RESISTENZE: Josef Matúsek, minatore cecoslovacco

Minatore, nato a Slezskà Ostrava (Slesia), segretario della Federazione clandestina dei minatori di Slezskà Ostrava e redattore del giornale «Havìr» («Il Minatore»). Arrestato a Slezská Ostrava dalla Gestapo – torturato – tradotto nelle carceri di Berlino. Processato il 17 agosto 1943,giustiziato a Berlino il 12 ottobre 1943. La lettera che pubblichiamo è alla moglie, Hedvika, alla quale dedica – dopo un’apologia alla causa comunista – parole delicate e strazianti.

Cara Hedvika,

il 17 agosto sono stato condannato a morte. La faccenda durerà an­cora tre lunghi mesi. Se sarà mio destino morire, non c’è nulla da fare. Non c’è rosa senza spine. Ma nel tuo cuore e nel pensiero della «nera» Ostrava non morirò mai, poiché ho sempre fatto solo del bene e ovunque ho portato l’amore e la gioia. Oggi muoiono gli uomini migliori. Sem­bra che per l’amore verso la classe operaia e la nazione io debba pagare un tributo: la mia testa. Sembra che per un bene immortale io debba dare del sangue mortale.

Le vie della resurrezione sono lastricate con i nostri corpi, le porte della nuova primavera sono costruite con le nostre teste. Cara nazione boema, caro papà Josef*. Noi alla fine, malgrado tutto, vinceremo. E tu, Hedvika, e anche tu, terra di Ostrava, avrete nel cuore il mio monumento, con su incise queste parole: “ricordo eterno e gloria agli eroi!”. Noi due abbiamo intrapreso una strada spinosa, ma nobile. Tu arriverai fino alla fine di questa strada, io no. Io sarò caduto alcuni passi prima della meta. Per l’idea muoiono, nell’Unione Sovie­tica, centinaia di migliaia di persone, muoiono anche per noi. Salutami tutta Ostrava e tutti i conoscenti, soprattutto la fedele Slezská Ostrava. Sono convinto che, così come ho fatto io, anche tu — moglie di un comunista trucidato — e anche tutte le altre donne alle quali la Gestapo ha preso gli uomini, vi porrete al posto dei vostri mariti e appoggerete il Partito Comunista e lavorerete per esso.

Hedvika, sulle nostre nozze d’argento è piombata una nube nera. Io, però, ringrazio il destino per i 25 anni trascorsi al tuo fianco. questo è stato per me il piú bel regalo. Questo è stato il mio più bel sogno, la favola della mia vita. E’ già svanita. Mi sembra non sia trascorso molto tempo dall’epoca in cui, a mezzogiorno, ti venivo incontro in via Josèfkà quando andavi a pranzo. Mi sembra non sia trascorso molto tempo dall’epoca in cui, prima di sposarci, in maggio, sedevamo sulle rocce e la silenziosa notte ci portava, da Zárubck, il suono della can­zone: «Quando il destino ti porta il dolore e la malinconia t’entra nel cuore». Canto quella canzone che cantavamo pulendo le piume* e an­che quell’altra: «Arriva la primavera, arriva, di nuovo verrà maggio». Sii coraggiosa, non piangere, soltanto l’uomo debole dispera di sé. In occasione delle nostre nozze d’argento ti ringrazio per il tuo amore verso di me, per tutto ciò che hai fatto per me. Che la vita ti dia ancora raggi di sole dorato e il profumo delle rose!

Sarò felice, Hedvika, di ricevere ancora tuoi scritti. Sii forte e coraggiosa.

Tuo

Josef

———

Note

*Allude a Stalin.

**Si riferisce alla piuma usata per imbottire le coperte.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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