MONTENEGRO: Il Senato americano approva, l’adesione alla NATO sempre più vicina

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Martedì 28 marzo il Senato degli Stati Uniti ha votato a favore dell’adesione del Montenegro alla NATO. Si è trattato di un passo decisivo, che ora spiana la strada ad un percorso di integrazione iniziato subito dopo l’indipendenza del 2006. A meno di clamorosi colpi di scena, il piccolo paese balcanico sarà presto il 29° membro dell’Alleanza atlantica e già a maggio potrebbe partecipare al summit della NATO come membro a pieno titolo. Per Podgorica si può parlare di uno storico traguardo, ma al contempo di un fattore di divisione interna, data l’esistenza nel paese di una vasta opposizione all’adesione. Per la NATO, è invece la ripresa dell’allargamento, ormai fermo dal 2009, quando erano entrati due vicini del Montenegro, Albania e Croazia. Una decisione che si innesca nel più vasto terreno di confronto con la Russia, in un’area particolarmente sensibile a Mosca.

Favorevoli e contrari

Il voto del Senato americano arriva dopo una lunga polemica. L’elezione alla presidenza di Donald Trump aveva sollevato dubbi sulla volontà della nuova amministrazione di procedere all’allargamento della NATO. Un dubbio che aveva trovato conferme nel blocco del voto ottenuto da due senatori repubblicani, Rand Paul e Mike Lee, che avevano espresso seri dubbi sulla necessità di questa adesione. Una posizione sostenuta da diversi esperti, che vedono nell’ingresso di un paese che conta 650mila abitanti, solo un ulteriore peso economico per Washington senza nessun reale valore aggiunto in termini militari.

I favorevoli all’adesione, invece, hanno sempre sottolineato la necessità di fermare le mire della Russia di Putin nell’area balcanica e sulla costa adriatica, ancor di più in un paese che ha profondi legami culturali ed economici con Mosca. Una posizione rafforzata dal recente caso del presunto colpo di stato sventato a Podgorica in occasione delle ultime elezioni, che avrebbe visto i servizi segreti russi complottare l’uccisione dell’ex premier Milo Đukanović con l’obiettivo di instaurare un governo amico. Che il confronto con la Russia fosse la vera posta in gioco è stato confermato dal senatore John McCain, che ha accusato i due senatori ostruzionisti di essere al soldo di Putin.

L’ok dell’amministrazione Trump

I dubbi sono stati spazzati via dal Segretario di Stato Rex Tillerson, che in una lettera ai senatori ha richiesto di procedere con la ratifica dell’adesione del Montenegro in tempi brevi, confermando come questa fosse fortemente negli interessi degli Stati Uniti. La mossa di Tillerson ha rotto l’impasse e il voto del Senato ne ha confermato l’indicazione. Tra tutti i paesi membri dell’Alleanza, solo gli Stati Uniti (insieme alla Spagna, sul cui voto favorevole non ci sono dubbi) non avevano ancora proceduto alla ratifica. Ora manca solo la firma del presidente Trump e il voto del parlamento montenegrino e l’adesione, già in questa primavera, sarà ufficiale.

Le divisioni nella società montenegrina

Proprio l’ultimo passaggio, il voto del parlamento di Podgorica, non sarà però indolore. Sulla questione, difatti, la società montenegrina è profondamente spaccata. Gli ultimi sondaggi danno un sostanziale pareggio tra i favorevoli e i contrari, a dimostrazione della sensibilità del tema. Sull’adesione alla NATO hanno puntato fortemente i partiti di maggioranza, in primis il Partito Democratico dei Socialisti di Đukanović, leader incontrastato del paese da più di due decenni (anche se oggi senza cariche ufficiali). Portavoce del no, a favore di una politica neutrale o più vicina alla Russia, sono invece i partiti di opposizione, soprattutto quelli rappresentativi della sostanziosa componente serba della popolazione, che non ha dimenticato  e non perdona i bombardamenti della NATO sulla Serbia e sul Montenegro nel 1999.

Ad oggi si può dire che l’ingresso del Montenegro nella NATO è ormai alle porte. Difficile immaginare le conseguenze immediate nei rapporti tra Washington e Mosca, più prevedibili sono invece le reazioni delle opposizioni in Montenegro, con manifestazioni e forse con la richiesta di un referendum. Proprio quest’ultimo rischia di alimentare ulteriormente la spaccatura nel paese, su quello che è un tema delicato per tutta la regione circostante.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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