UCRAINA: Le donne della Transcarpazia protestano contro la guerra

In un recente articolo del Guardian, Timothy Garton Ash invita alla guerra contro la Russia. Per il giornalista Putin deve essere fermato a ogni costo e l’UE deve essere in prima fila. Oggi è il momento delle azioni militari e non delle mosse diplomatiche, scrive l’inglese. Molti ucraini però la pensano diversamente rifiutando in massa la chiamata alle armi del governo di Kiev. Le tensioni maggiori si registrano in Transcarpazia, dove già dall’estate scorsa movimenti popolari, guidati dalle donne, si oppongono alla guerra.

La quarta ondata di reclutamento è iniziata il 20 gennaio in Ucraina, e non si sta certo concludendo come il governo aveva previsto. In numerose aree si contano massicce fughe di uomini in età di leva verso la Russia, nella regione di Ivano-Frankivsk più di metà dei richiamati non si è presentato negli uffici militari.

La situazione peggiore si registra nella regione più occidentale dell’Ucraina, la Transcarpazia, abitata da numerose comunità nazionali (ruteni, ungheresi, romeni, rom, slovacchi), che forse proprio per questo non ha mai evidenziato grande entusiasmo per il nazionalismo di Kiev. Proprio questa regione, la più occidentale geograficamente, elettoralmente non si è mai schierata apertamente con i partiti nazionalisti ucraini, preferendo non di rado il Partito delle Regioni di Yanukovich, sostenitore almeno a parole, di maggiori autonomie regionali e dei diritti delle minoranze. Il principale partito della comunità ungherese era infatti un alleato di Yanukovich fino al cambio di governo del 2014.

Le donne della Transcarpazia quindi, non danno l’impressione di seguire i consigli di Timothy Garton Ash, ed alla guerra totale contro il nemico russo hanno più volte risposto con manifestazioni ed atti di disobbedienza civile per evitare che figli e mariti siano costretti a partire per un fronte lontano e sanguinoso. L’estate scorsa numerose protese sono sfociate nell’occupazione delle principali strade. In questo video si vedono alcune donne di Berehove (Beregszász in ungherese) chiedere chiarimenti al sindaco inveendo contro i militari ucraini.

La comunità ungherese ucraina accusa il governo di mandare i propri giovani a combattere in prima linea non rispettando il loro diritto a tirarsi fuori da una guerra che non li riguarda. Sì sa, è pratica comune mandare a combattere militari che provengono dalle regioni più lontane, quelli con minor possibilità di conoscere, e fraternizzare con il nemico. Così le strade della Transcarpazia si riempiono di soldati ucraini, mentre i coscritti locali vengono mandati a combattere in prima linea, almeno quelli che non sono riusciti ad abbandonare il paese. Perchè da diversi mesi ormai numerosi giovani preferiscono espatriare verso l’Ungheria, di cui spesso possiedono la doppia cittadinanza, che onorare “la Patria”.

Le ultime proteste della comunità ungherese sono indirizzate proprio contro i maggiori controlli che le guardie di frontiera ucraine hanno predisposto. In una nota del primo febbraio il KMKSZ (Alleanza culturale ungherese di Transcarpazia) accusa il governo di vìolare apertamente la Costituzione (Capitolo 2, Articolo 33) e le direttive del Consiglio d’Europa che garantiscono ad ogni cittadino la possibilità di lasciare il proprio paese. Solo lo “stato di guerra” potrebbe portare alla chiusura dei confini, ma questo ad oggi non è stato dichiarato.

Chi è Aron Coceancig

nato a Cormons-Krmin (GO) nel 1981. Nel 2014 ho conseguito all'Università di Modena e Reggio Emilia il Ph.D. in Storia dell'Europa orientale. In particolare mi interesso di minoranze e storia dell'Europa centrale. Collaboro con il Centro Studi Adria-Danubia e l'Istituto per gli incontri Culturali Mitteleuropei.

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16 commenti

  1. Strano “articolo” pieno di affermazione apodittiche capziose e prive di qualsiasi riscontro, sembra una rimasticatura delle disinformazioni di RT.
    Circa la situazione della minoranza ungherese vorrei solo ricordare che rappresenta circa il 12% della popolazione della Rutenia transarcapitca cioè circa 150.000 persone, di contro gli ucraini sono circa l’80% (1.050.000), se i numeri possono dire qualcosa, forse un maggior equilibrio sarebbe necessario. Non abbiamo bisogno certo di un altro finto Donbass!
    Sarebbe stato più significativo interessarsi al “Raggruppamento delle Madri dei Soldati” russo, le povere donne non possono neanche piangere i figli morti in “incidenti” o per “infarto”.

