RUSSIA: La comunità LGBT in Cecenia è di nuovo sotto attacco

Una nuova ondata di persecuzioni nei confronti della comunità LGBT sembra avere colpito la Cecenia, già teatro nel 2017 di numerosi casi di detenzioni, torture e uccisioni ai danni di sospetti omosessuali.

Secondo un comunicato diffuso recentemente dall’ONG Russian LGBT Network, che da anni difende i diritti di chi è vittima di discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere, dalla fine di dicembre il paese caucasico sarebbe tornato a mettere in atto detenzioni illegali basate sul presunto orientamento sessuale delle vittime, sia uomini che donne.

Secondo le fonti dell’ONG russa, venuta a conoscenza dei fatti all’inizio di gennaio, al momento sarebbero circa 40 le persone detenute, mentre almeno altre due sarebbero state uccise in seguito a torture. Le cifre potrebbero essere tuttavia più alte, sebbene al momento sia impossibile stabilire numeri esatti.

Tutto sembrava partito lo scorso 29 dicembre, in seguito all’arresto da parte delle autorità cecene dell’amministratore di un ampio gruppo VKontakte (social network molto popolare in Russia) dedicato alla comunità LGBT del Caucaso settentrionale. Attraverso il telefono confiscato al detenuto, la polizia avrebbe poi avuto accesso a un largo database di contatti, potendo quindi attuare una serie di arresti mirati.

Tuttavia, parlando con alcuni dei sopravvissuti, gli attivisti di Russian LGBT Network hanno concluso che le prime persecuzioni sarebbero state avviate già dall’inizio di dicembre.

Come afferma Igor Kochetkov, direttore esecutivo dell’ONG russa, i detenuti sarebbero stati internati in centri di prigionia allestiti ad hoc (si è parlato di alcuni uffici di polizia a Grozny ed Argun), controllati a vista dalle forze di polizia affinché non possano fuggire e magari sporgere denuncia dopo avere lasciato il paese.

I reclusi sarebbero stati inoltre privati dei documenti, oltre ad essere minacciati di falsificazione di procedimenti penali a loro carico e a carico dei loro parenti. Alcuni di essi sarebbero stati obbligati a firmare moduli di carta intestata vuoti.

Il precedente

Sono passati poco meno di due anni dalla denuncia del periodico russo Novaya Gazeta, che in un servizio pubblicato nell’aprile 2017 riportò diversi casi di torture e uccisioni ai danni di membri della comunità LGBT in Cecenia, portando per la prima volta il problema agli occhi dei media internazionali.

Le autorità della repubblica caucasica vennero accusate di avere messo in atto un’ampia operazione la quale avrebbe previsto addirittura l’allestimento di veri e propri campi di prigionia, all’interno dei quali a partire dal dicembre 2016 sarebbero state incarcerate circa duecento persone, di cui almeno tre sarebbero morte a causa delle torture subite.

In seguito alle forti pressioni internazionali, nell’estate del 2017 le autorità cecene decisero di fermare le detenzioni di massa, sebbene da allora l’associazione Russian LGBT Network abbia continuato a ricevere denunce riguardanti presunti casi di detenzioni illegali e ricatti.

Negli ultimi due anni l’ONG russa ha lavorato senza interruzione per assistere e sostenere le vittime delle persecuzioni in Cecenia. A partire dal 2017 è riuscita a evacuare circa 150 persone dalla repubblica caucasica, mentre altre 130 sono state aiutate a trovare riparo fuori dalla Russia.

La denuncia degli attivisti

In seguito alle recenti accuse lanciate dai membri di Russian LGBT Network, le autorità cecene hanno categoricamente smentito di avere messo in atto forme di persecuzione nei confronti della comunità LGBT del paese. Il portavoce presidenziale, Ali Karimov, ha definitofalse e disinformanti” le notizie sulla detenzione illegale di cittadini ceceni, sostenendo che nella repubblica caucasica non vi sarebbero luoghi di detenzione diversi da quelli che fanno regolarmente parte del sistema penitenziario federale.

Secondo Kochetkov però, la nuova ondata di persecuzioni sarebbe nata proprio dal desiderio del presidente Ramzan Kadyrov di ripulire il paese da coloro che la società cecena ritiene “elementi dannosi” (l’omosessualità in Cecenia viene infatti percepita come una vera e propria piaga sociale, e pertanto è combattuta a ogni livello, da quello statale a quello familiare). A facilitare i piani di Kadyrov, continua Kochetkov, vi sarebbe poi la piena impunità di cui godrebbero le forze dell’ordine cecene all’interno della repubblica caucasica.

L’attivista punta il dito anche contro le autorità federali, colpevoli a suo avviso di non aver mai voluto far luce sul problema, concedendo di conseguenza a Kadyrov libertà d’azione. Per Kochetkov, il Cremlino non sembra essere interessato a fermare le persecuzioni, né a riconoscere le detenzioni illegali e i casi di torture e uccisioni subiti dalla comunità LGBT in Cecenia dal 2017 ad oggi.

A difesa dei cittadini ceceni si è schierato anche il partito Yabloko, che attraverso un comunicato ha condannato duramente le discriminazioni e le persecuzioni messe in atto nella repubblica caucasica, chiedendo al presidente russo Putin di adempire ai suoi obblighi di proteggere e garantire i diritti costituzionali di ogni cittadino russo, prendendo dunque posizione contro l’operato di Kadyrov e punendo chiunque abbia partecipato ad attività illegali.

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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