno o da qualcosa”, ma anche e soprattutto nella maggior parte dei casi come recupero tradizionale (Evola e Romualdi in primis). E’ chiaro che si può dissentire da tale linea, ed è lecito, e chi scrive ha riserve a riguardo di alcuni di questi argomenti. Si consiglia però un maggiore approfondimento. Saluti.

  3. Guarda i rossobruni nazicomunisti eurasiatisti come si assiepano…:D

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