  2. Caro lettore, le fonti su cui si basa l’articolo sono i principali giornali in lingua ungherese della Transcarpazia ed i comunicati stampa di KMKSZ principale associazione ungherese dell’Ucraina, che ha anche un parlamentare alla Rada eletto all’interno della lista di Poroshenko. Certo gli ungheresi sono minoranza, anche se la mia esperienza mi fa dubitare dell’esattezza dei censimenti nazionali di questa parte d’Europa. Comunque l’articolo non ha l’obiettivo di creare un nuovo Donbass ma solo di evidenziare come la popolazione civile, ed in primis le donne, non abbiano alcuna simpatia per questa/la guerra. Mi chiedo quindi se dobbiamo ignorare queste proteste e critiche (certamente più forti nella comunità magiara) per paura di creare un nuovo Donbass, o forse è bene raccontare le posizioni della società civile contro la guerra?
    PS: non mi sono interessato al “Raggruppamento delle Madri dei Soldati” non per finalità “politiche” ma perchè non parlo russo e quindi avrei difficoltà a reperire fonti attendibili.

  3. Fa bene a dubitare della correttezza dei censimenti, comunque l’ultimo censimento dell’Imperial Regio Governo portava la percentuale del 26,00% e da allora, per evidenti ragioni storiche, non può che essere diminuita. La minoranza ungherese è rappresentata da due raggruppamenti politici e non vedo particolari discriminazioni su basi etniche. Quello che contestavo era la capziosa suggestione di un vasto movimento di rifiuto della guerra e un diffuso fenomeno di retinenza alla leva, tra l’altro non circoscritto a giovani della comunità ungherese. Entrambi i fatti non mi sembrano supportati da validi elementi documentali.
    Circa i nuovi fasulli Donbass,il sig. Orban, ogni tanto preda di furbe esaltazioni demagogico-irredentistiche, rivendica la “tutela” delle minoranze magiare all’estero. Poiché tali rivendicazioni non sarebbero tollerate nei confronti di Slovacchia, Romania o Serbia, si riduce a fare la voce grossa sul 12% della Rutenia Transcarpatica. Sembra la mosca carraia della favola, al seguito del carro di Putin.

  4. Purtroppo non mi sento di condividere quanto scrive lei, ovvero la mancanza di discriminazioni su basi etniche. La minoranza ungherese è discriminata, e con la guerra questa situazione è peggiorata. Molti ungheresi vengono mandati a combattere in prima linea, e immagino che gran parte di questi non abbiamo la benché minima intenzione di morire per riconquistare il Donbass.
    Sulla renitenza alla leva. Da quello che riesco a percepire io la stragrande maggioranza dei giovani e meno giovani non ha alcuna voglia di andare a morire nel Donbass, e sinceramente non mi meraviglio. Non dimentichiamoci poi che Ucraina e Russia sono due identità nazionali molto vicine, sovrapposte. Insomma molte persone hanno amici, parenti in Russia. Non mi sorprende se molte persone si rifiutano di combattere. Le mie fonti forse non saranno le migliori ma penso che di esempi ce ne siano molti. L’ultimo riguarda Zavarov ex-giocatore della Juve.
    Su Orban, il discorso è complicato. Certo Orban non ha posizioni irredentiste, però difende energeticamente le minoranze ungheresi all’estero. Cosa abbastanza normale in situazioni del genere, si pensi agli austriaci in Sud-Tirol e al ruolo dell’Austria per definire la loro autonomia.

    • Aron, ma in che maniera l’essere richiamati alla leva quando il paese è in guerra costituisce una discriminazione? O sostieni che i magiari di Transcarpazia, come gli ultraortodossi in Israele, dovrebbero essere dispensati dai propri doveri civici in quanto minoranza?

      • la comunità ungherese subisce discriminazioni quotidiane, visto che le leggi di tutela della minoranza sono assai flebili in Ucraina.
        Per quanto concerne la leva. La nuova Ucraina post-2014 rivendica con molta più forza di avere alla propria base un’identità nazionalista ucraina, allora sarebbe più logico che vadano solo gli ucraini a combattere. Questa è una mia visione personale, ma non vedo perchè le minoranze nazionali debbano combattere per lo stato-nazione che le opprime. Non conosco casi in cui le minoranze siano state esentate dagli obblighi di leva, ma sarebbe interessante indagare.
        Per quanto riguarda il caso ucraino, sembra (leggendo i giornali ungheresi) che la % di ungheresi in prima linea sia maggiore. Cosa che sinceramente non mi sorprenderebbe.

