GRECIA: Un referendum per la sinistra in cerca di unità. E contro l'austerity

Dopo anni di forzate larghe intese (che continuano a sopravvivere tra PASOK e Nuova Democrazia), in Grecia la sinistra torna a riflettere su più naturali alleanze. E lo fa in vista di un importante appuntamento a cui SYRIZA, il principale partito d’opposizione – guidato dal carismatico Tsipras – vorrebbe arrivare senza incontrare grossi ostacoli. L’appuntamento in questione è il referendum promosso dal partito che riguarderebbe il piano di privatizzazioni messo a punto dal governo di Samaras e, in particolar modo, la (s)vendita di parte della DEI, l’azienda ellenica dell’energia, per il 51% in mano allo Stato, di cui il 17% passerebbe a privati.

In Grecia, per indire un referendum, è necessaria l’approvazione in parlamento di almeno 120 deputati. Secondo i calcoli, oltre ai 71 appartenenti a SYRIZA, voterebbero a favore i 13 parlamentari di ANEL (il partito conservatore nato dalla scissione con Nuova Democrazia), i 13 di DIMAR (sinistra democratica) e altri 5 deputati indipendenti. Totale: 102, troppo pochi per raggiungere i 120 necessari. Ed è qui che entra in gioco il valzer delle alleanze: per assicurarsi il successo, SYRIZA sta intavolando dei colloqui con il KKE, il partito dei comunisti ellenici, il cui apporto, in termini prettamente numerici, sarebbe di 12 deputati. Non si arriverebbe, dunque, ancora al “numero magico” di 120, ma ci si avvicinerebbe molto, nella speranza che qualche deputato voti contrariamente agli ordini di partito.

Nonostante KKE e SYRIZA facciano parte dello stesso schieramento, la trattativa si preannuncia tutt’altro che facile; in questi anni, infatti, il primo, per bocca del suo leader, Dimitris Koutsoumpas, non ha risparmiato aspre critiche al partito di Tsipras, reo, secondo questo, di essersi spostato troppo verso il centro. Tuttavia, il patto avrebbe un’importanza notevole per due motivi principali: innanzitutto, permetterebbe l’indizione del referendum su una tematica assai sentita dai lavoratori.

Il governo guidato da Samaras, infatti, ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica un robusto piano di privatizzazioni, sostenuto anche dalla Troika (FMI, BCE, Commissione UE), attraverso il quale prevede di ricavare circa 50 miliardi di euro. Oltre alla vendita di 700 km di autostrada, dell’atollo di Elafonissis e di altri importanti beni statali, la parte più sostanziosa dell’introito previsto arriverebbe dalla vendita della DEI: con 950 milioni di euro di profitti nel solo 2010, infatti, sono in molti a volersene accaparrare almeno una parte.

I lavoratori, però, si oppongono, sostenendo sia che la previsione di guadagno sia stata largamente sovrastimata, sia che la vendita si ripercuoterebbe direttamente sui consumatori, con un vertiginoso aumento dei prezzi dell’energia. In aggiunta, c’è da dire anche che i lavoratori, dalla vendita, avrebbero solo da perdere; il loro stipendio annuale è, infatti, di circa 40.000 euro, una cifra importante se confrontata con il salario percepito da altre figure professionali (un insegnante, ad esempio, guadagna circa la metà). Inoltre, hanno alcuni privilegi – come, ad esempio, un sostanzioso sconto sulla bolletta energetica – che difficilmente continuerebbero a sopravvivere sotto una diversa gestione.

In secondo luogo, il patto tra KKE e SYRIZA rilancerebbe l’ipotesi di elezioni anticipate, già ventilate da Tsipras dopo la vittoria alle elezioni europee. La coalizione di sinistra, infatti, vanta un notevole peso politico, ma, agli appuntamenti elettorali, si presenta divisa. Se però SYRIZA, KKE, PASOK (che al momento sostiene il governo, ma al cui interno non mancano voci dissidenti) e DIMAR si presentassero uniti alle prossime elezioni, stando ai risultati elettorali delle ultime consultazioni europee, supererebbero il 40% dei consensi. Un’alleanza provvisoria tra KKE e SYRIZA a sostegno del referendum potrebbe, dunque, segnare un primo passo verso una coalizione di sinistra.

Il percorso però appare ancora lungo. La prossima occasione per mandare a casa il governo si presenterà fra qualche mese, quando sarà necessario eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Basteranno 121 voti per bloccarne l’elezione, solo uno in più di quelli utili a indire il referendum. I discorsi sono dunque strettamente correlati. Che i giochi abbiano inizio.

Chi è Flavio Boffi

27 anni, dottorando in Studi Politici a La Sapienza, laureato in Relazioni Internazionali all'Università degli Studi Roma Tre. Collaboro con East Journal da giugno 2014, dopo aver già scritto per The Post Internazionale e Limes.

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Un commento

  1. Il Pasok non è un partito di sinistra ed è uno dei primi responsabili della catastrofe greca. Un’alleanza con il Pasok è fantapolitica.

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