ARMENIA: Cento e uno anni dal genocidio armeno

Da EREVAN– Il 24 aprile in Armenia e in varie parti del mondo è stato commemorato il Medz Yeghern (il Grande Male), lo sterminio, a partire dal 1915, di centinaia di migliaia di armeni nei territori dell’Impero ottomano.

L’eccidio prese avvio nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 a Costantinopoli, con la deportazione e l’uccisione degli intellettuali armeni residenti nella città.

A queste seguirono altre atrocità negli anni successivi che portarono alla quasi totale eliminazione della comunità armena in territorio ottomano; il fatto che questi crimini furono compiuti nel corso della prima guerra mondiale, con le potenze europee impegnate nello sforzo bellico e disinteressate agli avvenimenti in Anatolia, permise di farli passare in gran parte sotto silenzio.

A perpetrare lo sterminio, fu il governo ottomano presieduto dal partito dei Giovani turchi che considerava gli armeni come un pericolo nello sforzo bellico contro i russi (visti i compatrioti che combattevano nell’esercito dello zar) e come un ostacolo per la costruzione di uno stato nazionale abitato esclusivamente da popolazioni di etnia turca.

Il carattere sistematico di queste stragi ha fatto sì che, a partire dal 1965 (50esimo anniversario) gradualmente esse venissero riconosciute come genocidio da un numero crescente di stati (tra i quali l’Italia, il Vaticano e l’Unione europea).

Tuttavia, nonostante l’attuale presidente turco Recep Erdogan abbia espresso nel 2014 le sue condoglianze al popolo armeno, la Turchia non riconosce i crimini del 1915 come genocidio ed è attiva a livello internazionale nel promuovere la sua posizione e nel cercare di sminuire il numero delle vittime e il carattere sistematico delle uccisioni.

Al contempo, la diaspora armena presente in tutto il mondo (i cui membri sono spesso i discendenti dei sopravvissuti) si batte da anni per vedere qualificate le uccisioni come genocidio.

Il ricordo dei crimini subiti e il senso di ingiustizia per la mancata punizione dei colpevoli sono nel frattempo parte integrante dell’identità armena sia in Unione sovietica che tra i membri della diaspora del resto del mondo.

Anche quest’anno migliaia di persone hanno commemorato le vittime del 1915 presso la fiamma eterna del Tsitsernakaberd, il monumento in memoria del genocidio, posto in cima a una collina nel centro di Erevan.

La commemorazione popolare ha fatto seguito alla cerimonia ufficiale alla quale hanno preso parte il presidente Serzh Sargsyan e il Catholichos Karekin II, oltre che celebrità internazionali quali il cantante, di origine armena, Charles Aznavour e l’attore George Clooney.

A corollario della commemorazione hanno avuto luogo gli Aurora Prize, un evento benefico organizzato e finanziato da armeni della diaspora, volto “ad informare il grande pubblico  sulle stragi che avvengono nel mondo e a premiare chi si batte contro di esse”.  Ad essere premiata, per aver salvato la vita di 30mila bambini, è stata Marguerite Barankitse un’attivista umanitaria del Burundi che ha vinto il premio di 100mila dollari, oltre ad aver guadagnato la possibilità di scegliere a quale organizzazione umanitaria destinare una donazione di 1 millione di dollari.

Il 101esimo anniversario del genocidio ha mostrato, per l’ennesima volta, come gli avvenimenti storici di oltre un secolo fa avvelenano, tuttora, le relazioni tra nazioni confinanti, influenzando negativamente le vite degli abitanti di regioni vicine geograficamente, ma lontane politicamente.

Il monte Ararat, simbolo dell’identità armena e visibile chiaramente da Yerevan, anche se in territorio turco, metaforicamente, rappresenta l’influenza di questi tristi eventi storici nel presente.

Foto: Aleksej Tilman

Chi è Aleksej Tilman

È nato nel 1991 a Milano dove ha studiato relazioni internazionali all'Università statale. Ha vissuto due anni a Tbilisi, lavorando e specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell'area caucasica all'Università Ivane Javakhishvili. Parla inglese, russo e conosce basi di georgiano e francese.

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