        • Aron, l’Ucraina era la meno “nazionalista” di tutte le repubbliche post-sovietiche: nel 1991 non ci fu nessun test di “ucrainità” (linguistica o culturale) per ottenere la cittadinanza, a differenza ad esempio di quanto avvenne in Lettonia od Estonia. Il primo manifestante ucciso sul Maidan era un ucraino d’origini georgiane, se ricordi. Dire che “sarebbe più logico che vadano solo gli ucraini [in senso etnico, ndD] a combattere” mi sembra giocare le stesse carte di Putin quando parla di protezione dei russi-etnici nelle altre repubbliche post-sovietiche. E’ un pericoloso gioco di etnonazionalismo, contrario alla concezione civica e liberale, europeo-contemporanea, dello stato, che spero l’Ucraina non si trovi a dover giocare.

        • infatti io parlo dell’Ucraina post-2014 che ha decisamente virato su un’identità nazionalista rispetto a quella precedente. A mio parere le minoranze nazionali dovrebbero avere il diritto di rifiutare la leva per Stati-Nazionali, cosa ben diversa sarebbe per Stati plurinazionali (come fu l’Austro-Ungheria) o come chiami tu di concezione civica e liberale. Ma l’Ucraina di Poroshenko non mi pare faccia parte di nessuna delle due.
          Un appunto sull’identità nazionale. Spesso i più nazionalisti sono proprio quelli che hanno origini miste.
          Io non dico che debbano andare solo gli ucraini in senso “etnico” (parola che non mi piace usare), dico che nell’Ucraina nazionalista di oggi sarebbe molto più logico. La mia opinione è che l’obiezione di coscienza è la migliore soluzione in questi casi.

          • La divisione che fai tra stati “nazionali” e “plurinazionali” mi sembra una cosa da XIX secolo, appunto. Oggi tutti gli stati europei sono stati civico-liberali, post-sovietici compresi. L’Ucraina era la prima di essi (e lo è ancora).

  5. Per quanto riguarda il problema delle discriminazioni su base etnica per la minoranza magiara, continuo a non vederle: Lei stesso ricorda “i principali giornali in lingua ungherese della Transcarpazia ed i comunicati stampa di KMKSZ principale associazione ungherese dell’Ucraina, che ha anche un parlamentare alla Rada eletto all’interno della lista di Poroshenko” , mi sembrano tutti elementi che non fanno pensare ad una attiva e pesante discriminazione.
    Certo la minoranza magiare è esigua, anche a livello locale, il paragone con l’Alto Adige- Süd-Tirol non è calzante: ancora oggi, nonostante la massiccia immigrazione italiana voluta dal fascismo, i germanofoni rappresentano la maggioranza (in molte località, addirittura, la totalità) della popolazione. Ben diversa è la situazione in questa regione “al di la dei monti” del Regno d’Ungheria.
    Dubito che qualcuno, sano di mente, gioisca all’idea di combattere e morire da qualsiasi parte. Eppure qualche Amish è morto da qualche parte in Europa (che era stata per loro matrigna più che madre…) vestendo la divisa USA. Comunque nonostante le “voci” riportate da “Kárpátalja” non vedo questa significativa diffusione del movimento di retinenza alla leva in Rutelia o nel Ivano-Frankivsk.
    Se vogliamo discutere delle conseguenze del Trattato di Trianon e che l’Ungheria perse i due terzi di territorio e popolazione, è un conto. Se vogliamo invece contemplare i contorcimenti nazional-ideologici del furbacchione camaleonte Orban, è altra cosa.

    • Discriminazione. Avere giornali in lingua o parlamentari non è sufficiente per avere una rete di tutela adeguata. Bilinguismo attivo, proporzione nei posti di lavoro statali, sistema educativo, autonomia, solitamente questi sono temi sensibili per le minoranze. E solitamente i provvedimenti legislativi di tutela non vengono ben attuati, quindi esiste anche questo secondo piano. Queste problematiche le vedo anche nella mia regione (Friuli VG) dove la rete di tutela è buona, ma non senza gravi falle. L’ultima volta che sono stato in Transcarpazia non mi pare che la situazione della minoranza fosse ottimale.
      Renitenza alla leva. Io continuo a pensare che questo movimento sia molto diffuso. Oggi ho trovato questa info: “Presidential adviser Yuri Biryukov said January 27, 2015 “Over the past 30 days the state border in Chernivtsi region crossed 17% of total military service area. From unofficial sources that hostels and motels in the border areas of neighboring Romania completely filled by those who evade conscription”.”
      Non so se la fonte sia attendibile. Fonte: http://www.globalsecurity.org/military/world/ukraine/personnel.htm
      Paragone con altre realtà. Ovviamente i due casi sono molto differenti, ma ogni minoranza nazionale è sottoposta a quello che Brubaker chiama “legame triadico”, ovvero minoranza-stato nazionale-madre patria. Dal mio punto di vista è normale che la “madre patria” intervenga a difesa della minoranza, e gli esempi storici dimostrano che se esiste una forte e interessata madre patria allora le tutele della minoranza sono più solide.

  6. Caro sig. Coceancig, non me lo voglia ma parlare dei magiari nella Rutenia Transcarpatica avendo in mente gli sloveni nel Friuli Venezia Giulia, mi sembra una forzatura. Se è vero che “Avere giornali in lingua o parlamentari non è sufficiente per avere una rete di tutela adeguata” le ricordo che la loro presenza non è scontata e comunque sono indispensabili per un “Bilinguismo attivo, proporzione nei posti di lavoro statali, sistema educativo, autonomia, solitamente questi sono temi sensibili per le minoranze”.
    Inoltre questi “temi sensibili” si scontrano e vanno anche parametrati sui numeri (le famose percentuali), sulle origini storiche, le contingenze attuali e, oggi più che mai, sulla globalizzazione e omogeneizzazione di culture, lingue e tradizioni: Lei saprà che molti ipotizzano la sparizione delle lingue nazionali/tradizionali sostituite da PigLatin a livello strutturale e pidgin per i (residuali) scambi interpersonali.
    Ritengo che, nonostante l’anno di pubblicazione, il “legame triadico” di R. Brubaker (minoranza-stato nazionale-madre patria) sia ancora figlio, meglio, prigioniero del nazionalismo novecentesco: l’esempio storico più calzante di una “ forte e interessata madre patria” fu la Germania nazista nei confronti dei Sudeti, e neanche gli aggiornamenti “Democrazia e minoranze nazionali” mi convincono.
    Per età, formazione culturale ed esperienze personali, mi sento più vicino ad Alessandro Passerin d’Entrèves, ad una Europa federale che sappia salvaguardare le piccole patrie.
    Per tornare ai nostri ruteni magiari, Lei forse si ricorderà che all’inizio della guerra, il vice presidente della Duma russa invitò pubblicamente Polonia ed Ungheria a partecipare allo smembramento dell’Ucraina: un vero avvoltoio degno servo di quel macellaio di Putin. Questo le fa capire che, in questo momento, dalle parti di Kyiv, certi “irredentismi” ad orologeria non possano contare su orecchie benevole.
    Cattivamente, Le faccio notare che, poichè gli ungheresi rappresentano lo 0,3% della popolazione ucraina, una percentuale di militari di origine magiara superiore agli altri ucraini contrasterebbe con i “numerosi giovani [che] preferiscono espatriare verso l’Ungheria, di cui spesso possiedono la doppia cittadinanza”.
    Da ultimo, è vero che ormai veline e calciatori sono diventati i Maître à penser dei nostri tempi, ma l’egoismo di un portafoglio su due scarpette non convince molto.

    • Caro Angelo, ho citato gli sloveni in Friuli solamente per far capire che è difficile raggiungere un sistema di tutele che escluda forme di discriminazione. Comunque reputo la comparazione, anche fra casistiche differenti, un ottimo sistema per comprendere meglio situazioni e conflitti, ma non era questo il caso. Purtroppo le problematiche delle minoranze sono molto complesse, e spesso difficilmente capibili da chi minoranza non è.
      Per quanto riguarda l’utilizzo del paradigma di Brubaker. Onestamente anche io mi sento più vicino ad “un’Europa federale delle piccole Patrie”, ma se vogliamo analizzare e capire la situazione odierna dell’Europa orientale (e direi non solo) quell’idea è la più adatta. Tanto è vero che a livello globale mi pare che gli Stati-nazionali non abbiano molta voglia di passare alla storia……
      Per quanto riguarda la % di ungheresi in guerra, forse mi sono spiegato male, ma il mio riferimento non era sulla presenza ungherese nell’esercito, ma sulla presenza ungherese in prima linea. Non vedo in maniera antitetica i due dati. A Debaltsevo molti soldati provenivano da Munkacevo, ad esempio.
      Cmq un generale dell’esercito ucraino ha smentito pochi giorni fa la notizia che ungheresi/romeni vengano reclutati in numero maggiore agli ucraini. Bisogna però capire se è una fonte attendibile. Purtroppo si sà in guerra è difficile reperire fonti.

  7. Caro sig. Coceancig, suppongo che le recenti mosse del governo Orban (rilascio a pioggia, sembra 92.000, di passaporti ungheresi a cittadini ucraini di ascendenza magiara) sia una concreta dimostrazione di “una forte e interessata madre patria allora le tutele della minoranza sono più solide”, e che incontrerà la sua approvazione.
    Per me è solo l’interferenza negli affari interni di un paese vicino cavalcando i carri armati russi.
    Speriamo che alla lunga gli ungheresi di Transcarpazia non facciano la fine dei tedeschi dei Sudeti.

    • Anche Italia offre proivileggi ai discendenti degli italiani all’estero, cosi lo fa anche il governo Orban. A me piace questo articolo che presenta la posizione delle donne ungheresi di Ucraina.

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